Skip to content

Stretto di Hormuz

Perché lo Stretto di Hormuz è cruciale nella crisi Iran‑Israele: cos’è e le conseguenze di uno stop

L’Iran minaccia lo stop ai traffici nello Stretto di Hormuz, crocevia del commercio energetico mondiale. Assicurazioni delle navi in impennata, e mercati in allerta. Ecco cos’è e perché è così importante nel contesto dell’escalation con Israele

Teheran starebbe valutando di chiudere lo Stretto di Hormuz, porta d’accesso al Golfo Persico e collo di bottiglia cruciale per i traffici energetici mondiali, come contromisura in risposta agli attacchi subiti da Israele. Lo riporta l’agenzia di stampa russa Tass, citando un membro del parlamento iraniano.

CHE COS’È LO STRETTO DI HORMUZ

Si tratta di un braccio di mare largo 39 chilometri nel punto più stretto che separa l’Iran dalla penisola arabica. Diviso in corsie di navigazione, è l’unico passaggio marittimo tra il Golfo Persico e l’Oceano Indiano.

Secondo i dati dell’Agenzia internazionale dell’energia, da questo corridoio transitano ogni giorno circa 20 milioni di barili di greggio, circa il 30% del commercio mondiale, e il 20% gas naturale liquefatto (GNL), tra cui le forniture dal Qatar e dagli Emirati Arabi Uniti, cruciali per i Paesi europei dopo la crisi energetica con la Russia.

L’IPOTESI DEL BLOCCO

Bloccare lo stretto significherebbe quindi comprimere l’approvvigionamento energetico globale, far schizzare i prezzi e scatenare conseguenze economiche su scala planetaria. Non a caso, la sola minaccia di una sua chiusura fa tremare le borse.

ALLARME ROSSO SUI MERCATI, ASSICURAZIONI NAVI +60%,

Sul fronte delle materie prime, le minacce di blocco hanno già portato a una fiammata dei prezzi. Il petrolio Brent è vicino ai 78 dollari al barile, il gas europeo è aumentato del 5%, come riferisce lo stesso ministro Gilberto Pichetto Fratin.

Intanto, come riporta il Financial Times, che cita Marsh McLennan, il più grande broker assicurativo mondiale, i prezzi delle assicurazioni per le navi che attraversano lo Stretto di Hormuz sono aumentati di oltre il 60% nelle ultime settimane.

E nelle cancellerie occidentali inizia a serpeggiare il timore che, se la crisi dovesse protrarsi, possa alimentare una nuova ondata inflattiva in Europa e negli Stati Uniti.

UN’ARMA A DOPPIO TAGLIO

Paradossalmente, bloccare lo stretto danneggerebbe anche Teheran. L’Iran stesso esporta petrolio – è il terzo Paese al mondo per riserve di greggio – e il 90% del suo export attuale va in Cina. Chiudere Hormuz significherebbe rallentare i propri flussi energetici, in un momento in cui il Paese è già sotto pesanti sanzioni occidentali.

Ma l’effetto boomerang non sembra dissuadere del tutto i vertici iraniani. A pesare di più, nelle loro valutazioni, potrebbe essere la possibilità di colpire simultaneamente più fronti: Israele, gli Stati Uniti, i Paesi del Golfo, e le economie occidentali dipendenti dal petrolio mediorientale.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Torna su