skip to Main Content

Sauditi nel cda de La Scala? La versione di Ferrari e il selfie del principe con Bonisoli

Agis Colao

Max Ferrari, esponente leghista, consigliere del governatore Fontana “accusato” di essere l’ideatore della manovra saudita per l’ingresso nella Fondazione del Teatro La Scala. Ma l’interessato smentisce e ricostruisce come sono andate le cose

Milano tiene banco da una settimana una querelle abbastanza particolare. La pietra dello scandalo è la possibilità dell’ingresso di un ministro della petro-monarchia saudita nel Consiglio di Amministrazione del Teatro alla Scala, simbolo culturale dell’Italia, dietro neanche troppo lauta corresponsione di finanziamenti alla fondazione che gestisce il tempio della lirica. Una bomba nella politica lombarda, ma non solo.

UNA “DECISIONE DIFFICILE” DA GIUSTIFICARE

In tempi di sovranismo, è difficile giustificare agli occhi dell’opinione pubblica un’operazione così sfacciatamente mercantilista. A breve il Consiglio di Amministrazione dovrà esprimersi, il sindaco Beppe Sala viste le polemiche si affretta ora a precisare che una decisione di questa portata verrà assunta solo all’unanimità. Che pare allora non ci sarà, essendo la Regione Lombardia guidata dal leghista Attilio Fontana e rappresentata nella fondazione da Philippe Daverio contraria all’ipotesi dell’ingresso di un principe saudita nel simbolo meneghino.

LA RICOSTRUZIONE DI FERRARI

Nell’ultima settimana si è incrociato una scambio di accuse reciproche tra il presidente Fontana e il sindaco Sala, che ha coinvolto i ministri Alberto Bonisoli e Matteo Salvini insieme al sovrintendente Alexander Pereira. A un certo punto dello scaricabarile tra Comune di Milano e Regione Lombardia sulla primogenitura della sfortunata idea di coinvolgere gli arabi, il sovrintendente Pereira ha coinvolto il giornalista Max Ferrari, consigliere del presidente Fontana. Reo di aver introdotto e fortemente caldeggiato lo sbarco dei turbanti a Milano. La difesa però non è tardata: “io mi sono limitato, l’estate scorsa, a metterlo (il sovraintendente Pereira, ndr) in contatto con l’ambasciata saudita a Roma e poi mi sono sentito con la nostra a Ryad allo scopo di fare una trasferta del coro della Scala a Ryad. Sarebbe stata una cosa storica, con le donne protagoniste sul palco e tra il pubblico e rientrava tra gli obiettivi culturali delle sinergie tra Paesi. Si è parlato di una trasferta di 2 giorni, di ritorno dal Giappone, per rappresentare la Traviata o fare qualcosa incentrato sul coro. Punto e chiuso. Mai parlato della società petrolifera Aramco, con cui non ho mai avuto nessun tipo di contatto, mai parlato della possibilità di finanziamenti, mai parlato di un posto nel CDA per il principe Badr che non ho il piacere di conoscere. Basta vedere le mail tra me e Pereira (sono a disposizione) e parlare con le persone che erano presenti ai due incontri avuti in maniera ufficiale alla Scala. La verità è che nella terza mail che Pereira mi ha scritto, mi ha detto che si era sentito con l’ambasciata italiana e aveva individuato un auditorium … gli risposi che visto che si stava muovendo in totale autonomia non avrei più seguito la cosa. Come ho fatto. Ho poi visto le foto scattate in un meeting a San Pietroburgo tra il ministro Bonisoli e il principe Badr e le dichiarazioni di Bonisoli a favore di una strettissima collaborazione in campo culturale coi sauditi e pochi giorni dopo ho visto sui media la partecipazione di Badr alla prima della Scala”.

https://www.facebook.com/massimiliano.max.ferrari/posts/10215903964966472

LA REAZIONE DEL MINISTRO BONISOLI

Il Ministro Bonisoli, seppur tirato in ballo per i suoi rapporti con il principe saudita, tiene un profilo basso, cercando di restare estraneo alla diatriba. Anche se il suo dicastero indica un proprio rappresentante nel Consiglio di Amministrazione e vigila come socio fondatore sulla fondazione stessa. Il ruolo del Governo insomma non pare, per quanto opaco, completamente estraneo e dovrà essere chiarito nella riunione dell’organo esecutivo della fondazione convocato per mettere una parola definitiva sulla questione,

Il dubbio maggiore resta però sui valori di fondo in campo: non solo la sovranità, ma anche quelli economici. Su un bilancio della Scala di circa 45 milioni di euro all’anno, bastano 3 milioni di euro per 5 anni a guadagnare al principe Badr una poltrona in una delle principali istituzioni culturali del paese? I cugini transalpini per l’utilizzo del marchio del Louvre ad Abu Dhabi hanno incassato solo nel 2017 qualcosa come circa 75 milioni di euro. In questo triangolo di amorosi intenti alla fine si capirà che sta davvero con l’Arabia Saudita.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Back To Top