Olio, vino e formaggi: è l’agroalimentare made in Italy a essere maggiormente minacciato dai dazi, dalla guerra commerciale avviata dal presidente Usa. Lo studio di Nomisma per Cia-Agricoltori Italiani
Trema il Made in Italy. E soprattutto a temere i duri contraccolpi della guerra commerciale in atto, avviata e alimentata dalle politiche dell’amministrazione Trump, è l’agroalimentare italiano.
IL MADE IN ITALY E LA MINACCIA DEI DAZI USA
L’annuncio del presidente Usa sull’introduzione di nuovi dazi rischia infatti di colpire duramente l’economia italiana. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha espresso preoccupazione per le possibili ripercussioni sulle imprese del nostro Paese. Uno scenario nefasto che, ovviamente , andrebbe a impattare anche sull’Europa e, di riflesso, su tutta l’economia globale.
L’Italia, insieme all’Unione europea, sta studiando le possibili contromisure per contrastare gli effetti dei dazi, ma la situazione rimane incerta. Secondo il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, la risposta non può essere solo difensiva: è necessaria una nuova politica industriale per rafforzare la competitività delle aziende italiane.
I PRODOTTI PIU’ A RISCHIO DELL’AGROALIMENTARE: OLIO, VINO E FORMAGGI
A fare i conti e a delineare una prospettiva, purtroppo non tanto rosea ad oggi, è uno studio di Nomisma per Cia-Agricoltori Italiani, dal quale emergono i prodotti simbolo del Made in Italy dell’agroalimentare maggiormente esposti alle minacce trumpiane. I più vulnerabili sono: il pecorino romano, molto diffuso negli Stati Uniti e facilmente sostituibile con prodotti alternativi, potrebbe vedere un calo della domanda in caso di un forte aumento dei prezzi. Il prosecco, re indiscusso delle bollicine italiane, rischia di subire un contraccolpo significativo. Attualmente, quasi il 98% delle bottiglie italiane viene esportato negli Usa, e un dazio del 25% potrebbe causare perdite per circa 470 milioni di euro. Anche l’olio d’oliva e aceto balsamico, prodotti di punta dell’export italiano, potrebbero essere penalizzati, favorendo competitor di altri Paesi.
Inoltre secondo le stime dell’Unione Italiana Vini, nel solo ultimo bimestre del 2024 l’export vinicolo italiano negli Usa è aumentato del 20%, segno di una domanda ancora forte. L’introduzione di dazi potrebbe mettere a rischio questo trend positivo, con un impatto complessivo che potrebbe avvicinarsi al miliardo di euro.
LE REGIONI PIU’ ESPOSTE AI DAZI SUL MERCATO USA
Se dai singoli prodotti o categorie di prodotti si passa all’export agroalimentare delle regioni, si scopre dai dati Cia che quella più esposta ai nuovi dazi risulta essere la Sardegna (dove si produce oltre il 90% del pecorino romano dop) il cui export agroalimentare finisce per il 49% negli Stati Uniti (e, giocoforza, ci finisce anche il 74% dell’export dei prodotti lattiero-caseari isolani). Al secondo posto per maggior “esposizione” negli Usa figura la Toscana (28% del proprio export agroalimentare, con l’olio in pole position con il 42% e i vini con il 33% delle relative esportazioni).
Ma negli Stati Uniti finisce anche il 58% dell’export di olio del Lazio, così come il 28% delle esportazioni di pasta e prodotti da forno abruzzesi e il 26% di quelle di vini campani. Insomma, considerando le diverse aree del Belpaese, sono le esportazioni agroalimentari del Centro e Sud Italia a “rischiare” di più con l’applicazione dei dazi di Trump, anche alla luce di relazioni consolidatesi negli anni con questo importante mercato spesso grazie alla domanda generata dalle comunità di italiani residenti negli Stati Uniti.
IL FUTURO DEL MADE IN ITALY NEGLI USA
Nonostante le incertezze, alcuni produttori italiani stanno già adottando strategie per ridurre il rischio. La Arnaldo Caprai di Montefalco ha anticipato le spedizioni del suo Sagrantino negli Usa fino al primo trimestre del 2026, mentre aziende come Pasqua Vini stanno lavorando su modelli di condivisione dei costi dei dazi tra produttori, distributori e consumatori.
Secondo Assoenologi, il vino italiano gode di un forte appeal negli Stati Uniti, al pari di prodotti iconici come il parmigiano, e difficilmente verrà abbandonato dai consumatori americani. Il condizionale è d’obbligo. Un aumento dei prezzi potrebbe portare infatti a una contrazione della domanda, con inevitabili conseguenze per l’export. Il rischio per il Made in Italy è concreto, l’auspicio è che la diplomazia e le strategie di mercato riescano a mitigare l’impatto dei dazi, evitando ripercussioni troppo pesanti per le aziende italiane.