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La Sicilia come il Portogallo? In arrivo la “fiscalità di sviluppo”

Dalle case a un euro ai coworking vista mare, la Sicilia ha spesso corteggiato investitori e nuovi residenti con mosse scenografiche, ma ora prova a cambiare passo: il Cdm ha recentemente approvato il decreto legislativo contenente norme di attuazione dello Statuto in materia di fiscalità di sviluppo. Tradotto: autonomia fiscale per accrescere l’attrattività, con il modello Portogallo in testa

Con l’approvazione del decreto legislativo da parte del Consiglio dei ministri, l’isola siciliana si appresta a riscrivere la propria storia fiscale, grazie all’attuazione di alcune norme dello Statuto speciale.

Un cambio di paradigma che promette, per la prima volta, una vera autonomia fiscale per la Regione Siciliana: potrà abbassare, rimodulare e in alcuni casi azzerare le aliquote di determinati tributi statali, prevedere detrazioni ed esenzioni per chi vive, lavora o investe sul territorio.

Non solo per attrarre pensionati stranieri, come ha fatto il Portogallo fino a qualche anno fa, ma anche per sostenere nuove imprese, favorire la coesione sociale, agevolare le fasce deboli della popolazione. È il cuore della cosiddetta “fiscalità di sviluppo”, un modello che segna un momento storico nell’attuazione concreta dell’autonomia finanziaria dell’isola.

L’ACCORDO DEL 2021 FINALMENTE PRENDE FORMA

La novità affonda le radici in un accordo firmato nel dicembre 2021 tra Stato e Regione, rimasto a lungo sulla carta. Ora, con l’intervento normativo, trova applicazione concreta. Le modifiche riguardano l’articolo 6 del D.P.R. 1074/1965, che disciplina le norme di attuazione dello Statuto siciliano in materia finanziaria.

L’ASS. DAGNINO: “LA REGIONE POTRÀ MODIFICARE LE ALIQUOTE DI ALCUNI TRIBUTI STATALI”

A spiegare i dettagli è l’assessore regionale all’Economia, Alessandro Dagnino: “Per la prima volta nella storia dell’autonomia, la Sicilia potrà definire una propria politica fiscale”. Nel nuovo scenario, la Regione potrebbe prevedere esenzioni e detrazioni su tributi statali, nei limiti della normativa nazionale ed europea. Ma anche concedere incentivi e contributi, persino sotto forma di compensazione fiscale.

Un cambio radicale, se si considera che fino a oggi la Regione poteva trattenere parte delle imposte raccolte sul territorio (sette decimi dell’IRPEF), ma senza poterle modulare. La potestà impositiva, infatti, restava saldamente nelle mani dello Stato. Oggi, quel muro si incrina.

IL PRESIDENTE DELLA REGIONE SCHIFANI: “PASSO STORICO”

A festeggiare è anche il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, che parla apertamente di “un passo storico, ottant’anni dopo l’adozione dello Statuto”.

Tra le misure ipotizzabili, agevolazioni fiscali per i pensionati stranieri che acquistano casa in Sicilia e vi trasferiscono la residenza, proprio come avvenuto con successo in Portogallo. Ma gli spazi di manovra sono più ampi: nomadi digitali, startupper e capitale umano qualificato, per invertire l’emorragia di cervelli e ripopolare territori sempre più svuotati.

IL MODELLO PORTOGALLO, MA CON CAUTELA

Il paragone con Lisbona è inevitabile. Per anni, il regime fiscale portoghese ha attirato migliaia di pensionati europei con esenzioni decennali, trasformando quartieri storici in oasi di rendita turistica. Con risultati economici, ma anche effetti collaterali: aumento vertiginoso degli affitti, espulsione dei residenti locali, proteste e tensioni sociali. Il governo portoghese ha poi ridimensionato il regime, riducendo i vantaggi per i nuovi arrivati.

La Sicilia deve essere consapevole del rischio: la nuova fiscalità non può essere basata sulla rendita, ma deve guardare all’identità e alla crescita del territorio. Non solo Wi-Fi tra i limoni, ma sviluppo industriale, edilizia sostenibile, servizi pubblici efficienti.

È qui che si gioca la vera sfida. Perché la politica fiscale non potrà limitarsi ad attrarre capitali. Dovrà costruire comunità, magari provando a riportare sull’isola chi ha lasciato per mancanza di opportunità. Deve evitare che i borghi diventino scenografie di passaggio per turisti con valigia a rotelle, e che i centri storici si svuotino di abitanti per riempirsi di bed and breakfast. Serve una sorta di “welfare fiscale” che rafforzi la coesione sociale, non un alimento per nuove disuguaglianze o fenomeni di turismo mordi e fuggi che nulla o poco lasciano al territorio.

IL PROSSIMO PASSO È UNA FINANZIARIA SICILIANA

Le risorse resteranno a carico del bilancio isolano. Su questo si misurerà la sostenibilità della nuova autonomia: non basterà annunciare sconti fiscali, ma avere coperture finanziarie per il minor gettito, in attesa di uno sviluppo reale, oltre a indicare con chiarezza quali tributi saranno soggetti a esenzione o riduzione.

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