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Report, tanto rumore per nulla
Giorgia Meloni “blinda” il suo ministro Alessandro Giuli. La trasmissione di Rai3 mostra una serie di errori di gestione da parte dell’ex direttore del Museo Maxxi e che hanno portato alle dimissioni del suo capo di gabinetto Francesco Spano, ma si rivela “senza sorprese”
Dopo le rassicurazioni della sorella Arianna Meloni che alla Stampa aveva detto: “Fratelli d’Italia sostiene il ministro” tocca a Giorgia Meloni tentare di archiviare in fretta la settimana che ha portato Alessandro Giuli sulla graticola con le dimissioni del capo di gabinetto Francesco Spano decidendo di blindare il Ministro “non si tocca”. Anche perché al di là di una mala gestio (sempre opinabile) dall’inchiesta di Report non sembrano emergere altre accuse, certamente un caso molto diverso rispetto a quello Boccia-Sangiuliano che ha infiammato la fine dell’estate. E il titolo che fotografa meglio la situazione è del Corriere della Sera: “Report, una puntata senza sorprese”.
MELONI BLINDA IL SUO MINISTRO: “NON SI TOCCA”
Così ieri mentre Sigfrido Ranucci metteva a punto gli ultimi ritocchi alla sua trasmissione, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro della Cultura Alessandro Giuli si sono visti “per un lungo pranzo domenicale. Circa tre ore. Da Palazzo Chigi filtrano poche informazioni” scrive nel suo retroscena per il quotidiano torinese Serena Riformato “la scelta delle parole punta con cura a blindare la posizione del ministro: l’incontro è stato «conviviale e sereno», precisa lo staff della premier, i due «sono stati bene», hanno mangiato e poi discusso «del programma del ministero per i prossimi tre anni». Per i prossimi tre anni. L’orizzonte temporale – la fine della legislatura – viene ripetuto e sottolineato”.
E GIULI: PROTEGGIMI DA FAZZOLARI E I SUOI ADEPTI
Un incontro che di certo ha galvanizzato il neo ministro e che lo avrebbe portato a battere i pugni, a non fare il prestanome garantendo comunque “fedeltà alla causa”. “Non accetterò alcuna forma di commissariamento” avrebbe ripetuto all’amica premier – come scrive Giovanna Vitale su Repubblica – “chiedendo aiuto contro gli “assalti di Giovanbattista Fazzolari, il di lei braccio destro, che il ministro sospetta in combutta con il capo della segreteria tecnica al ministero, Emanuele Merlino per metterlo sotto tutela. Controllarlo. Piazzandogli accanto un capo di gabinetto di loro fiducia, anziché sua”.
GLI ATTACCHI AL MINISTRO VENGONO DA DESTRA
Semmai l’attacco a Giuli arriva proprio dall’area culturale affine alla destra, basta leggere l’intervista allo storico Franco Cardini sulla Stampa: “Dico che il suo curriculum presenta aspetti di debolezza e che non lo definirei esattamente un uomo di cultura – spiega a Francesca Schianchi – è un signore di quasi 50 anni che si sta laureando dopo un lungo letargo, chissà, forse la nomina a ministro della Cultura gli ha dato una febbre culturale… Diciamo che uno sforzetto per fare una piccola tesi in tempi più celeri poteva farlo, ecco”. Per Cardini invece “ci sono a disposizione persone di valore che potrebbero collaborare con questo centrodestra”. E fa i nomi: “Per esempio il mio amico Ernesto Galli della Loggia, persona stimata, buon storico, che sta scrivendo un libro sulla città di Roma che penso inciderà. O Carlo Ossola, che presiede l’Istituto Enciclopedia italiana: io una telefonata gliel’avrei fatta. Probabilmente avrebbe detto di no, ma perché non provare?”
BASTA “VAFFA” ORA SIAMO NELL’INFOSFERA
In tutto questo, al di là dei retroscena e delle invettive, Giuli tira dritto per la sua strada e intervistato da Radio3 ieri diceva: “Dopo la stagione dei “Vaffa”, il fatto che si discuta su parole come “apocalittismo”, che mi rendo conto non è così semplice da concettualizzare, da percepire e contestualizzare, è un segno di arretramento o un piccolo tentativo, anche incerto, di avanzare verso un innalzamento del livello?”. E come riporta il Corriere della Sera nell’articolo di Paolo Conti il neo ministro ha indicato il modello al quale intende ispirarsi come ministro: “Alberto Ronchey, che citava numeri, faceva atti e diceva “Sto studiando”. Perché continuo a pensare che la cosa che mi riesca meglio non sia scrivere, parlare, ma sia studiare, che è una cosa che conviene fare a qualsiasi età”. Ha tre anni davanti, sempre che il governo regga.