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Carri di Gedeone

I “Carri di Gedeone” su Gaza: che cos’è l’operazione dell’Idf e da dove viene il nome

Operazione Carri di Gedeone: Netanyahu e l’Idf scelgono un nome ricco di implicazioni simboliche per l’offensiva su larga scala lanciata negli ultimi giorni sulla Striscia di Gaza, provando a dare una lettura ben distante dalla realtà sul campo.

Un nome antico per una guerra moderna. L’operazione “Carri di Gedeone”, scattata ieri alle 15.30, affida al simbolismo biblico il compito di legittimare una campagna militare senza precedenti. Ma dietro il richiamo alla vittoria miracolosa di pochi giusti contro le torme di oppressori, si staglia una realtà ben più drammatica: una Striscia sotto assedio, civili in fuga, e un’emergenza umanitaria fuori controllo.

L’ORIGINE DEL NOME

Il riferimento biblico s’inserisce nella tradizionale strategia adottata dal governo di Netanyahu dal 7 ottobre 2023 in poi: trasmettere il messaggio che Israele agisce per difendersi in risposta a una minaccia esistenziale. Una lettura, però, in aperto contrasto con le immagini drammatiche che giungono dalla Striscia: città ridotte in macerie, ospedali colpiti, famiglie in fuga, fame e disperazione.

Nel caso specifico, si evoca uno dei miti fondativi dell’ebraismo, racchiuso nel racconto biblico del Libro dei Giudici, capitoli 6-8: la vittoria dei pochi e oppressi israeliti, guidati dal condottiero Gedeone, contro le schiere di Madianiti che imperversavano su Israele, opprimendo e affamando la popolazione.

Secondo la Bibbia, Dio volle ridurre l’esercito di Gedeone da 32.000 a soli 300 uomini per dimostrare che la vittoria era possibile solo attraverso la fede, con l’aiuto dell’astuzia e dell’effetto sorpresa, piuttosto che con la forza bruta.

Quanto ai “carri”, non ci sono riscontri nel racconto biblico: gli uomini di Gideone utilizzarono trombe, brocche vuote e torce per confondere l’esercito nemico. Quasi un paradosso se commisurato alla potenza militare di cui dispone l’attuale esercito israeliano.

CHE COS’È L’OPERAZIONE CARRI DI GEDEONE

Ufficialmente, l’operazione mira a neutralizzare Hamas, liberare gli ostaggi israeliani ancora detenuti nella Striscia, garantire un controllo duraturo sui confini, spingere la popolazione (2,3 milioni di persone) verso il sud. Ma non è un mistero che Netanyahu stesso intenda l’operazione come una vera e propria invasione della Striscia.

Nel fine settimana, l’esercito ha esteso l’operazione al nord e al sud verso Gaza, Khan Younis e Deir el-Balah. Le azioni sul terreno includono massicci bombardamenti aerei, l’impiego di carri armati nelle zone urbane, operazioni delle forze speciali e una stretta logistica sulle vie di accesso, in particolare nella zona di Rafah, oggi epicentro dell’emergenza umanitaria.

Tra sabato e domenica sono stati uccisi almeno 135 palestinesi, di cui 5 giornalisti. Numeri che continuano ad aumentare: stamane Al Jazeera riferiva di almeno 23 morti nelle prime ore della giornata. L’Idf parla invece di 160 obiettivi terroristici colpiti nelle ultime 24 ore. Secondo Al Arabiya, nelle operazioni sarebbe rimasto ucciso uno degli ultimi comandanti di Hamas, Mohammed Sinwar, ma sulla notizia manca ancora la conferma dell’esercito israeliano.

Sotto attacco l’ospedale indonesiano di Beit Lahiya, con i pazienti costretti all’evacuazione in barelle e sedie a rotelle. Nel frattempo, agli abitanti di Khan Younis, seconda città di Gaza per estensione, è stato intimato di lasciare immediatamente le abitazioni e dirigersi verso al-Mawasi, in vista di un attacco “senza precedenti”. Lo ha annunciato in un post su X il colonnello delle Forze di Difesa israeliane e portavoce dell’esercito in lingua araba Avichay Adree.

APERTURA AGLI AIUTI UMANITARI?

Nel frattempo, dopo oltre 70 giorni dal blocco degli aiuti umanitari, Netanyahu ha annunciato che permetterà l’ingresso di “una minima quantità di cibo per la popolazione”. La distribuzione sarà affidata momentaneamente a organizzazioni internazionali, in attesa che Usa e Israele approntino “un nuovo meccanismo”. Il riferimento è all’ipotesi di privatizzazione degli aiuti, che nelle ultime ore ha ricevuto l’ennesima bocciatura della comunità internazionale e dell’Unione Europea, che attraverso la commissaria per la gestione delle crisi Hadja Lahbib invoca “principi imparziali, neutrali e indipendenti”.

Intanto, un funzionario dell’Onu prevede l’entrata di 20 camion nella Striscia nella giornata odierna, ma l’Oms denuncia una situazione disastrosa, con “due milioni di persone che muoiono di fame, mentre 116mila tonnellate di cibo sono bloccate al confine, a pochi minuti di distanza”.

A Doha Hamas è tornato al tavolo dei negoziati mediati da Stati Uniti, Qatar ed Egitto. Secondo Netanyahu adesso si starebbe discutendo anche la fine della guerra e il rilascio di tutti gli ostaggi sulla base delle proposte avanzate dall’inviato speciale Usa Witkoff.

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