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Serve un nuovo welfare, che fine ha fatto la Destra sociale?
Il governo è alla prese con la manovra economica e i vincoli di bilancio, per questo mette nel mirino i bonus per le famiglie mentre l’Ocse certifica che i nostri insegnanti sono i meno pagati tra i paesi industrializzati. Ci vorrebbe un nuovo welfare come ha detto Mario Draghi che metta al centro donne e bambini, intanto va in soffitta il premierato
Che la coperta sia corta, non c’è dubbio. Il debito pubblico che si è allargato sempre di più dopo la pandemia, i nuovi vincoli del bilancio europeo, le richieste spesso irrealistiche dei partiti fanno sì che a leggere i quotidiani oggi ci si chieda: che fine ha fatto la destra sociale? “Aiuti alle famiglie, si cambia” titola il Corriere della Sera mentre Repubblica alimenta il caso scuola con l’Ocse che certifica che il salario dei nostri insegnanti è in fondo alla graduatoria dei Paesi più industrializzati e titola in pima: “Prof, ultimi della classe”.
CHE FINE HA FATTO LA DESTRA SOCIALE?
Fino ad ora le idee che sono circolate sulla manovra sono quelle di modificare l’assegno unico, congelare le pensioni, rivedere la politica dei bonus familiari. E allora di nuovo, ci si chiede, che fine abbia fatto la destra sociale? Già perché questa è stata una componente sempre presente nella storia della destra nostrana ed oggi sembra essere un po’ meno rappresentata a dispetto di slanci atlantisti ed europeisti. A partire dalle politiche per la famiglia, come si domanda Massimo Calvi nel fondo per Avvenire. “Il desiderio di famiglia e di figli per essere sostenuto ha bisogno di incentivi universalmente generosi e soprattutto di una solida base di certezze e stabilità nel tempo – scrive nel fondo di prima pagina – Le risorse per fare meglio ci sarebbero, se si volesse realmente riscrivere il sistema fiscale azzerando molti bonus fondati sul reddito individuale e centrare l’obiettivo di una vera equità orizzontale tenendo conto dei carichi familiari. È così?”
MARIO DRAGHI: UN NUOVO WELFARE E’ POSSIBILE
E non basta, come fa Antonio Tajani, leader di Forza Italia prendersela con la Bce che ha tagliato i tassi d’interesse ma “non in modo sufficiente” come riporta la Stampa che parla di “attacco del governo” all’istituzione di Francoforte. Non basta cioè prendersela con le politiche monetarie della Banca centrale europea che in ogni caso ha messo un freno all’inflazione ed è un organo indipendente dai desiderata dei governi. Semmai, e lo riporta in una paginata il Corriere della Sera, come dice l’ex premier Mario Draghi: “serve un nuovo welfare, con maggiore attenzione alle donne e al tema della natalità”. Lo sottolinea ancora meglio Carlo Cottarelli che viene intervistato dal Foglio insieme all’ex ministro Enrico Giovannini. “Il problema è molto serio” dice l’ex senatore del Pd che aggiunge: ““Sono molti gli stati dove sono state inserite delle detrazioni fiscali per incentivare le nascite. Potenziare le strutture degli asili nido e i congedi parentali, come accade in Svezia per esempio, dove i provvedimenti introdotti incidono sugli elementi che facilitino l’avere figli e allo stesso tempo lavorare”. Insomma immaginare un nuovo welfare è possibile e potrebbe essere anche un cavallo di battaglia del governo (fino ad ora ci sta pensando solo il ministro Giancarlo Giorgetti).
E IL PREMIERATO VA IN SOFFITTA ALMENO FINO AL PROSSIMO ANNO
Intanto con un soprassalto di cautela c’è da segnalare come la maggioranza stia mettendo tra parentesi le riforme istituzionali: almeno fino al 2025. Come scrive nella sua nota Massimo Franco: “Le tensioni sull’autonomia regionale differenziata voluta dalla Lega hanno suggerito a Palazzo Chigi di concentrarsi su una manovra finanziaria che già si presenta difficile. Le accelerazioni chieste da alcuni governatori del Nord del Carroccio hanno accentuato le resistenze sia di FI, sia di FdI. I rischi di un clima referendario, al di là dell’ammissibilità della consultazione, potrebbero essere dirompenti”. Certo, sottolinea infine il notista del Corriere della Sera: “sostenere che il premierato è «scomparso dal radar», come sostiene il Pd, è esagerato. Ma certamente è stato un po’ oscurato, per permettere ai partiti di governo di rivedere alcune norme rivelatesi non tanto divisive ma pasticciate. Il tema del sistema elettorale che dovrebbe accompagnare la riforma voluta da Meloni, soprattutto, rimane in un limbo. Il rinvio al 2025 permetterà di capire meglio come uscirne, senza tirarsi addosso accuse di ogni tipo e evitare liti vistose tra alleati. Per i prossimi mesi le urgenze vere sono altre”. Magari anche quella di “pensare” che un nuovo welfare è possibile…