skip to Main Content

Siccità, perché i parchi acquatici mugugnano di fronte alle misure delle Regioni

Parchi Acquatici Turismo Sostegni Operatori Abusivi

Si pensa di chiudere il rubinetto ai parchi acquatici, già duramente colpiti dal Covid. L’associazione non ci sta e propone di usare acqua del mare trattata

Sarà l’estate dei grandi dilemmi: meglio la pace o il condizionatore acceso? Ma anche, meglio l’acqua dal rubinetto o pomodori carnosi e succulenti? La siccità è solo l’ultima sfida estrema con cui dovrà fare i conti il Vecchio continente, dopo la pandemia, la guerra in Ucraina voluta dalla Russia, il blocco delle materie prime e la necessità di trovare velocemente nuovi fornitori di energia.

TUTTI I DANNI DELLA SICCITÀ

Più di ¼ del territorio nazionale (28%) è a rischio desertificazione con una situazione di grave siccità che riguarda le regioni del Sud e del Nord dove a boccheggiare è soprattutto il territorio del bacino padano che rappresenta più del 30% del Made in Italy agroalimentare. Il Po al Ponte della Becca (Pavia) è a -3,3 metri rispetto allo zero idrometrico più basso che a Ferragosto di un anno fa con la siccità che colpisce i raccolti, dal riso al girasole, dal mais alla soia, ma anche le produzioni di grano e di altri cereali e foraggi per l’alimentazione degli animali.

L’assenza di precipitazioni – avverte Coldiretti – colpisce i raccolti nazionali in una situazione in cui l’Italia è dipendente dall’estero in molte materie prime e produce appena il 36% del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci, il 53% del mais per l’alimentazione delle stalle, il 56% del grano duro per la pasta e il 73% dell’orzo. Una emergenza nazionale che – conclude la Coldiretti – riguarda coltivazioni ed allevamenti travolti da una catastrofe climatica che si prefigura addirittura peggiore di quella del 2003 che ha decimato le produzioni agricole nazionali e che per ora ha già fatto danni per tre miliardi, e l’estate è appena iniziata.

LE MISURE ALLO STUDIO DI GOVERNO E REGIONI

Al momento le Regioni si sono mosse a macchia di leopardo, a seconda dei dati che arrivano dagli invasi, ma presto dovrebbero essere prese misure emergenziali nazionali. Si pensa per esempio di chiudere il rubinetto ai tanti parchi divertimento sparsi in tutta Italia, opzione che naturalmente non piace alla categoria di riferimento che già lamenta danni e difficoltà dovuti alle lunghe chiusure del Covid: “Rimango davvero abbastanza perplesso anche soltanto che si parli di questa ipotesi, ovvero di toccare parchi acquatici o piscine – spiega all’ANSA Luciano Pareschi, presidente dell’associazione Parchi permanenti italiani – Sappiamo benissimo in Italia che ci sono impianti inadeguati nel nostro Paese che disperdono fino al 50% di acqua, soglia ferma al 10% in altri Paesi europei. Mi sembra che pensare alla riduzione degli approvvigionamenti idrici ai parchi acquatici sia soltanto un pannicello caldo per affrontare il problema siccità – continua – È fondamentale scongiurare questa possibilità perché significherebbe chiudere e lasciare a casa decine di migliaia di persone. Con le normative che abbiamo c’è un ricambio d’acqua che è inferiore al 10% giornaliero rispetto ai riempimenti delle piscine che vengono effettuati ad aprile”, aggiunge sottolineando che “non ci sono sprechi o eccessivi consumi d’acqua perché, attraverso un sistema di filtraggio e riutilizzo, l’acqua che utilizziamo è quasi tutta riciclata e riutilizzata”.

PARCHI ACQUATICI: “Sì ALL’USO DELL’ACQUA MARINA”

Respinta al mittente anche la proposta di ridurre l’orario di apertura. “Personalmente – contropropone Pareschi – non avrei nulla in contrario se Regioni o governo acconsentissero all’approvvigionamento di acqua marina, dato che tutti stiamo andando verso e incontro al mondo della sostenibilità – sottolinea – Questa è comunque un’ipotesi da applicare solo per quei parchi che si trovano in prossimità delle coste. Differenze sono da segnare, inoltre, tra i vari contesti geografici in cui sono inseriti i parchi acquatici e tematici. Il mio parco si trova nei pressi dell’area lagunare di Venezia e non posso neanche pensare di fare domanda per avere approvvigionamenti indipendenti”.

PARCHI PERMANENTI (E DANNI DA COVID) IN NUMERI

L’associazione Parchi Permanenti Italiani, aderente a Confindustria, rappresenta un comparto composto da circa 230 imprese in Italia tra parchi tematici, acquatici, faunistici e avventura. Il settore occupa circa 25.000 addetti – 10.000 dipendenti fissi e 15.000 stagionali – e nel 2019 fatturava 450 milioni di euro a livello di sola biglietteria.

L’indotto è molto importante: il valore complessivo è di 1 miliardo considerando le realtà commerciali interne ai parchi (negozi, ristoranti, merchandising, ecc..) e 2 miliardi con quelle esterne, come hotel, manutenzioni varie, servizi in outsourcing e attività nelle vicinanze, per un totale di 60.000 addetti.

Nel 2020 la perdita generalizzata del comparto è stata intorno al 75/80% rispetto al 2019 con il 20% dei parchi che ha rinunciato completamente alla stagione e diverse realtà imprenditoriali italiane passate di mano a fondi di investimento stranieri. Il 2021, tra l’apertura ritardata e le perdite dovute all’introduzione del green pass, si è chiuso in calo del 50% sul 2019.

L’AUMENTO DELL’ENERGIA

E poi c’è il tema dell’aumento dell’energia.  “Nonostante il buon andamento degli ultimi mesi, le aziende del settore sono ancora in difficoltà e oggi si trovano ad affrontare un nuovo ostacolo, rappresentato dall’incremento dei costi energetici – sottolinea Pareschi in una nota diffusa venerdì 24 giugno – le nostre sono imprese energivore e questi aumenti esponenziali hanno un effetto dirompente sui bilanci. Non sorprende quindi che alcune realtà ripensino i propri piani. Lo fanno le multinazionali, come nel caso di Jesolo, e, a maggior ragione, potrebbero farlo i piccoli e medi imprenditori italiani che continuano a lottare senza il supporto delle istituzioni. Purtroppo, in un Paese che dovrebbe vivere di turismo, si continua ad ignorare il valore attrattivo dei parchi divertimento che, oltre ad essere aziende che generano valore, indotto e posti di lavoro, creano flussi turistici, richiamando tanti visitatori provenienti dall’Italia e dall’estero. Un altro elemento che manca è la collaborazione tra tutte le realtà del territorio affinché si possa fare rete con le istituzioni e creare un sistema virtuoso a vantaggio di tutti”.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Back To Top