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Pil Pnrr

Quanto sarebbe la (non) crescita dell’economia italiana senza il Pnrr?

Pil italiano dimezzato nonostante il Pnrr, i nuovi dati Istat iniziano ad alimentare preoccupazioni e interrogativi nel mondo produttivo ed economico

L’Italia a crescita zero a fine 2024, così titola oggi il Sole24Ore, il giornale di Confindustria. L’economia italiana ha subito un brusco rallentamento nel secondo semestre dello scorso anno, chiudendo l’anno con una crescita del +0,5%, dimezzata rispetto alle previsioni iniziali e nonostante l’iniezione senza precedenti di fondi europei tramite il Pnrr. I dati diffusi dall’Istat mostrano che il Pil del quarto trimestre è rimasto invariato, dopo una crescita zero già registrata nei tre mesi precedenti.

L’EUROPA CAPOVOLTA E IL DIVARIO SEMPRE PIU’ MARCATO TRA SUD E NORD

Così l’Italia, che fino a pochi mesi fa sembrava potersi candidare a nuovo motore economico europeo, si trova ora in difficoltà insieme alla Francia. La situazione appare ancora più critica se confrontata con la crescita della Spagna (+3,2%) e del Portogallo (+1,9%), economie più orientate ai servizi e meno dipendenti dal settore manifatturiero. Questo evidenzia inoltre un divario sempre più marcato tra i Paesi dell’Europa settentrionale e quelli del Sud, che stanno invece beneficiando di una ripresa più sostenuta.

DISOCCUPAZIONE IN AUMENTO, MENTRE LA DISCESA DEL DEBITO ANDRA’ RICALIBRATA

Uno degli effetti della stagnazione è l’aumento del tasso di disoccupazione, che in Italia è salito al 6,2%, con un incremento di tre decimali. Un fenomeno comune anche alla Germania, che ha chiuso il secondo anno consecutivo in recessione con un calo del -0,2% nel trimestre ottobre-dicembre. Questo rafforza il legame tra le due economie, entrambe fortemente dipendenti dalla manifattura e influenzate da dinamiche globali incerte.

Un altro effetto è che probabilmente andranno riviste e forse corrette alcune dinamiche di finanza pubblica. Come evidenziato, ad esempio, da Dino Pesole nella sua analisi sul Sole24Ore: la “tabella di marcia” sulla discesa del debito italiano “andrà ricalibrata per effetto della drastica frenata del Pil”.

E’ IL SUD A TRAINARE L’ECONOMIA

La matematica, a maggior ragione in economia, non è sempre una scienza esatta. Dipende dalle prospettive. Per questo forse ha ragione Marco Fortis sul Mattino: “Di questi tempi aver mantenuto nell’ultimo scampolo del 2024 i livelli precedenti del Pil per l’Italia è comunque oro che cola, considerando la profonda crisi euro-tedesca in corso”. Del resto, proprio il quotidiano del gruppo Caltagirone mette in evidenza la crescita del Mezzogiorno. “G7, Sud primo per crescita è il titolo di apertura”, con riferimento alla notizia che nel biennio 2022-2023 il Pil delle regioni meridionali è progredito del 7,4%, “meglio di tutti”.

“QUANTO SAREMMO SOTTOZERO SENZA IL PNRR?”

I numeri comunque rivelano che la spinta alla crescita, con gli investimenti delle imprese negativi nonostante la spinta del Pnrr, resta in mano alla spesa pubblica e all’export, su cui grava l’incognita dei dazi di Trump. Per questo diventano sempre più determinanti le aperture personali del tycoon alla premier italiana.

Alla luce di tutto ciò è quanto mai attuale l’interrogativo che si pone Ferruccio De Bortoli nella sua rubrica ‘Frammenti’ sul Corriere della sera: “E poi dirci con onestà quanto saremmo sotto zero se non avessimo il sostegno del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Secondo i calcoli più accreditati, un terzo dell’effetto si è già prodotto. Speriamo ardentemente nei prossimi due terzi”.

Domande e preoccupazioni che iniziano a fare capolino nel mondo economico e produttivo. Basti pensare anche all’allarme lanciato qualche giorno fa dai costruttori, dall’Ance, sui rischi per il settore edilizio quando verranno meno gli effetti del Pnrr.

Leggi anche: Quale futuro per l’edilizia dopo il Pnrr? L’allarme dell’Ance

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