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Pd, ecco tempi e modi della scissione di Renzi

Renzi

Cosa vuol fare Renzi con il suo movimento. I dubbi nel Partito democratico e gli appelli ad evitare lo strappo

Mentre il governo Conte 2 muove i primi passi, tira aria di crisi all’interno di uno dei due alleati. Sarebbe ormai cosa fatta la scissione nel Partito Democratico con Matteo Renzi che avrebbe deciso di dar vita a un movimento di moderati capace di attrarre a sé anche parlamentari (ed elettori) di centrodestra.

Addirittura, secondo indiscrezioni di stampa, già nei prossimi giorni potrebbero nascere gruppi parlamentari autonomi alla Camera e un sottogruppo del Misto al Senato. Poi, alla Leopolda 10 – in programma a Firenze dal 18 al 20 ottobre – la consacrazione ufficiale.

COS’HA IN MENTE RENZI

Secondo un retroscena di Repubblica, l’idea di Renzi è appunto quella di creare un movimento — non un partito — di moderati che strizzi l’occhio a forzisti e anche a centristi di centrodestra e che sia una “terza colonna del Conte bis, in grado di conquistarsi spazi tra i moderati mentre il Pd consolida la sua vocazione di sinistra”.

Una scelta che verrebbe sconsigliata da Pier Ferdinando Casini, secondo cui questo terzo elemento sarebbe “un potenziale fattore di destabilizzazione” e “per un’esperienza che è appena partita non è il massimo”. Del resto l’ex rottamatore — che pure per il quotidiano diretto da Carlo Verdelli ha svolto un ruolo importante nel portare a Palazzo Chigi l’alleanza giallo-rossa — “vede i limiti di una simbiosi tra Pd e 5 Stelle, lo spostamento troppo a sinistra dell’asse. E punta a riequilibrarlo”.

Anche Lorenzo Guerini, neo ministro della Difesa, starebbe lavorando per scongiurare lo strappo — che però vede ormai come cosa fatta — e avrebbe detto a Renzi di non condividerlo.

C’è chi punta allora a proporre Maria Elena Boschi quale presidente del Pd, nel tentativo di fermare la scissione che però a qualcuno non suona così strana come Vasco Errani che avrebbe spiegato “ai suoi amici senatori”: “Noi di Leu rientriamo nel Pd e Renzi si fa una casa sua. Qual è il problema?”.

GLI APPELLI DAL PD

Intanto si moltiplicano gli inviti a non lasciare il partito. Ieri è stata la volta del ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, che ha chiuso la riunione dell’area Dem a Cortona. “Il Pd è la casa di tutti, è casa tua, è casa nostra” è stato l’accorato messaggio a Renzi di Franceschini, uno dei principali artefici dell’avvicinamento e poi dell’alleanza di governo con il Movimento Cinque Stelle. E ancora: “Il popolo della Leopolda è parte del popolo del Pd, non separiamolo, non indeboliamoci spaccando il partito”.

C’è da dire che l’ex esponente della Margherita — come Renzi — non usa mezzi termini: “Questa storia è ridicola, quando rompi un partito è sempre traumatico, come si fa a pensare che sia una separazione consensuale?”. Inoltre, secondo il capo delegazione dell’area Dem, il rischio è che si frammenti pure il fronte anti-Salvini e che torni in auge quella destra dei pieni poteri, delle parole di violenza, omofobia, razzismo” che “solo un mese fa, quando sembrava si dovesse tornare al voto, era destinata a conquistare la maggioranza dei seggi e a insediarsi a Palazzo Chigi”.

In serata è stata poi la volta del segretario del Pd, Nicola Zingaretti, secondo cui la scissione sarebbe “un errore gravissimo che il Paese non capirebbe”. E invece “un Pd unito serve alla democrazia italiana e alla stabilità del governo”. Per Zingaretti — che ha “benedetto” la coalizione ideata tra Pd e M5S da Luigi Di Maio, pur inserita in una lista civica, per le regionali in Umbria del 27 ottobre — la crisi del Nazareno rappresenta anzi un’opportunità di crescita e ne può scaturire “un partito totalmente nuovo, che si rifonda”.

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