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Salvini e Tajani, due vicepremier che insieme non fanno mezza Meloni

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Litigi e baruffe tra il leader della Lega e di Forza Italia sulla manovra e su chi conta di più nella maggioranza. La premier irritata fa buon viso a cattivo gioco, forte dei suoi consensi che valgono il doppio del Carroccio e del partito berlusconiano messi insieme. Però a metà legislatura i nodi vengono al pettine non solo in Italia ma anche in Europa

Si vede che si avvicina il giro di boa della prima legislatura del governo di Giorgia Meloni. Ieri è andato sotto alla Camera, dopo aver dato parere positivo a un emendamento leghista che avrebbe riportato a 70 euro il canone Rai, perché Forza Italia ha votato contro, insieme alle opposizioni. Subito dopo il Carroccio ha silurato una proposta di Forza Italia sulla sanità. Scaramucce che però conquistano i titoli dei quotidiani. “La maggioranza spaccata” scrive Repubblica, “Rai, strappo tra alleati” annota il Corriere della Sera fino a la Stampa che scrive: “Il governo sbanda, l’ira di Meloni”.

SALVINI E TAJANI, UNA LOTTA PER IL “SECONDO POSTO”

La verità è che Matteo Salvini e Antonio Tajani sono in “lotta” su tutto. Dalla cittadinanza all’autonomia, dalla politica estera alla giustizia, l’uno vuole prevalere sull’altro. In ballo c’è il secondo posto nella coalizione, solo che questo tira e molla crea conflitti continui e danneggia l’esecutivo.  “Cercando la scintilla, l’inizio delle baruffe, si può forse tornare a ferragosto – scrive Lorenzo de Cicco su Repubblica – Quando lo Ius scholae forzista finì crivellato dai colonnelli di via Bellerio. «Gli elettori hanno votato Tajani per portare avanti i programmi dei comunisti?», caricava i suoi il vicesegretario del Carroccio, Andrea Crippa. Avanti così, fino ai cori su «Tajani scafista», conditi da irriferibili «vaffa», dietro il pratone di Pontida. Salvini dovette scusarsi, per chiudere le ostilità. Ma era solo un cessate il fuoco.

MELONI DELUSA, CHIEDE DI ABBASSARE I TONI

Il problema è che la “rissa continua” non aiuta anche se appare inevitabile che quasi a metà legislatura vengano i nodi al pettine. Chi non è contenta della situazione è certamente Giorgia Meloni che con Fdi vale ancora oltre il 30% e guarda i duellanti fronteggiarsi intorno all’8%. Insomma i due vicepremier messi insieme valgono mezza Meloni. Eppure quest’ultima è preoccupata. Lo riporta Monica Guerzoni sul Corriere della Sera: “Arrabbiata e delusa. Convinta di dare il massimo ogni giorno, sul fronte interno e su quello internazionale, senza che i «big» delle forze politiche ci mettano altrettanto impegno. Furibonda sin da ieri mattina, quando ha letto sui quotidiani i titoli sulla «maggioranza in pezzi» per colpa dello scontro sul canone Rai, che Salvini vuole ridurre a dispetto della resistenza di Tajani”.

MA LA SPACCATURA C’E’ ED E’ PALESE ANCHE IN EUROPA

Ma anche sull’Europa e il voto alla Commissione è andata in scena un altro conflitto. Al punto che Massimo Franco nella sua nota per il quotidiano di via Solferino scrive: “La coalizione di destra sembra destinata a convivere con una conflittualità strutturale. Lo schieramento che ieri a Bruxelles ha eletto la Commissione Ue è lo specchio di contraddizioni che attraversano tutti i partiti; ma che spiccano nel campo governativo dell’Italia”. Infatti per Franco “la compattezza del «no» a Ursula Von der Leyen dei Patrioti europei è pesante.  Il «no» di Salvini è vistoso anche perché von der Leyen ha ricevuto consensi da una parte dei conservatori: quelli di Meloni. Ma non c’è da sorprendersi: il nemico dei «Patrioti» sono il Ppe e l’altra destra: nella scelta tra Nato e Putin e tra Europe agli antipodi”.

E SUL SUCCESSORE DI FITTO ANCORA SILENZIO ASSOLUTO

Che il clima non sia buono oramai lo hanno capito anche i sassi. E Marcello Sorgi su la Stampa sintetizza così la questione: “In poche parole, ognuno si fa i fatti suoi. E se puta caso Meloni dovesse rassegnarsi a nominare un sostituto di Raffaele Fitto, andato in Europa, la rissa non potrà che riaccendersi”. Ma è Carmelo Caruso sul Foglio che con una metafora calcistica che capire cosa c’è in gioco. “Oggi Maurizio Gasparri fa i suoi stati Generali sull’editoria, al Senato, ormai pinacoteca Fanfani. Convoca ospiti Urbano Cairo, il Faraone, Fedele Confalonieri, l’ad della Rai, Rossi. Se la Rai ha meno canone, la Rai è destinata ad avere più pubblicità, più pubblicità significa che finirà per costare meno la pubblicità sia su Mediaset sia su La7. Si è capito cosa sta accadendo? A Cairo il numero 10, a Confalonieri la casacca uno, Rossi il sette, Tajani il 9. Non è politica. Sono i quarti di finale della coppa Pil: banche, editoria, pubblicità. Si gioca a Milano. Salvini non il protagonista. E’ solo il bagarino”.

 

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