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Quel fattore Effe che fa tremare le stanze del potere

Sangiuliano Boccia

Nessuna dimissione, Sangiuliano resiste, fino a prova contraria. Ma la sua immagine e quella del governo scricchiola e “la rivoluzione culturale di destra” contro l’egemonia della sinistra finisce male. Per cosa, poi? Per quel fattore “effe” che, come scrivono i giornali, è capace di destabilizzare il potente di turno.

La telenovela Sangiuliano-Boccia continua e occupa tutte le aperture dei quotidiani. E’ una vera “passione” così la definisce Libero in prima pagina che con con un fondo di Daniele Capezzone sottolinea come “Maria Rosaria Boccia è acclamata leader della sinistra”, altro che Elly Schlein e Kamala Harris. Quella passione a cui il Fatto Quotidiano dedica un articolo esplicito: “Da Silvio a Brunetta, da Urbani a Chiodi: quando il fattore Effe fa tremare le stanze del potere”, intendendo quando i politici finiscono nei guai per le donne. E ad essere “ostaggio” – così titola Repubblica – è Meloni, di un caso che ancora non si sa come andrà finire ma che ha indebolito di certo l’immagine del suo governo.

SANGIULIANO IN TRINCEA: NON MI DIMETTO SONO UNA PERSONA PERBENE

Le quasi due ore di colloquio avvenuto ieri a Palazzo Chigi tra il titolare della Cultura e il premier sono fonte di interessanti (veri?) retroscena. A partire da quello de la Stampa firmato da Niccolò Carrarelli che raccoglie proprio lo sfogo del ministro. “Io sono una persona perbene, non ho fatto nulla di sbagliato, non ho infranto regole- spiega Sangiuliano – Mi chiedo come si faccia a chiedere le mie dimissioni per questa vicenda costruita sul gossip quando ci sono altri ministri o membri del governo che hanno situazioni molto più complicate della mia”. Ogni riferimento a Daniela Santanché o ad Andrea Delmastro è apparentemente poco casuale. Resta l’amarezza per come è stato dipinto in questi giorni sui giornali, per le complicazioni nella vita privata e per la sofferenza provocata da questa storia. Che, inevitabilmente, è già finita: “La cosa si è interrotta e basta, non c’è altro da dire”. O almeno questo è quello che lui spera.

PER IL FOGLIO SANGIULIANO BARA E CHIEDE CONTO ALLA MELONI

Non è quello che invece fa intendere il Foglio che definisce Sangiuliano “baro” e rivolge alla Meloni, in un articolo sanguigno di Carmelo Caruso, delle domande non da poco. “A che titolo? Il ministro Sangiuliano non si dimette. Il ministro Sangiuliano convocato un’ora a Palazzo Chigi. Il ministro  Sangiuliano bara. Dice in una nota: “Ribadite a Giorgia Meloni le mie affermazioni. Mai un euro del ministero è stato impiegato per viaggi e soggiorni della signora Boccia”. Sangiuliano gioca con le parole.  Boccia ripete: “Non ho mai pagato nulla”. Pagavano per lei i festival, ma da chi sono finanziati i festival? Dai ministeri, dalle regioni. Meloni, a che titolo, un ministro che bara, resta ministro del governo Meloni? Cosa significa  “non è stato speso un soldo degli italiani”? Non è forse usare denaro di tutti farsi ospitare, senza titolo, da un festival che riceve finanziamenti  di stato? Non è denaro di tutti essere alloggiati, come Boccia a Polignano a Mare (lo ha confermato il presidente al Foglio e aggiunge, “pagati anche i biglietti aerei”) sempre acquistati su segnalazione del ministero,  dicendo ciò che non è vero? Non è denaro di tutti? Meloni, a che titolo?”

LA TELENOVELA NON E’ FINITA, MA NO, IL RIMPASTO, NO

Si attendono dunque nuove puntate. “È scontato che se la posizione di Sangiuliano dovesse indebolirsi ulteriormente la strada delle dimissioni si spalancherebbe” scrive il Sole24Ore e già si fanno i nomi dei possibili successori tra cui quello di Alessandro Giuli, presidente del Maxi. Difficile che qualcosa però si muova prima del 21 settembre, quando si concluderà il G7 Cultura la cui sede è stata, per motivi di sicurezza, spostata da Pompei a Napoli. “Anche per questo la premier ha deciso di trattenere la rabbia e non forzare sulle dimissioni di Sangiuliano – prosegue il quotidiano di Confindustria – Ieri dal Quirinale hanno fatto sapere che non ci sono state telefonate tra Meloni e il Capo dello Stato. La premier finora ha sempre respinto l’ipotesi del rimpasto. A maggior ragione in una fase delicata qual è l’avvio della sessione di Bilancio”.

IL MINISTRO SIMBOLO DI UNA MAGGIORANZA DESTINATA A SFALDARSI

Cosa rimane di tutta questa storia? Lo prova a spiegare nella sua nota Massimo Franco sul Corriere della Sera: “Il pasticcio che vede coinvolto il ministro della Cultura di FdI, Gennaro Sangiuliano, e imbarazza la stessa Meloni, finisce per essere un simbolo: quello di una fase a dir poco caotica della coalizione. La sensazione è che dietro certe uscite infelici, certe gaffe, spuntino l’inesperienza e la scarsa dimestichezza col potere, non una vera e propria strategia. Ma i contraccolpi per Palazzo Chigi sono ugualmente frustranti. Smentiscono la narrazione di una maggioranza compatta e destinata a durare. E seminano una pericolosa incertezza”. E non solo, per Flavia Perina, già direttrice del Secolo d’Italia e oggi firma autorevole de la Stampa la nuova egemonia culturale della destra è finita in farsa. “Il pasticcio del Collegio Romano incrina fatalmente sia il racconto sia la promessa che il governo aveva fatto ai suoi – si legge – Il racconto: siamo da sempre polo escluso dai grandi circuiti culturali non per scarso interesse ai medesimi o per difetto di capacità ma per l’ostilità del mondo infame, degli amici di Soros, i fluidi, i woke, quelli che scrivono i monologhi di Sanremo o le storie gay di Peppa Pig. La promessa: una nuova egemonia del merito, il recupero del brand Italia nel mondo, la rivincita del pensiero italiano «per troppo tempo accantonato in nome di un provincialismo esterofilo», una nuova «élite fuori dai salotti», la definitiva «rottura degli schemi», e ogni altra frase di battaglia ascoltata nei convegni insieme alle citazioni di Soffici, Papini, Finkelkraut, e ovviamente Gramsci”. “Vallo a raccontare adesso – scrive Perina – Non ai nemici, che non ci hanno mai creduto, ma agli amici, a quelli di destra che ci credevano davvero e che non si fanno problemi di scontrini ma di persone, biografie, antico orgoglio di casata, e oggi si chiedono: ma davvero questa? Da dove piove, cosa sa fare, ma l’egemonia la facciamo così?

 

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