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Parte il risiko bancario con Unicredit-Bpm, Giorgetti fatti più in là
Unicredit ha annunciato ieri un’offerta pubblica di scambio su Banco Bpm, non concordata con il governo, per 10 miliardi di euro. L’obiettivo è di far nascere il terzo gruppo bancario europeo e il primo in Italia. L’offerta giunge mentre è in stallo l’altra operazione lanciata a settembre da Andrea Orcel sumero uno di Unicredit sulla tedesca Commerzbank. Nel governo muro della Lega con il ministro dell’Economia che evoca il Golden Power. Oggi cda del Banco per il primo esame dell’offerta
E’ ripartito il risiko bancario. A muovere le acque è ancora una volta il numero uno di Unicredit, Andrea Orcel che ha fatto svegliare ieri i mercati con un’offerta pubblica di scambio per acquistare il BancoBpm con l’obiettivo di creare il terzo polo bancario d’Europa. Tutto bene? Non esattamente perché quella stessa politica che aveva elogiato l’operazione sulla tedesca Commerzbank, adesso fa le barricate, a partire dalla Lega e dal suo ministro di riferimento, Giancarlo Giorgetti. “Muro del governo” titola il Corriere della Sera, “Governo sulle barricate” rilancia la Stampa “Unicredit vuole Bpm, gelo della Lega” annota il Quotidiano Nazionale mentre il Sole24Ore fa parlare proprio il ministro dell’Economia e titola: “Operazione non concordata”.
DALLA FUSIONE NASCEREBBE LA PRIMA BANCA D’ITALIA
Ma andiamo con ordine. A sorpresa ieri mattina, prima dell’apertura della Borsa, Unicredit ha lanciato un’offerta di scambio di azioni (Ops) con l’obiettivo di prendere il controllo di Banco Bpm, che attualmente è la quarta banca italiana per capitalizzazione dopo Intesa Sanpaolo, la stessa UniCredit e Mediobanca. Se l’operazione si completerà, UniCredit e Banco Bpm si fonderebbero e il gruppo diventerebbe la più grande banca d’Italia e la terza maggiore d’Europa. I tempi dell’operazione, nei piani di UniCredit, sarebbero rapidi: entro 20 giorni il documento di questa Ops sarà presentato alla Consob mentre i documenti per ottenere le necessarie autorizzazioni saranno inviati alle autorità di vigilanza. Il 10 aprile i soci UniCredit saranno chiamati a votare l’aumento di capitale, quindi inizierà il periodo di adesione in cui gli azionisti di Banco Bpm decideranno se accettare o meno la proposta. Se tutto andrà come spera Orcel, entro il 2025 UniCredit potrà chiudere l’operazione per poi arrivare a una piena integrazione di Banco Bpm nel giro di un anno.
LEGA SULLE BARRICATE, UNICREDIT NON E’ ITALIANA
Questi i fatti. Ora al di là del prezzo offerto “è troppo basso, quasi offensivo” riporta il Sole24Ore dando sponda ai commenti in area Bpm, il governo si è subito messo di traverso. Non tutto. Palazzo Chigi preferisce tacere, come Forza Italia. La Lega, invece, è scatenata. Matteo Salvini non se ne fa una ragione e come riporta il Messaggero: ” A me le concentrazioni e i monopoli non piacciono mai, ero rimasto al fatto che Unicredit volesse crescere in Germania. Non so perché abbia cambiato idea. Unicredit ormai di italiano ha poco e niente: è una banca straniera, a me sta a cuore che realtà come Bpm e Mps che stanno collaborando, soggetti italiani che potrebbero creare il terzo polo italiano, non vengano messe in difficoltà”. Il vicepremier chiarisce ancora di più la sua preoccupazione: « Non vorrei che qualcuno volesse fermare l’accordo Bpm-Mps per fare un favore ad altri». Ci si chiede se la posizione di Salvini sia anche quella di Giorgia Meloni. E Giorgetti, compagno di partito di Salvini, rincara la dose: “operazione non concordata con il governo” e come riporta il Giornale aggiunge: “Esiste la golden power, il governo farà le sue valutazioni e valuterà quando UniCredit presenterà la sua proposta per le autorizzazioni del caso”. Giorgetti si è poi lanciato in una delle sue proverbiali frasi a vari significati: “Come dice von Clausewitz il modo più sicuro per perdere la guerra è impegnarsi su due fronti». Sembra un messaggio a Unicredit impegnata sia in Germania che, ora, in acquisizioni italiane.
INFRANTO IL SOGNO DEL GOVERNO DI UN TERZO POLO BANCARIO
La verità forse la rivela Alessandro Graziani sul Sole24Ore nella sua analisi spiega perché il governo si sia messo di traverso. “Non sfugge che l’ira di una parte del governo sia determinata dal collasso del progetto “dirigista” di creare un terzo polo bancario che, a tendere, avrebbe dovuto accorpare Banco Bpm e Mps. Ma in un sistema di libero mercato, è anche legittimo che un gruppo privato come UniCredit tenti di crescere in Italia per competere alla pari con il leader Intesa Sanpaolo. E che cerchi di farlo prima che un’operazione originata più nei palazzi romani che con logiche di mercato, elimini ogni possibilità di futura crescita dimensionale di UniCredit. Ora però, più della politica, sul buon esito dell’operazione conteranno le scelte degli investitori e degli azionisti di Banco Bpm che dovranno decidere se accettare o rifiutare l’offerta di UniCredit”.
A DECIDERE SARA’ IL MERCATO, NON LA POLITICA
Cosa succederà adesso? Federico Monga sulla Stampa spiega: “Bpm ora ha tutti i mezzi per difendersi attraverso gli strumenti di mercato di cui dispone. Ad esempio, chiedendo un aumento del prezzo delle azioni, obiettivamente basso, come sempre accade quando si inizia un’operazione finanziaria di questa portata. Oppure il management potrà rilanciare in assemblea cercando di convincere gli azionisti sulla maggior convenienza di un’altra alleanza strategica”. Per questo la politica dovrebbe starne alla larga. “Se l’operazione andrà in porto lo decideranno solo il mercato e suoi azionisti, tra i quali in questo caso e per il momento, non compare lo Stato” chiosa Monga. E Daniele Manca, vice direttore del Corriere della Sera ammette: “Da sempre Bpm è il sogno proibito di Unicredit che in Lombardia soffre una poca presenza proprio sul versante dei prestiti a famiglie e imprese. E ci si deve chiedere se l’operazione è funzionale ad essi. Siamo pur sempre in un’Italia dove le banche hanno annunciato, grazie a tassi di interesse molto elevati, utili miliardari. Ma i prestiti sono diminuiti”.