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Individualismo e responsabilità individuale in Jervis, la recensione

Individualismo, Responsabilità E Cooperazione

Il saggio “Individualismo, Responsabilità e cooperazione”, pone l’individuo quale fondamento della vita sociale, centro di diritti e di doveri. La recensione della riedizione del libro a cura di Massimo Marraffa

Giovanni Jervis
Giovanni Jervis, medico e psichiatra

Individualismo, Responsabilità e cooperazione: sono queste le tre parole chiave al centro dell’interesse di Giovanni Jervis, psichiatra e psicologo, il cui pensiero è riassunto in una riedizione di Individualismo e cooperazione (2002) a cura di Massimo Marraffa, che ha scelto proprio le tre parola sopra (Individualismo,Responsabilità e cooperazione) per intitolare la nuova edizione. Proprio a quel titolo Jervis aveva originariamente pensato.

Il saggio, che presenta piccole modifiche all’apparato delle note e alcune integrazioni bibliografiche, pone l’individuo quale fondamento della vita sociale, centro di diritti e di doveri. Con Jervis nell’ambito dell’universo della responsabilità individuale, nasce una nuova antropologia, secondo la quale gli esseri umani non sono naturalmente buoni o naturalmente cattivi, ma sono propensi, intrensicamente, alla socialità, alla cooperazione, e all’altruismo.

Lo psicologo propone una critica radicale del collettivismo che relega l’individuo in secondo piano rispetto alla dimensione storica e collettiva, e allo stesso tempo, in nome di questo pensiero, Jervis sostiene che <<occorre che “i rapporti fra le persone siano, per così dire, molto evoluti (o, se si vuole, molto ‘civili’) fino ad accedere alla fiducia “estesa”, o aperta,

Professor Massimo Marraffa
Massimo Marraffa, professore ordinario del Dipartimento di Filosofia dell’Università di Roma Tre.

concepita come opzione di rischio verso un qualsiasi individuo sconosciuto>>, scrive Massimo Marraffa, professore ordinario del Dipartimento di Filosofia dell’Università di Roma Tre e allievo dello psichiatra.

Quanto sopra si concretizza nel tema della cooperazione “allargata” o “aperta” della società, che supera la cooperazione gretta e lo schema relazionale tribale e feudale. Per lo psicologo “non si ha buona cooperazione se non in relazione a un individualismo rettamente inteso, cioè legato al concetto di responsabilità individuale. Infatti, solo con la stabile “interiorizzazione” di un’etica della responsabilità individuale, le strategie di fiducia fra estranei possono funzionare così bene da prevalere sui solidarismi tribali tradizionali e sui sistemi localistici e clientelari”, scrive Marraffa, nella postfazione, che ripercorre le linee portanti della riflessione di Jervis. Per lo psicologo la “cooperazione nasce dalla capacità dell’individuo di essere psicologicamente autonomo, ossia di capire le sue responsabilità, di scegliersene di nuove, di mantenervisi fedele”.

La responsabilità di cui parla Jervis è pragmatica. Ogni azione, per lo psicologo, deve essere valutata per i suoi effetti e non per le sue intenzioni. Sgombrando il campo da ogni tipo di moralismo, infatti, Jervis sostiene che mettere al centro della discussione tra individui le intenzioni porta troppo spesso ad ammettere tutto in nome di un buonismo che non permette più di individuare le responsabilità. Dunque, l’intenzione, per lo psicologo, porta a fare a meno dei dati di realtà.

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