Skip to content

ads
Centinaio

Regionali, parla Centinaio (Lega): “Servono nomi per governare e non solo per vincere”

Intervista a Gian Marco Centinaio, senatore della Lega e vicepresidente di Palazzo Madama: dal ruolo di Vannacci alla battaglia per l’autonomia, fino al futuro della Lega e del centrodestra in Veneto e Lombardia.

Gian Marco Centinaio è uno che la Lega Nord l’ha vista nascere. Iscritto al movimento di Umberto Bossi dal lontano 1990, ha fatto la gavetta, come un tempo era richiesto a tutti i leghisti, passando dai comitati di quartiere al consiglio comunale di Pavia, sua città natale, fino a diventarne assessore e vicesindaco. Poi parlamentare, capogruppo, sottosegretario e ministro fino all’attuale scranno di vicepresidente di Palazzo Madama.

Senatore Gian Marco Centinaio, la candidatura del generale Vannacci è stata positiva per la Lega in termini elettorali alle ultime europee, ma la sua presenza nel partito, come vicesegretario, e i ‘Team Vannacci’ della sua associazione, non sono troppo ingombranti per i leghisti “doc” come lei?

La Lega ha da oltre trent’anni la propria identità di partito-sindacato dei territori, prima al Nord e ora, grazie all’intuizione di Matteo Salvini, in tutta Italia. Libertà, autonomia e federalismo sono le parole che erano scritte sulla mia prima tessera della Lega, nel 1990, e sono quelle che porto nel cuore e nella mia attività politica ancora oggi. Chi si iscrive al nostro movimento e, ancor di più, chi lo rappresenta nelle Istituzioni o come dirigente lo fa perché ha deciso di abbracciare questi valori. Ciascuno può portare il proprio personale contributo, ma il DNA di un partito, come quello di una persona, non cambia. La Lega è e rimane la Lega, cosa siano e cosa vogliano rappresentare questi Team non lo so e non mi riguarda.

Il rilancio dell’autonomia differenziata da parte del ministro Calderoli sembra essere stato un lampo estivo: già sembra sparita nuovamente dal dibattito. Invece del ponte sullo Stretto di Messina il ministro Salvini ne parla ogni giorno, o quasi. Per lei qual è la priorità per il partito e per il Paese?

L’agenda politica del governo o di un partito è molto più ampia delle pagine di un giornale. Matteo Salvini è il ministro delle Infrastrutture e parla giustamente di strade, ferrovie e ponti, ma questo non vuol dire che trascuri le priorità della Lega. Roberto Calderoli, come ministro per gli Affari Regionali, è riuscito a far approvare per la prima volta in Italia una legge quadro sull’Autonomia differenziata e sta portando avanti il percorso per attuarla. Per la Lega questa è una battaglia identitaria e certo non intendiamo mollare proprio adesso che possiamo contare su un governo solido, un ministro capace e un iter che non è mai stato così avanzato. Si possono sottoscrivere presto i primi accordi con le Regioni rispettando i paletti della legge, della Costituzione e della Corte Costituzionale, poi verrà anche il resto.

Le elezioni regionali si avvicinano, ma nel centrodestra si continua a rimandare il summit fra i leader per la scelta dei candidati alla carica di presidente di alcune Regioni. Si ostentano sicurezza e unità, ma intanto i nomi ancora non ci sono. Come mai?

Faccio notare che anche a sinistra hanno i loro problemi: il Partito democratico è ostaggio dei Cinquestelle e dei capibastone che comandano sul territorio e non riesce a liberarsi, se non dando loro quello che vogliono. Il centrodestra invece sta facendo un ragionamento complessivo, per trovare un equilibrio che stia bene a tutti. Io non siedo al tavolo dei leader di partito ma, se posso dire la mia, starei ben attento a trovare i nomi più adatti non solo per vincere le elezioni, ma anche per governare subito dopo. La Lega, da questo punto di vista, può dare un grande contributo, grazie a una classe dirigente e di amministratori capace, diffusa e ben radicata, a partire dal Veneto. Chi ha governato negli ultimi cinque anni mette la propria faccia sui risultati ottenuti e viene valutato a partire da quelli. Per questo non voglio credere a presunti scambi o riequilibri tra una Regione e l’altra, che non avrebbero alcun senso.

Fratelli d’Italia, dati delle ultime europee, è primo partito della coalizione di centrodestra sia in Veneto sia in Lombardia, un tempo vostre roccaforti. Sembra poco realistico quindi che possa cedere alla Lega la guida di entrambe. Come finirà e quale delle due Regioni è per voi irrinunciabile?

Ripeto, guardiamo i risultati. Luca Zaia, Attilio Fontana e, aggiungo, Massimiliano Fedriga sono in testa a quasi tutti i sondaggi di gradimento relativi ai presidenti di Regione. Qualcosa di buono avranno fatto… Io resto convinto che sarebbe stato giusto consentire a Zaia di candidarsi per un terzo mandato e spero che i nostri alleati, e non solo, abbiano un ripensamento su questo tema per il futuro. Adesso però la domanda è un’altra: vogliamo buttare a mare il vantaggio dato dal buon governo in queste Regioni? Spero che il confronto nella coalizione parta da questo punto.

Alle ultime politiche il centrodestra ha vinto anche per la divisione degli avversari. Un centrosinistra ‘allargatissimo’ sarebbe invece più competitivo e, con l’attuale legge elettorale, i risultati nei collegi uninominali sarebbero tutt’altro che scontati. Prevede una modifica alla legge elettorale prima della fine della legislatura e, se sì, in che direzione?

Non so dire se ci sarà una nuova legge elettorale. Ammetto che mi appassionano poco le proiezioni di risultati fatte a due anni dal voto, sulla base solo di sondaggi e di coalizioni al momento inesistenti. Io mi metto dalla parte dei cittadini e penso che trovarsi sulla scheda un nome chiaro da votare, preferibilmente del proprio territorio, li aiuti a scegliere meglio. Io sono stato eletto in un collegio uninominale e sapere che, quando esco di casa, posso guardare in faccia i miei elettori (e viceversa) mi dà più responsabilità e anche più orgoglio. Spero che questo non cambi.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
ads
Torna su