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Perché Fedriga ha torto (marcio) sullo striscione di Giulio Regeni

Il governatore del Friuli fa rimuovere dal palazzo della Regione, a Trieste, lo striscione per Giulio Regeni? Era proprio necessario?

Ancora polemiche per la decisione del governatore del Friuli Venezia Giulia, il leghista Massimiliano Fedriga, di far rimuovere dal palazzo della Regione, a Trieste, lo striscione dedicato a Giulio Regeni. Motivo? Pubblicizzare gli Europei under 21 di calcio, di cui alcune partite si giocano a Trieste e a Udine.

LO STRISCIONE PER GIULIO REGENI  A TRIESTE

Il messaggio per chiedere verità sull’assassinio del giovane ricercatore italiano, avvenuto tra gennaio e febbraio 2016, era stato fatto mettere quando era presidente Debora Serracchiani (Pd) ed era stato lasciato per circa un anno da Fedriga. Il governatore ha deciso di affidare a una lunga nota il suo pensiero così da motivare la decisione presa: “Anticipando le polemiche che continueranno a susseguirsi ad ogni batter di ciglio comunico che lo striscione non verrà più esposto né a Trieste né in altre sedi di Regione” ha detto aggiungendo che “malgrado non condivida la politica degli striscioni e dei braccialetti, non l’ho fatto rimuovere per più di un anno per non portare nell’agone politico la morte di un ragazzo. Perfino la Uefa mi ha dovuto scrivere impaurita da sterili tormentoni che non fanno altro che strumentalizzare il dramma avvenuto. Evidentemente – ha concluso – la mia attenzione per non urtare le sensibilità non ha pagato, e ci si sente pertanto legittimati a imporre con atteggiamenti prevaricatori cosa deve o non deve fare la Regione”.

LA POSIZIONE DEL GOVERNATORE FRIULANO

Stante la legittima posizione espressa dal governatore friulano – su cui comunque si potrebbe discutere vista l’importanza del messaggio – non si poteva trovare un altro modo per ricordare la memoria di un giovane italiano barbaramente assassinato e sulla cui penosa vicenda ancora non è stata fatta luce? Seppure non si è voluto rimuovere temporaneamente lo striscione o collocarlo in un altro punto del palazzo, vista la contrarietà di Fedriga, non si poteva almeno accompagnarne la rimozione con qualche iniziativa cittadina o regionale? Mi domando: agendo in questo modo non è forse stato fatto un passo falso verso quella unità nazionale di cui tanto si parla, spesso vanamente? Se un Paese non è unito nel rammentare al mondo che ancora non è emersa la verità sulle brutalità subite da un connazionale, peraltro all’estero, su cosa deve mostrarsi unito? Quando gioca la Nazionale di calcio, come affermava qualche anno fa lo spot di una bevanda prodotta da un’antica e famosa azienda nostrana?

POLEMICHE STERILI

E su questi eventi non occorre neppure buttarla in politica, non c’entrano Destra e Sinistra, troppo spesso causa di divisioni inutili oltre che fuorvianti e talvolta laceranti: Giulio Regeni era un giovane italiano che è andato in Egitto per lavoro. Stop.

Senza voler citare i tanti esempi storici e letterari sull’importanza della coesione di un popolo, però inevitabilmente la memoria va alla frase che ancora oggi – ahimè – simboleggia l’unità d’Italia, “Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”. Se la paternità del motto non è certa, la sostanza è chiara e, a quanto pare, incontrovertibile.

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