Stretta sulla concessione della cittadinanza italiana agli “italo-discendenti”. Il prossimo passo è la riforma del voto per gli italiani all’estero, con buona pace della Legge Tremaglia
La Camera dei deputati ha approvato il decreto legge che ha introdotto una stretta sulla concessione della cittadinanza italiana agli “italo-discendenti” nati all’estero. Quest’ultimi potranno ereditare la cittadinanza italiana per ‘ius sanguinis’ solo per due generazioni. Quindi potrà essere cittadino italiano solo chi ha almeno un genitore o un nonno nato in Italia che abbiano, o abbiano avuto, ‘esclusivamente’ la cittadinanza italiana o siano residenti in Italia almeno da due anni continuativi prima della nascita del figlio. Inoltre, non acquista la cittadinanza italiana chi è nato all’estero ed è contemporaneamente in possesso della cittadinanza di un altro Stato.
FONDAZIONE MIGRANTES: DAL 2006 LA PRESENZA DEGLI ITALIANI ALL’ESTERO È RADDOPPIATA
Secondo le ultime rilevazioni della Fondazione Migrantes dal 2006 la presenza degli italiani all’estero è raddoppiata (+97,5%) arrivando a oltre 6,1 milioni di cittadini iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’estero (AIRE). “Negli ultimi 10 anni le iscrizioni all’AIRE per la sola motivazione espatrio sono state 1.179.525 – si legge nel rapporto della Fondazione Migrantes -. Di questi, come la narrazione prevalente testimonia, la maggior parte sono giovani tra i 18 e i 34 anni (circa 471 mila) o giovani adulti (poco più di 290 mila). Oltre 228 mila sono i minori – a significare che sempre più italiani partono con la famiglia o “mettono su famiglia” all’estero – e più di 30 mila sono over 65enni. A tali partenze, che non hanno solo una motivazione professionale, non corrispondono però altrettanti “ritorni” ma, piuttosto, una desertificazione dei territori. L’estero ha sostituito l’ascensore sociale bloccatosi negli anni Novanta”. Il decreto interessa potenzialmente le loro famiglie allargate, fino alla seconda generazione.
DI GIUSEPPE: “NON SI VOTERÀ PIÙ PER CORRISPONDENZA”
La maggioranza non sembra avere intenzione di fermarsi alla modifica delle norme sulla concessione della cittadinanza. “Faremo una riforma sicuramente entro le prossime politiche – annuncia Andrea Di Giuseppe, deputato di FdI, curatore del dossier sulla norma, all’Huffpost – Ci sono diverse ipotesi in campo che ruotano intorno al voto in presenza e al voto elettronico. Una cosa ci è chiara, non si voterà più per corrispondenza com’è avvenuto in passato. È un sistema troppo opaco. Non va”. E pensare che quello che voto per gli italiani residenti all’estero fu una battaglia proprio della destra italiana.
IL DIRITTO DI VOTO PER GLI ITALIANI RESIDENTI ALL’ESTERO: LA LEGGE TREMAGLIA
A garantire il diritto al voto dei cittadini italiani residenti all’estero è il comma 3 dell’articolo 48 della Costituzione italiana. Tuttavia, gli emigrati italiani che vogliono esercitare il diritto di voto devono registrare la propria residenza all’estero presso il consolato di competenza ed iscriversi all’AIRE (Anagrafe degli italiani residenti all’estero). Non solo. Fino al 2001, potevano votare solo se riuscivano a recarsi fisicamente nel comune presso le cui liste elettorali risultavano iscritti. A intervenire su tale norma che, di fatto, impediva il godimento del diritto di voto, fu nel 2001 la cosiddetta legge Tremaglia, dal nome di Mirko Tremaglia (AN), dal 2001 al 2006 ministro per gli italiani nel mondo.
VOTO PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO: COME FUNZIONA
Il provvedimento che porta il suo nome ha stabilito le modalità di esercizio del diritto di voto per le elezioni del Parlamento italiano e per il voto per i referendum nazionali da parte dei connazionali residenti fuori dai confini nazionali. A loro è attribuita una circoscrizione dedicata, la circoscrizione estero, a cui sono assegnati otto seggi per la Camera dei deputati e quattro per il Senato della Repubblica (prima della riforma costituzionale sul taglio del numero del numero dei parlamentari erano 12 deputati e 6 senatori). Una delle innovazioni più significative della legge Tremaglia riguardava la modalità di voto per corrispondenza. Se in passato gli italiani all’estero erano costretti a rientrare nei propri comuni di iscrizione AIRE per poter votare, la riforma ha introdotto la possibilità di votare direttamente dal paese di residenza, grazie alla collaborazione dei consolati. Rimane comunque la possibilità, su richiesta, di votare in Italia.