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Tra inchieste (eredità Agnelli) e scioperi (Stellantis e Repubblica), l’autunno caldo di John Elkann
Non solo la crisi dell’auto, anche la redazione di Repubblica in subbuglio contro l’editore, mentre va avanti l’inchiesta sull’eredità della famiglia: ecco tutte le preoccupazioni di John Elkann
Scioperano i lavoratori di Stellantis, il settore auto è in crisi, scioperano i giornalisti di Repubblica (controllata da Exor degli Elkann che è primo azionista di Stellantis), nuove grane nell’inchiesta sull’eredità degli Agnelli, i rapporti non idilliaci con il Governo Meloni. Per la famiglia Elkann, e per John in particolare, ci sono stati sicuramente periodi migliori.
Come abbiamo scritto in Stellantis la situazione è incandescente, con i sindacati metalmeccanici che hanno proclamato uno sciopero e chiedono risposte alla luce di una crisi del settore auto che fatica a invertire il trend. Basti pensare che negli ultimi 17 anni (2007-2024) la produzione di auto in Italia di Fiat (poi Fca e Stellantis) si è ridotta di quasi il 70%. Il tutto mentre John Elkann è in procinto di dare il foglio di via al ceo Tavares.
IL COMUNICATO DEL CDR DI REPUBBLICA CONTRO L’EDITORE “E NON PADRONE” JOHN ELKANN
Altra grana in casa Elkann è quella legata ai malumori tra i giornalisti di Repubblica. Negli ultimi mesi più volte, e per diverse vicende, era stato preso di mira il direttore Molinari. Ieri una nuova puntata e un salto nelle accuse rivolte direttamente a John Elkann. L’assemblea “delle giornaliste e dei giornalisti di Repubblica” ha indetto infatti uno sciopero di due giorni – 25 e 26 settembre – “per protestare contro le gravi ingerenze nell’attività giornalistica da parte dell’editore, delle aziende a lui riconducibili e di altri soggetti privati avvenuti in occasione dell’evento Italian Tech Week.
Da tempo – spiega il comunicato diffuso dal Cdr della testata – denunciamo i tentativi di piegare colleghe e colleghi a pratiche lontane da una corretta deontologia e dall’osservanza del contratto nazionale. La direzione ha il dovere di apportare ogni correttivo e presidio possibile per rafforzare le strutture di protezione della confezione giornalistica di tutti i contenuti di Repubblica, tema sul quale nei mesi scorsi è già stata votata una sfiducia all’attuale direttore. Ma ci rivolgiamo anche all’editore – e non padrone – di Repubblica John Elkann affinché abbia profondo rispetto della nostra dignità di professionisti e del valore del nostro giornale, testata con una propria storia e identità che non può essere calpestata. La democrazia che ogni giorno difendiamo sulle nostre pagine passa anche dal reciproco rispetto dei ruoli sul posto di lavoro. Ci appelliamo infine ai nostri lettori: questa redazione non ha mai venduto l’anima. E non sarà mai disposta a farlo”.
QUALI SONO LE INGERENZE DENUNCIATE DAL CDR DI REPUBBLICA
Ecco la ricostruzione dell’edizione online del Fatto quotidiano: “Articoli, interviste e approfondimenti venduti alle aziende. Non solo: ciascun pezzo, prima di essere impaginato e andare in stampa, anziché passare dalla redazione, è finito sulla scrivania di Exor. Domani alle Officine Grandi Riparazioni di Torino si apre la quarta edizione della Italian Tech Week. Grande protagonista sul palco è John Elkann, la cui holding – Exor, appunto – ha organizzato l’evento. E media partner, manco a dirlo, sono i giornali di famiglia, cioè Repubblica e la Stampa. Peccato però che i giornalisti del quotidiano romano abbiano scoperto il trucchetto. E cioè che tutto il lavoro da loro prodotto fino a oggi, più quello che dovrà essere svolto nella tre giorni torinese, è stato venduto alle stesse aziende del tech che vi partecipano.
Per questa ragione il comitato di redazione del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari ha indetto uno sciopero di due giorni (mercoledì 25 e giovedì 26 settembre). La mozione è stata approvata a larga maggioranza dai giornalisti e dalle giornaliste: 230 sì, 33 no e 15 astenuti. Il cdr, dunque, ha denunciato “le gravi ingerenze nell’attività giornalistica” da parte “dell’editore, delle aziende a lui riconducibili e di altri soggetti privati avvenute in occasione dell’evento Italian Tech Week”, chiedendo rispetto della professionalità e dei ruoli”.
LE NOVITA’ DELL’INCHIESTA SULL’EREDITA’ AGNELLI
Ci sono poi le novità dell’inchiesta sull’eredità Agnelli, alle quali giornali come La Verità e il Fatto quotidiano dedicano l’apertura. “Quadri, gioielli, oggetti d’arredo. Un tesoro da 170 milioni di euro che i fratelli Elkann — John, Lapo e Ginevra — si sarebbero spartiti alla morte di donna Marella – scrive il Corriere della Sera -, classificandoli negli inventari e nei documenti via via redatti come «regali» che la nonna avrebbe donato loro quando era ancora in vita. Uno stratagemma — raccontato nelle cento pagine del decreto di sequestro preventivo per 74,8 milioni — che avrebbe consentito agli eredi di ridurre la «massa ereditaria» e pagare meno tasse. Centinaia di atti sequestrati dagli uomini del nucleo di polizia economica finanziario della guardia di finanza, dettaglierebbero il meccanismo, di cui John sarebbe «il regista», messo in atto per «presidiare» la residenza in Svizzera di Marella Caracciolo e le successive iniziative per spartirsi il patrimonio di famiglia”.
LE OSTILITA’ E I RAPPORTI CON IL GOVERNO
Infine, come ricorda Il Domani, c’è anche “l’ostilità del governo, che per bocca del ministro delle Imprese, Adolfo Urso, chiedeva a Elkann di investire in Italia per portare la produzione fino a un milione di veicoli, contando anche furgoni e simili che nel 2023 sono arrivati a quota 230mila. La richiesta governativa è sembrata fin da principio molto difficile da esaudire e ora, con il mercato dell’auto in frenata, quei numeri fanno ormai parte di un passato a cui difficilmente si ritornerà.
Questo significa – scrive Malagutti – che la destra al governo avrà ancora gioco facile nell’attaccare la strategia di Stellantis “in fuga dall’Italia”. Del resto, l’anno si era aperto con le parole di Giorgia Meloni che descriveva gli Elkann come quelli che «hanno preso la Fiat e l’hanno ceduta ai francesi, hanno trasferito all’estero la sede fiscale e legale, hanno messo in vendita i siti delle nostre storiche aziende italiane». Parole pronunciate a gennaio e seguite da uno stillicidio di dichiarazioni polemiche da entrambe le parti.
E certo non sarà utile a calmare le acque l’annuncio di Stellantis che si prepara a lanciare in Italia due modelli dell’azienda cinese Leapmotor, presentati alla stampa in questi giorni. Per il momento, però, almeno una delle due vetture, la più piccola, non verrà assemblata in Italia, dove soprattutto Mirafiori soffre l’assenza di nuove produzioni, ma in Polonia, nello stabilimento di Tichy. Insomma, Stellantis altrove, certo non a Torino”.