Cambia la gestione del dossier sul Ponte: il governo lo affida al sottosegretario Alfredo Mantovano, commissariando di fatto il Mit
Il dossier normativo sul ponte sullo Stretto di Messina passa nelle mani del sottosegretario Alfredo Mantovano e del dipartimento Affari giuridici di Palazzo Chigi. Il governo ha intenzione di riscrivere la delibera Cipess, accogliendo alcuni rilievi dei magistrati della Corte dei Conti per evitare di ricominciare tutto daccapo rifacendo la gara. Un lavoro che richiederà mesi, con conseguente allungamento dei tempi.
LA NUOVA STRADA DEL GOVERNO
Ora che la palla è passata al sottosegretario di Giorgia Meloni, Alfredo Mantovano, e al dipartimento Affari giuridici di Palazzo Chigi, si profilano nuove strade da percorrere. Il primo effetto sarà quello di accelerare il dialogo con la Commissione Ue: una riunione di tecnici è prevista il 10 dicembre a Bruxelles. Mantovano vuole evitare altri intoppi e bocciature.
L’esordio dei nuovi lavori è avvenuto nella riunione di lunedì a Palazzo Chigi: erano presenti, oltre a Mantovano, i tecnici dei ministeri dei Trasporti e Affari Ue, Pietro Ciucci, ad della Stretto di Messina Spa (la società pubblica che deve realizzare l’opera) e i vertici del dipartimento per la Programmazione economica che controlla il Cipess, il comitato per i grandi investimenti pubblici – su cui ha la delega il fedelissimo di Salvini, Alessandro Morelli – che in agosto aveva approvato il progetto definitivo del Ponte sullo Stretto. La soluzione emersa dal tavolo è quella di non chiedere la registrazione “con riserva” da parte della Corte dei Conti della delibera bocciata, ma di ripresentarne un’altra, accogliendo alcuni rilievi dei magistrati.
LE VIOLAZIONI DELLA DELIBERA
Come detto, a fine ottobre la Corte dei Conti ha bocciato la delibera Cipess. Tra le motivazioni, la carenza di documentazione a sostegno della dichiarazione di pubblica utilità dell’opera (inserita anche come strategica nell’ottica della difesa Nato), il rispetto delle direttive europee su ambiente e appalti e i mancati pareri del Consiglio superiore dei lavori pubblici e dell’Autorità dei trasporti.
Inizialmente Meloni e Salvini hanno minacciato di chiedere la registrazione “con riserva” dell’atto, salvo poi fare dietrofront per i rischi di possibili contestazioni erariali. Ora verrà rifatta la procedura, adeguandosi il più possibile ai rilievi dei pm contabili.
Una delle più gravi violazioni rappresenta quella della direttiva Ue “Habitat ”sulle aree protette e quella sugli appalti, che impone di rifare la gara se l’appalto viene modificato in maniera sostanziale o i costi salgono più del 50%. Salvini ha fatto rinascere la gara del 2003 affidata al consorzio Eurolink, guidato da Webuild, ma i suoi tecnici non sono riusciti a dimostrare di non aver superato la soglia del 50% (per evitare l’apertura di una procedura di infrazione dell’Europa per lesione della concorrenza occorre rispettare il tetto del 50% dell’aumento complessivo dei costi rispetto al 2003). E anche sulle norme ambientali gli errori sono innumerevoli.
IL PASSAGGIO A BRUXELLES
Il nodo è convincere l’Ue che le direttive sono state rispettate e per questo si terrà una prima riunione a Bruxelles dove parteciperanno i vertici del Mit e del ministero dell’Ambiente oltre che del ministero degli Affari Ue. Verrà coinvolta l’Autorità dei Trasporti per l’analisi del Piano economico tariffario, che Salvini aveva escluso, affidando le stime di traffico a una piccola società emiliana. Ma i tempi si allungano, malgrado Mantovano voglia chiudere in pochi mesi intessendo un dialogo più proficuo con la Corte dei Conti. Si studia anche un passaggio al Consiglio superiore dei lavori pubblici.

