Jonathan Peled è stato convocato dal ministro Tajani dopo i fatti di Jenin
Dopo il fuoco aperto dall’esercito israeliano su una delegazione diplomatica europea in visita al campo di Jenin, in Cisgiordania, in cui è rimasto coinvolto anche il viceconsole italiano Alessandro Tutino, il ministro Tajani ha deciso di convocare l’ambasciatore israeliano a Roma. Si tratta di Jonathan Peled.
IL PROFILO DELL’AMBASCIATORE PELED
Nominato ambasciatore in Italia e San Marino nel settembre 2024, Peled è un diplomatico di lungo corso. Dal 2021 al 2024 ha guidato la Divisione America Latina e Caraibi del Ministero degli Esteri israeliano. In precedenza, ha rappresentato Israele come ambasciatore in Messico (2015-2019), in El Salvador (2004-2006), e ad interim in Australia. Ha inoltre ricoperto ruoli chiave come portavoce del Ministero degli Esteri e consigliere politico del presidente della Knesset. Esperto di diplomazia pubblica, media e comunicazione, ha una solida esperienza in ambito economico e un’approfondita conoscenza delle Americhe. Ha partecipato direttamente ai negoziati di pace israelo-palestinesi successivi agli Accordi di Oslo.
Nato a Gerusalemme e cresciuto nel kibbutz Neot Mordechai, Peled è laureato in Scienze Politiche ed Economia presso l’Università di Tel Aviv. Dopo una carriera militare nell’Aeronautica israeliana, dove ha raggiunto il grado di Maggiore, è entrato nel Ministero degli Esteri nel 1992. Da allora ha servito in Turchia, Argentina, Stati Uniti, Germania e Austria, sviluppando una rete di relazioni internazionali e una profonda conoscenza del contesto globale. Parla fluentemente ebraico, inglese, spagnolo e tedesco, ed è stato insignito dell’onorificenza “Orden Nacional José Matías Delgado” da El Salvador per il suo impegno diplomatico.
LE PAROLE DI PELED SU GAZA
Intervistato nelle scorse ore dall’Agi, Peled ha spiegato il nuovo meccanismo di distribuzione degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza, dopo la riapertura al transito dei camion decisa dal governo israeliano. Il sistema sarà gestito dalla Gaza Humanitarian Foundation, un ente svizzero-americano, con l’obiettivo di evitare che gli aiuti finiscano nelle mani di Hamas.
Peled ha chiarito che il meccanismo è ancora in fase di messa a punto, ma si sta strutturando per funzionare “senza intoppi” nel giro di pochi giorni. Ha inoltre escluso la partecipazione dell’Unrwa – l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi – spiegando che Israele ha bandito le sue attività. Ha invece sottolineato l’importanza di una cooperazione con attori internazionali affidabili, tra cui l’Italia, elogiata per il programma Food for Gaza.
IL RAPPORTO CON GLI STATI UNITI E LA MINACCIA IRANIANA
Peled ha respinto le ipotesi di un raffreddamento nei rapporti con gli Stati Uniti, definendoli “l’alleato strategico e l’amico più caro” di Israele. Pur riconoscendo differenze di opinione su alcune scelte operative – come i negoziati con l’Iran o i contatti indiretti con Hamas – l’ambasciatore ha ribadito l’unità di intenti sul piano strategico: impedire che Teheran acquisisca capacità nucleari.
A questo proposito, ha sottolineato la necessità di mantenere “tutte le opzioni sul tavolo”, comprese quelle militari, descrivendo l’Iran come “un Paese ingannevole, bugiardo e pericoloso”. L’ambasciatore ha ricordato anche l’importanza degli Accordi di Abramo e dei legami crescenti con Paesi arabi moderati, indicando l’Arabia Saudita come partner naturale nel processo di normalizzazione. Secondo Peled, il massacro del 7 ottobre sarebbe stato anche un tentativo di sabotare questo processo.