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Perché i ricercatori del Cnr sono scesi in piazza?

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I ricercatori precari del Cnr rischiano di non vedere arrivare l’attesa contrattualizzazione: dimezzate le somme allocate, al loro posto arriveranno colleghi più giovani

Va sfumando la possibilità di stabilizzare 400 ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr). Per questo precari con otto, dieci o anche più anni di lavoro e ricerche nel Cnr sono giunti a Roma da tutta Italia, in gran parte dalla Campania, dove era atteso il maggior numero di assunzioni, per far sentire la propria voce alla ministra dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa, e anche a un’altra ex ministra, la presidente del Cnr Maria Chiara Carrozza.

È il popolo degli scienziati illusi dalla Legge di Bilancio, che prevedeva e prometteva l’assunzione a tempo indeterminato, con lo stanziamento ad hoc di 25 milioni (comma 541 L. 178/2020), ridotti adesso della metà tra i mille rivoli dei vari enti di ricerca. Per molti di loro, avendo raggiunto il limite massimo di rinnovi, un orizzonte fosco, ma pure a brevissimo termine: il prossimo 31 dicembre scatterà la tagliola imposta dalla Legge Madia per ottenere un contratto a tempo indeterminato a seguito di un concorso regolarmente superato.

A tutto ciò si aggiunge un’altra beffa: metà dei soldi allocati per l’assunzione dei precari andrà al reperimento di altra forza lavoro. Infatti, 12 milioni e 545mila sono destinati alle stabilizzazioni, il resto andrà per le nuove assunzioni. Insomma, chi era già con un piede mezzo dentro, si vedrà tagliato fuori e superato da ricercatori più giovani. Secondo il decreto di riparto dei fondi firmato dalla ministra Messa, su 9 milioni per il Cnr, solo 3 andranno a stabilizzare il personale precario: circa 50 persone, denunciano i ricercatori che vogliono l’ingresso per tutti i 400 in attesa.

La mobilitazione coinvolge anche le maggiori sigle sindacali, con la Flc Cgil, la Fir Cisl, la Uil Rua, che hanno scritto al ministro Messa: “ Il decreto da lei firmato è irricevibile. State negando un diritto acquisito a una generazione su cui l’Italia ha investito denaro pubblico. State continuando a perpetrare una ingiustizia per cui già la Corte Europea ha condannato l’Italia”.

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