L’Intervista a Giorgio Gori (PD) di Carlo Garzia per Policy Maker
La lentezza con la quale il centrodestra sta procedendo all’individuazione dei candidati a presidente di Regione potrebbe giovare a quelli del centrosinistra che, già in campo, hanno più tempo per far conoscere le proprie proposte agli elettori. La pensa così Giorgio Gori, europarlamentare eletto con più di 210 mila preferenze, esponente di primissimo piano del Pd e fra i nomi e volti più noti dell’ala moderata dei dem, a conferma della sua vocazione laica e riformista sin dall’età giovanile.
Il centrosinistra ha già individuato i candidati alla carica di presidente delle Regioni che andranno al voto quest’anno. Il centrodestra, invece, continua a rinviare. In che modo può tradursi in un vantaggio per la vostra coalizione?
Io credo che possa rappresentare un vantaggio, soprattutto nella misura in cui i candidati del centrosinistra hanno la possibilità di presentare al meglio il proprio programma ai cittadini. La fatica con cui il centrodestra, tra l’altro, sta provando a definire un accordo sulle prossime Regionali direi che rappresenta la prova dell’esistenza di divisioni molto più profonde di quanto appaiano all’interno della coalizione FdI-FI-Lega.
Nel 2000, dopo la vittoria del centrodestra alle regionali, D’Alema si dimise da presidente del Consiglio. L’esito delle elezioni regionali di quest’anno potrebbe incidere sulla tenuta del Governo e della maggioranza?
No, direi proprio di no. Non mi aspetto particolari scossoni sulla tenuta del Governo, indipendentemente dal risultato delle prossime elezioni regionali.
A proposito di D’Alema, in occasione della recente parata militare a Pechino, alla quale era presente, ha dichiarato di sperare che da lì possa venire un messaggio di pace. Lei pensa che da una impressionante sfilata militare, al cospetto di taluni noti dittatori, possa davvero arrivare un messaggio di pace?
Decisamente no. Anzi.
Il riarmo dell’Europa, o se preferisce l’aumento delle capacità difensive della Ue, è un tema che divide, trasversalmente sia il centrosinistra sia il centrodestra. Nel vostro schieramento, però, e all’interno del suo partito, il Pd, le divisioni sembrano essere più numerose e più profonde. Se doveste vincere le politiche, vi troverete necessariamente a dover avere una posizione unitaria. Quale sarà o quale auspica?
Innanzitutto io penso che continuare ad assicurare il nostro sostegno all’Ucraina sia un tema dirimente. Da qui ha origine la necessità di rafforzare le nostre capacità di difesa. Credo che siamo tutti convinti che sia necessario costruire una difesa comune europea. Sarà però un processo lungo, da realizzare progressivamente: auspico, quindi, che quello voluto dalla Commissione europea in questi mesi sia solo il primo passo di questo percorso.
Si parla con più insistenza di una possibile riforma della legge elettorale. Voi parlamentari europei siete eletti con un sistema proporzionale e con le preferenze. Crede che sia auspicabile, o comunque possibile, che si vada in questa direzione anche per le elezioni politiche nazionali?
Non mi sembra uno scenario realistico. La legge elettorale di cui si parla in queste settimane riproduce quella in vigore per le elezioni regionali e, se da un lato abolirebbe i collegi uninominali, dall’altro mantiene un forte premio di maggioranza per la coalizione che vince le elezioni. Tutta un’altra storia rispetto al sistema di voto per le Europee.