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Si va verso il razionamento del gas? Quali scenari si aprono?

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Il razionamento energetico al momento non è una ipotesi sul tavolo, ma è chiaro che il Paese si sta preparando anche all’ipotesi peggiore. Ecco cosa succederebbe

Con l’inasprirsi del conflitto in Ucraina, riecheggiano le parole del presidente del Consiglio, Mario Draghi, sulla necessità di fare a meno del condizionatore, se in ballo ci sono valori come la libertà. Il problema, però, è che il razionamento energetico potrebbe andare al di là del superfluo e intaccare ben altri comparti.

LA SICUREZZA DI CINGOLANI

Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, continua a dirsi positivo: “Entro il secondo semestre dell’anno prossimo potremo cominciare veramente ad avere una quasi totale indipendenza”, ha recentemente affermato, aggiungendo che si prevede “di arrivare a circa due terzi di quello che ci serve già nelle prossime settimane”. Per questo Draghi ha concordato con il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune la firma di un accordo da 9 miliardi di metri cubi di forniture aggiuntive. Ma un razionamento di gas non è così impossibile, come ha recentemente ammesso  in un’intervista al Corriere, il presidente dell’Autorità per l’Energia (Arera), Stefano Besseghini.

RISCHIAMO IL RAZIONAMENTO?

Besseghini ha ammesso infatti che c’è il rischio di non riempire completamente gli stoccaggi “se andiamo incontro a una chiusura delle forniture di gas russo”. Tutto dipenderà da “quello che riusciamo a recuperare dagli accordi che l’Italia ha già stretto e da quelli che si sta cercando di concludere”. L’autonomia energetica del Paese in questo momento sarebbe pari ad  “almeno dieci settimane, mettendo in campo le riserve strategiche e ottimizzando i consumi”.

LO SCENARIO PEGGIORE

Se fossimo costretti a chiudere i rubinetti del gas che arriva da Mosca e non avessimo trovato altri fornitori, saremmo costretti a procedere cl razionamento, ovvero spiega Besseghini, “scatterebbe un protocollo che prevede dei distacchi di carico e delle prevalenze fra le utenze” . Il presidente dell’Autorità per l’Energia ha spiegato che non può scendere troppo nello specifico, in quanto “i dettagli sono riservati” e che le misure adottate dipenderanno “dalla profondità del fenomeno e da quanto tempo potrebbe esserci tra il momento del distacco dalla Russia e l’inizio del periodo invernale”.

Tuttavia, Besseghini ha confermato che, di solito, gli interventi sono orientati sulla limitazione dell’illuminazione notturna e sulla riduzione del riscaldamento negli immobili, mentre verrebbero preservati a tutti i costi i servizi pubblici, sanitari e la produzione industriale. “Il consumo industriale è abbastanza costante e gestibile nel corso dell’anno”, ha proseguito, aggiungendo che “altri consumi elettrici non indispensabili verrebbero in qualche maniera gestiti”.

UFFICI PUBBLICI MENO REFRIGERATI

Si è mosso anche il legislatore. Un emendamento al decreto bollette approvato dalle commissioni Ambiente e Attività produttive delle Camera ha introdotto  una stretta a termosifoni e condizionatori delle pubbliche amministrazioni imponendo che, dal primo maggio 2022 al 31 marzo 2023, negli uffici pubblici, la temperatura non potrà essere più di 19 gradi in inverno e meno di 27 gradi in estate, con due gradi di tolleranza.

Ma in caso di razionamento energetico, anche gli italiani potrebbero essere chiamati a fare la loro parte, soprattutto nel periodo estivo, quando la calura spinge a maxi consumi di elettricità. Sul fronte industriale, tra le ipotesi anche quella di rimodulare l’attività di alcune filiere a ciclo continuo, come quella dell’acciaio, concentrando la produzione in alcuni periodi dell’anno, con minore consumo di energia.

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