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I dazi Usa (alla Cina) faranno abbassare l’inflazione in Europa: lo studio della BCE

I dazi Usa (alla Cina) potrebbero avere effetti positivi sull’inflazione in Europa. Uno studio della BCE analizza l’impatto dei dazi statunitensi sul mercato europeo 

Alla mezzanotte e un minuto del 7 agosto 2025 sono entrati in vigore i nuovi dazi voluti da Donald Trump e usati come strumento della politica di potenza del tycoon nelle relazioni con gli altri stati.

Dopo una lunga ed estenuante trattativa gli Stati Uniti sono arrivati ad accordarsi con l’Unione europea per dazi al 15%. Ma, a parte rendere più care le esportazioni italiane ed europee verso gli Usa, i dazi che gli Stati Uniti hanno imposto a partner, amici e competitor, avranno altri effetti sulle economie europee?

L’INVASIONE DEI BENI CINESI SUL MERCATO EUROPEO

Una prima ripercussione riguarda la possibile “invasione” di merci cinesi sul mercato europeo. La Banca centrale europea ha elaborato uno studio secondo il quale i dazi statunitensi avranno l’effetto inondare i mercati europei di merci cinesi. A pesare, in questo caso, sono le tensioni tariffarie tra le due superpotenze, il secondo tempo di una partita iniziata già nel 2018. “Allora, i dazi statunitensi sui beni cinesi provocarono un forte calo delle esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti e l’area dell’euro contribuì ad assorbire parte degli scambi deviati a causa dei dazi statunitensi (Gunnella et al., 2025). Tra il 2018 e il 2019, le importazioni dall’area dell’euro dalla Cina aumentarono di circa il 2-3%”, si legge nell’analisi della BCE.

DAZI USA: GLI EFFETTI DELLE MERCI CINESI SULL’INFLAZIONE EUROPEA

Ma questo non sarà l’unico effetto. “La riallocazione delle esportazioni cinesi ha il potenziale di esercitare pressioni al ribasso sull’inflazione nell’area dell’euro attraverso prezzi più bassi delle importazioni”, scrivono gli economisti che stimano “un aumento del 10% delle importazioni cinesi”. “Supponendo che la domanda interna rimanga invariata nel breve periodo, tale incremento delle importazioni comporterebbe un eccesso di offerta di beni pari all’1,3% del consumo complessivo di beni – recita lo l’analisi -. Affinché i consumatori assorbano questo volume aggiuntivo di beni importati – sostituendo altre importazioni o la produzione interna – i prezzi delle importazioni cinesi dovrebbero diminuire. In particolare, i nostri calcoli indicano che prezzi più bassi delle importazioni cinesi ridurrebbero i prezzi complessivi delle importazioni dell’1,6%”.

I PREZZI NON SONO ELASTICI

Una buona notizia per i consumatori? Non del tutto, perché “ci vorrà del tempo prima che i prezzi al consumo scendano”. La reazione dei “prezzi al consumo dei beni industriali non energetici (NEIG)” non è così elastica, per avere un impatto rilevante bisognerà aspettare non meno di “un anno o un anno e mezzo” a contare dallo shock iniziale. “Ciò riflette la natura sequenziale della formazione dei prezzi lungo la catena di approvvigionamento: i prezzi all’importazione tendono a calare per primi, man mano che diventano disponibili più beni a costi inferiori, seguiti da un aggiustamento più lento e graduale dei prezzi al consumo”.

ABBIGLIAMENTO, CALZATURE ED ELETTRODOMESTICI I SETTORI PIÙ COLPITI

L’entità dell’effetto dipende da diversi fattori, tra cui la forza della domanda interna, l’ampiezza dello shock stesso e le potenziali risposte di politica economica che potrebbero attenuarne l’impatto disinflazionistico. La Cina, come spiega la BCE, rappresenta circa il 6% delle importazioni di beni di consumo dell’area dell’euro, ma svolge anche un ruolo centrale nelle catene globali del valore. “Ciò significa che shock di offerta possono portare ad aggiustamenti diffusi dei prezzi, con alcuni settori più colpiti di altri a seconda della quota di input provenienti dalla Cina. Ad esempio, oltre il 10% degli input nelle industrie dell’abbigliamento e delle calzature e degli elettrodomestici proviene dalla Cina: è quindi probabile che questi settori, e altri simili, registrino una risposta più marcata. Infine, la crescente diffusione delle piattaforme di e-commerce dirette al consumatore amplifica la trasmissione delle variazioni di prezzo ai prezzi al consumo”.

DAZI USA (ALLA CINA): L’INFLAZIONE POTREBBE DIMINUIRE DELLO 0,5%

Tirando le somme l’aumento di merci cinesi, a costi più contenuti, potrebbe determinare un calo dell’inflazione “fino a 0,5 punti percentuali nel 2026. Considerato il peso dei beni nel paniere dei consumi, ciò comporterebbe un impatto negativo massimo sull’inflazione complessiva IAPC (Indice Armonizzato dei Prezzi al Consumo) di circa 0,15 punti percentuali, con effetti minori che persisterebbero fino al 2027”.

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