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Perché Meloni, Salvini e Tajani attaccano Paolo Gentiloni

Gentiloni

Il peccato di Gentiloni? Non avere un occhio di riguardo verso l’Italia, dimenticarsi di essere il commissario italiano. Su Pnrr e Mes ma non solo

Prima era stata la premier Giorgia Meloni, direttamente in Aula a giugno nel corso delle comunicazioni in Parlamento, ad attaccare frontalmente il commissario Ue, Paolo Gentiloni, reo di fare – insieme ai suoi uffici –  un po’ troppo le pulci sul Pnrr rivisto e rielaborato dal nuovo governo di destra-centro. Negli ultimi giorni era tornato sul tema il vicepremier Salvini e poi, a rincarare la dose, è arrivato anche l’altro vicepremier Tajani. A chiudere il cerchio, ieri in serata, di nuovo una Giorgia Meloni irritata nei confronti del commissario europeo. 

Se non è “assedio” questo, come titola La Stampa, poco ci manca. Il peccato di Gentiloni? Non avere un occhio di riguardo verso l’Italia, dimenticarsi di essere il commissario italiano, con riferimento non solo al Pnrr o al Mes, ma anche (e qui provano a mettere le mani avanti) sulla manovra economica (con il documento programmatico di bilancio che deve essere trasmesso alla Commissione Ue entro il 15 ottobre) e sul dibattito in corso sulla riforma del Patto di stabilità.

L’accusa di Meloni: Gentiloni non fa gli interessi dell’Italia

Nel pezzo a doppia firma Bresolin-Lombardo emerge l’amarezza e la perplessità del commissario europeo di fronte a questi attacchi. Per Ciriaco su Repubblica “l’anatema sarebbe stato pronunciato per almeno due ragioni. La prima: Meloni ha compreso fino in fondo l’impraticabilità del progetto di spostare gli equilibri continentali grazie a un’intesa tra popolari e conservatori, dunque reagisce preparando una campagna elettorale spostata più a destra. La seconda – riferisce Ciriaco – per un recente colloquio finito malissimo, in cui Giorgia Meloni ha accusato Gentiloni di non collaborare in nome dell’interesse nazionale sui dossier chiave per il Paese”.

In merito è da leggere cosa scrive Sebastiano Messina nella sua rubrica ‘Cucù’ sempre su Repubblica: “Se Ursula von der Leyen desse la precedenza alla Germania, se Josep Borrell favorisse la Spagna o se Thierry Breton sponsorizzasse la Francia sarebbero – giustamente – messi in croce. Eppure Matteo Salvini accusa Paolo di Gentiloni di non fare i nostri interessi e gli rimprovera di non indossare la maglia azzurra della nazionale. Senza rendersi conto di fargli così il più lusinghiero dei complimenti: quello di parteggiare, da commissario europeo, solo per l’Europa”.

Cosa pensano a Bruxelles della polemica 

Proprio con riferimento agli ambienti europei David Carretta sul Foglio riporta le impressioni che arrivano da Bruxelles, dove derubricano le parole di Salvini e Tajani come un tentativo di “caratterizzarsi in vista delle elezioni europee”, definendo “risibili” le accuse rivolte a Paolo Gentiloni, il quale – è quanto filtra “off the record” dai funzionari europei – ‘ha lavorato costantemente a favore dell’Italia’, riporta Carretta.

Le mire di Tajani e la timidezza del Pd su Gentiloni

Tra gli aspetti che ha destato maggiore attenzione dei retroscenisti sono state la frecciata, inaspettata, del moderato Tajani e la timida difesa d’ufficio del Pd. A dimostrazione che la questione è molto politica. Come scrive Caruso sul Foglio, secondo Forza Italia ci sarebbe un preciso disegno cucito su misura sul commissario italiano: “Gentiloni – è l’indiscrezione che viene virgolettata – vuole sfidare Tajani nella corsa a presidente del Consiglio europeo”. Da qui si giustificherebbe la sortita del felpato segretario di FI. Aggiungono da Fdi (sempre sul Foglio): “La vera sciagura è che resterà fino al 2025 commissario in carica. E’ pure in corsa per incarichi ancora più prestigiosi”, tipo “FMI e non va esclusa la Banca mondiale. 

Dopo la nomina della Lagarde si è dimostrato che i politici possono ricoprire questi incarichi in passato occupati dai tecnici”. Dal Pd, invece, Schlein ha preferito dare la procura del caso Gentiloni al capogruppo al Senato, Boccia, ‘perché la verità è che difendere Gentiloni non è armocromatico – continua Caruso – neppure per chi era il “secondo dei gentiloniani”.

– Leggi anche: Il ‘new look’ dell’Italia di Meloni rafforza anche l’Ue

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