L’Italia non è oggi pronta a difendersi da un attacco su ampia scala, servono anni, investimenti e — soprattutto — volontà politica: parla il generale Camporini
Il grido di allarme proviene direttamente dal ministro Crosetto, che negli ultimi giorni ha lanciato un grave avvertimento circa lo stato delle nostre difese, attualmente incapaci di fronteggiare un eventuale attacco proveniente dalla Russia o da un altro Paese.
Preoccupazioni confermate anche da Vincenzo Camporini, già capo di Stato maggiore della Difesa e dell’Aeronautica, che, in un’intervista al Corriere, si unisce all’appello del ministro dettagliando i limiti di organico, mezzi e munizionamento del nostro esercito, oltre a sottolineare che la protezione contro droni e missili è una sfida collettiva per l’Europa.
IL GEN. CAMPORINI: “INUTILE NASCONDERSI”
Per Camporini, Crosetto fa bene a denunciare le criticità del nostro sistema. Del resto, “è inutile nascondersi”, il problema non è nato ieri: dal crollo del Muro di Berlino molte difese nazionali sono state ridotte, con investimenti concentrati sul peacekeeping invece che sulla deterrenza. La situazione è peggiorata negli ultimi tre anni e la copertura statunitense, che per decenni ha spostato il baricentro della sicurezza, “sta evaporando”.
DRONI E DIFESA AEREA: “IL TEMA È COLLETTIVO”
Sui raid aerei e i blitz di droni – come quelli osservati in Polonia – Camporini ammette che l’Italia può contribuire, “sì, ma non da sola”: la capacità di individuare e intercettare velivoli dipende da sistemi avanzati e dall’integrazione con gli alleati. Per questo “il tema della protezione dai droni e dai missili è collettivo”, e richiede progetti finanziati a livello Ue che al momento stentano a concretizzarsi.
ORGANICO, MEZZI E MUNIZIONI: I NUMERI CHE PREOCCUPANO
Camporini ricorda che “l’Esercito è sotto organico: ha 95 mila uomini e donne” ma che una larga parte svolge compiti logistici e addestrativi, riducendo i combattenti effettivi disponibili su fronte operativo. Sui mezzi la fotografia è altrettanto dura: dei 200 carri Ariete “solo il 10% è efficiente” e i nuovi Panther saranno disponibili solo negli anni Trenta; sull’aeronautica servono più Eurofighter e F-35, e “mancano le munizioni” — mentre, osserva il generale, la produzione russa di artiglieria è misura dell’abisso produttivo: “la Russia fabbrica 4 milioni di proiettili all’anno, noi tutti insieme uno”: insomma, un conflitto prolungato manderebbe gambe all’aria la catena logistica nazionale.
LE SOLUZIONI PROPOSTE (E QUELLO CHE NON CONVINCE)
Camporini sottolinea che servono investimenti ma anche “volontà politica”: “Ci vorranno anni per adeguare il nostro sistema difensivo, non solo investimenti. E anche volontà politica. Ma al momento maggioranza e opposizione non mi sembrano così convinte”, dice al Corriere della Sera.
Tra le opzioni pratiche, oltre all’aumento della produzione industriale di munizioni e all’accelerazione degli acquisti, l’ex generale propone soluzioni sul personale: invece del ritorno alla leva obbligatoria, ritenuto “troppo costoso”, suggerisce misure per rendere le forze più attrattive, compresa l’ipotesi — già avanzata in passato — di aprire alcune opportunità di servizio anche a stranieri con permesso di soggiorno, con percorsi verso la cittadinanza in caso di servizio irreprensibile.
LO SCENARIO SUL FRONTE SUD: “CE LI ABBIAMO DAVANTI”
Guardando oltre l’Europa orientale, Camporini richiama l’attenzione sul fronte Sud: la presenza russa in Cirenaica e la capacità dei bombardieri Sukhoi pongono un problema di vicinanza geografica e di crescente proiezione di potenza.
“Pensare che non ci attaccheranno mai è una visione ottimistica”, avverte il generale, ricordando che il compito di un militare è pianificare per lo scenario peggiore.