Un commento in risposta all’intervento del professor Celotto su La Repubblica. Le università telematiche non rappresentano un unicum. Per telematico si intende il metodo di erogazione. Sulla qualità dell’insegnamento e della proposta formativa bisogna valutare i singoli casi…
Nella lettera a Repubblica di venerdì 25 luglio, il costituzionalista Alfonso Celotto ripercorre i “binari” costituzionali e legislativi che hanno portato alla nascita delle università telematiche nel nostro Paese; interviene in maniera laica nel dibattito sulle telematiche e rifiuta, bollandola come misoneismo, la contrarietà apriorista verso queste università.
PUBBLICO E PRIVATO NEL SISTEMA UNIVERSITARIO
Uno dei punti incontrovertibili, ben sottolineato da Celotto, è che il sistema di istruzione italiano poggia su due gambe, una pubblica e una privata. A fianco delle università pubbliche, finanziate quindi dallo Stato, ci sono infatti anche università presenziali private legalmente riconosciute, così come ci sono università digitali legalmente riconosciute. Ciò significa che lo Stato non solo tollera la presenza del privato, ma ne riconosce, in nome del pluralismo, anche il valore, tanto è vero che il titolo rilasciato da pubbliche e private riconosciute ha identico valore legale.
LA SCELTA DELLO STUDENTE COME METRO DI VALUTAZIONE
Chiarito quindi che il privato non è nemico del bene comune, occorre ora distinguere fra privato e privato, ma questo vale sia per le università presenziali sia per quelle telematiche. Chi è che ne decide il valore specifico se lo Stato riconosce a tutte lo stesso valore legale? Lo studente, il quale è cliente di quella università e la sceglie perché la reputa, per le proprie esigenze, migliore rispetto alle altre. Giudicare, o peggio svilire, la scelta di formazione di uno studente è come giudicare, o svilire, la scelta latu sensu culturale dello stesso studente elogiandolo, o rimproverandolo, se in libreria preferisce un autore rispetto ad un altro, se al cinema predilige un regista rispetto ad un altro, se al museo si sofferma sulle opere di un artista piuttosto che di un altro e così via.
LE DICHIARAZIONI DI CONFINDUSTRIA: UN (DOPPIO) ERRORE DI PROSPETTIVA
Ecco perché le recenti dichiarazioni del presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, che ha promesso di fare “una grande lotta contro l’università telematica” sono doppiamente sbagliate. Sbagliate perché da un lato non si può affermare che esista solo una università telematica, dal momento che ve ne sono 11; telematica, al singolare, è solo la modalità di erogazione dei prodotti formativi. Dall’altro lato perché non si può chiamare “lotta” ciò che invece occorrerebbe più correttamente chiamare competizione, concorrenza.
CHI CONTROLLA LE TELEMATICHE
A maggior ragione, è necessario parlare di telematiche al plurale quando si fa riferimento alla qualità dei diversi atenei. Se proprio occorre fare la lotta a qualcuno, allora occorre avere come obiettivo chi gioca “sporco”, per usare un termine calcistico, ma questo compito spetta agli arbitri, Ministero e Anvur, non alle squadre in campo, e infatti gli arbitri controllano, valutano e si esprimono caso per caso. L’Agenzia nazionale di valutazione del sistema Universitario e della Ricerca svolge infatti visite periodiche di accreditamento attraverso la Commissione di esperti della valutazione (CEV) proprio per garantire la qualità dell’offerta formativa.
NON TUTTE LE TELEMATICHE SONO UGUALI
Il risultato non solo non è scontato, ma non è affatto uguale per ciascuna delle telematiche: ci sono giudizi che vanno da “non soddisfacente” al “parzialmente soddisfacente” e dal “soddisfacente” al “pienamente soddisfacente”. In alcuni casi i giudizi di talune telematiche sono migliori di quelli di alcune presenziali. C’è quindi, ribadiamolo, università telematica e università telematica, così come c’è università pubblica e università pubblica.
CHI PUNTA ALL’ECCELLENZA, CHI ALL’APPARENZA
Fra le telematiche ci sono quelle che investono ingenti risorse nella ricerca e nella terza missione ed altre invece che preferiscono investire in pubblicità; c’è chi si fa conoscere perché riesce ad aggiudicarsi bandi per progetti europei ed internazionali, chi invece lo fa trasmettendo spot pubblicitari durante le competizioni sportive europee ed internazionali. Ci sono università telematiche che si sottopongono al giudizio delle agenzie internazionali di ranking universitari, ottenendo il massimo punteggio, e ci sono altre telematiche che preferiscono evitarlo. Ci sono università telematiche dove gli esami, per usare un linguaggio studentesco, sono “tosti” e altre in cui sono “a crocette”. Le aziende private lo sanno benissimo ed infatti non si accontentano di sapere se il candidato si sia laureato in una telematica o in una pubblica, ma vogliono sapere in quale telematica, proprio perché non tutte sono uguali.
CGIL E CONFINDUSTRIA, FRONTE COMUNE CONTRO IL FUTURO?
Per tornare alla presa di posizione di Orsini, anche la Cgil ha scelto parole analoghe a quelle del presidente di Confindustria, auspicando la creazione di un “largo fronte” per portare fino in fondo “questa battaglia” contro le telematiche. Surtout pas trop de zèle, verrebbe da dire prendendo in prestito l’espressione da Talleyrand: in un periodo in cui ci sono tante guerre, purtroppo vere, occorrerebbe un confronto più sereno e soprattutto volgere lo sguardo un po’ meno alle cronache quotidiane e un po’ più al futuro.
LAVORATORI CHE STUDIANO, NON STUDENTI CHE LAVORANO
La formazione continua, per gli iscritti agli ordini professionali, è già un obbligo di legge, e il lifelong learning diventerà sempre più una necessità per molti, se non proprio per tutti. E come fa un lavoratore, ma pensiamo anche ad un caregiver, a frequentare un corso di studio o un master in presenza se durante il giorno è oggettivamente impossibilitato.
Anche qui occorre capirsi sui termini, perché non siamo in presenza di studenti-lavoratori, che sono in preponderanza soggetti giovani che durante la giornata studiano, e potrebbero seguire le lezioni in presenza, e la sera e nei weekend lavorano per potersi mantenere durante gli studi; nelle università telematiche siamo soprattutto in presenza non di studenti-lavoratori, ma di lavoratori che studiano, ovvero soggetti non necessariamente giovanissimi che durante il giorno lavorano, e non potrebbero quindi frequentare le lezioni, e sfruttano, ma direi sacrificano, le ore serali e i weekend per studiare.
CHI SA CONCILIARE LAVORO E STUDIO VINCE LA NUOVA COMPETIZIONE FORMATIVA
Di questo c’è consapevolezza anche nelle università “tradizionali”, tanto è vero che molti master sono tenuti il venerdì pomeriggio e il sabato mattina, talvolta in modalità mista, in presenza e online, proprio per consentire ai lavoratori di potervi partecipare. Questa è la domanda alla quale necessariamente si dovrà dare una risposta, a maggior ragione in un Paese, come l’Italia, che è agli ultimissimi posti in Europa per numero di laureati: come conciliare i tempi della vita quotidiana e professionale con quelli dello studio e della formazione? Chi sarà in grado di rispondere meglio degli altri avrà vinto la “battaglia”.