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Verso un Mou sulla Nuova Via della Seta
L’approfondimento di Ferdinando Nelli Feroci, presidente dello Iai, sull’imminente arrivo in Italia del presidente cinese Xi Jinping per discutere il Mou sulla Nuova Via della Seta
Come già per molte iniziative di politica estera di questo Governo, anche l’imminente arrivo in Italia del presidente cinese Xi Jinping si prospetta all’insegna di polemiche, ambiguità e qualche contraddizione. Con il rischio che una visita che dovrebbe servire a consolidare un rapporto con il Paese che si appresta a diventare la prima potenza economica del mondo ( e che è già comunque uno dei grandi protagonisti sulla scena internazionale), si trasformi in un’ulteriore occasione di incomprensioni e frizioni con i partners tradizionali dell’Italia, Usa e Ue.
LA BELT AND ROAD INITIATIVE: COS’E’ E CHI CI STA FINORA IN EUROPA
I fatti sono noti. E se ne è scritto molto in questi giorni sulla stampa nazionale ed estera. Nella prospettiva della visita in Italia di Xi Jinping Italia e Cina hanno avviato un dialogo per arrivare alla firma solenne di un Memorandum of Understanding (MoU) che dovrebbe definire i termini e le condizioni della partecipazione dell’Italia alla Belt and Road Initiative (Bri), la nuova Via della Seta, il progetto strategico con il quale il Governo cinese si propone di realizzare una grande via di comunicazione terrestre e marittima in grado di collegare la Cina all’Asia Centrale e all’Europa.
Fin qui niente di nuovo. Anche il precedente Governo aveva manifestato interesse e aperture nei confronti della Bri. Lo stesso premier Paolo Gentiloni (unico tra i capi di governo del G7, ma non unico europeo) aveva partecipato al Forum sulla Bri organizzato dalla autorità cinesi a Pechino nel maggio 2017. D’altra parte finora ( e perlomeno fino all’autunno scorso) non era stato avviato nessun serio coordinamento in sede europea sulla partecipazione alla Bri. E nell’assenza di un linea comune europea, ben 13 Paesi membri dell’Ue hanno nel frattempo firmato analoghi MoU con il governo cinese. Inoltre da tempo è operativo un Forum informale, noto come il ’16+1′, nel cui contesto la Cina dialoga con 16 Paesi dell’Europa Centro-Orientale e dei Balcani Occidentali sul tema della Bri.
CAMBIA L’ATTEGGIAMENTO VERSO LA CINA DI USA E UE
Nel frattempo però qualcosa è cambiato in Occidente nei confronti della Cina, soprattutto da quando l’Amministrazione americana ha preso di mira la Cina come avversario strategico. E’ infatti nel contesto di una competizione per la leadership a livello globale che si spiega l’offensiva Usa per ottenere (anche con la minaccia di misure restrittive unilaterali) una sostanziosa correzione del deficit commerciale; che si possono capire il tentativo americano di limitare l’accesso ai mercati occidentali dei giganti cinesi delle telecomunicazioni e le ripetute messe in guardia sui rischi che la Cina presenta per la sicurezza nazionale; e infine che si giustifica l’attacco alla Bri, individuata come un tentativo neppure troppo scoperto delle autorità cinesi di imporre una strategia di penetrazione politica, sotto le mentite spoglie di un progetto di rafforzamento della connettività.
Anche in Europa l’atteggiamento nei confronti della Cina ha nel frattempo subito una evoluzione. E’ cresciuta la percezione che la Cina da gigante economico si sta trasformando in gigante politico; e che negli ultimi anni il potere economico e l’influenza politica cinesi sono cresciuti ad un ritmo tale da far ritenere che Pechino non nasconda più le ambizioni di divenire una potenza globale a tutti gli effetti. E con la mutata percezione sono aumentate anche le richieste europee alla Cina: per maggiore corresponsabilità nella gestione dell’ordine internazionale, per un maggiore rispetto della ‘rule of law’ e infine per una rapporto economico e commerciale più equilibrato e basato su trasparenza e reciprocità. E tutto questo in una situazione in cui aumentano le sempre più esplicite pressioni americane sul tema dell’accesso di Huawei e Zte alle reti europee di telecomunicazioni di nuova generazione.
LA PREPARAZIONE DELLA VISITA DI XI TRA APPROSSIMAZIONE E CONFUSIONE
In questo problematico contesto internazionale la preparazione della visita di Xi Jinping in Italia si è sviluppata all’insegna di una certa approssimazione e di qualche confusione. Il testo del MoU è stato mantenuto confidenziale fino a qualche giorno fa, alimentando le consuete e ricorrenti polemiche fra i due partiti che compongono la maggioranza di governo.
Solo tardivamente il presidente del Consiglio Giuseppe Conte è intervenuto per dare una idea della portata delle intese che si dovrebbero concludere in occasione delle visita. E ha cercato di rassicurare americani ed europei sulla circostanza che la questione dell’accesso dei giganti cinesi del web alla reti italiane di telecomunicazioni non sarebbe stata coperta dall’accordo (e restava quindi impregiudicata).
Infine, per una curiosa e ritengo fortuita circostanza, la bozza del MoU è stata resa nota lo stesso giorno in cui la Commissione europea presentava al Parlamento europeo e al Consiglio dei Ministri dell’Ue un documento di strategia, che dovrebbe essere poi adottato dal Consiglio europeo e che definisce le grandi linee di un approccio condiviso che la Ue e gli Stati membri dovrebbero adottare nei confronti della Cina. Un documento che, occorre precisare, non contiene nessuna messa in guardia esplicita all’Italia, ma che nondimeno elenca una serie di cautele e di misure di garanzia che gli Stati membri dovrebbero adottare nel definire le loro relazioni con la Cina.
LE DIFFERENZE DI APPROCCIO TRA ITALIA ED UE
Ora se andiamo a confrontare i due testi colpisce la differenza nei toni oltre che nei contenuti. Apparentemente circoscritto al tema della partecipazione italiana alla Bri, e comunque privo di effetti giuridicamente vincolanti, il MoU è in effetti un documento programmatico molto ambizioso che delinea una sorta di partenariato strategico di ampio respiro che copre un numero impressionante di settori: commercio, investimenti, finanza, trasporti, logistica, infrastrutture, connettività, sviluppo sostenibile e mobilità delle persone fino alla cooperazione in Paesi terzi.
Molto più prudente il documento europeo, che pone l’accento sulle condizioni e sulle garanzie che gli europei dovrebbero ottenere dalla Cina nel quadro di un partenariato strategico: rispetto dei diritti fondamentali e della ‘rule of law’, reciprocità nel commercio e negli investimenti, maggiore apertura del mercato interno cinese, accesso agli appalti pubblici, un ‘level playing field’ che riduca gli effetti distorsivi dei sussidi alle imprese pubbliche cinesi e assicuri alle imprese europee eque condizioni di concorrenza e massima vigilanza sulla sicurezza delle reti di telecomunicazioni di nuova generazione.
Due approcci sicuramente diversi, anche se non necessariamente in contraddizione, che hanno fatto sorgere, a mio avviso erroneamente, l’impressione che l’Ue voglia contrastare l’iniziativa del Governo italiano. In realtà si sarebbe potuto evitare questo equivoco solo se il Governo si fosse mosso per tempo con maggiore trasparenza sia nei confronti dei partner europei e della Commissione, ma anche e soprattutto dell’Amministrazione Usa.
Ciò premesso, e dato per scontato che il MoU sulla Bri sarà firmato in occasione della visita di Xi, ora la partita più delicata si rischia di doverla giocare sul tema molto sensibile delle preoccupazioni americane in materia di sicurezza per le reti di telecomunicazioni. E almeno su questo aspetto avremmo tutto l’interesse a muoverci per tempo in un quadro europeo, promuovendo la definizione di una linea comune fra Paesi membri della Ue, da utilizzare sia nei confronti di Washington che di Pechino.
Articolo pubblicato su Affariinternazionali.it