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Bruxelles teme il ritorno di Babiš. Tutto sulle elezioni in Repubblica Ceca

Bruxelles osserva con preoccupazione le elezioni parlamentari in Repubblica Ceca, dove si consuma un testa a testa tra la coalizione uscente di centrodestra e il ritorno di Ano guidato da Andrej Babiš. Con Ano in rimonta nei sondaggi, l’ex primo ministro potrebbe rientrare in gioco grazie a possibili alleanze con forze euroscettiche ed estreme

Ieri e oggi in Repubblica Ceca si vota per eleggere i 200 parlamentari che andranno a comporre il Parlamento per i prossimi 4 anni. La coalizione di centro destra uscente, Spolu, è data al 21% nei sondaggi, ma si teme la rimonta di Ano, la formazione guidata da Andrej Babiš, stimata intorno al 30%. L’ex primo ministro, soprannominato ironicamente il “Trump ceco” per la ricchezza da oligarca accumulata durante la liberalizzazione del paese negli anni ’90, noto per i suoi legami politici e affinità ideologiche con il gruppo di  Patrioti di Viktor Orbán, continua ad agitare la scena politica.

LE FORZE IN CAMPO NELLE ELEZIONI IN REPUBBLICA CECA 

Tra le principali forze in campo si conferma la coalizione di centrodestra attualmente al governo: Spolu, ovvero “Insieme”. Di orientamento neoliberista e filo-Nato, è guidata dall’uscente primo ministro Petr Fiala, leader del Partito Democratico Civico (Ods). Ne fanno parte anche i democristiani della Kdu-Csl e i liberali di Top 09. L’alleanza e’ data al 21% nei sondaggi. 

I liberali di Stan sono dati 12,2% e il Partito Pirata al 9,8%. Si presentano come formazioni progressiste, ma hanno avallato le politiche di austerità dell’amministrazione Fiala senza riuscire a imprimere una vera svolta progressista nelle decisioni di governo.

Il dato più preoccupante è la crescita di Libertà e Democrazia Diretta (Spd), un partito di estrema destra guidato da Tomio Okamura, dato al 13,8%. Okamura, per metà giapponese e per metà ceco, promuove un’ideologia anti-immigrazione, antieuropeista e filorussa che, tra i primi obiettivi, ha proprio la convocazione di un referendum per far uscire la Repubblica Ceca dall’Unione europea e dalla Nato. Insomma, una pesca a strascico volta a raccogliere il voto delle classi popolari svuotate dall’inflazione.

Delle stesse vedute antieuropeiste e contrarie agli aiuti all’Ucraina si collocano anche i partiti della coalizione Stacilo! — in ceco “Basta!”—  che tenta di riunire sotto un unico ombrello sia le forze della sinistra radicale che i residui del partito comunista. Ferma poco sopra il 5%, potrebbe per questo garantirsi l’ingresso in parlamento.  

Tra le nuove realtà in corsa c’è Motoristé sobě che in ceco significa “Automobilisti per se stessi”, un nome che dice già tutto sull’identità del gruppo: automobilisti che non sognano un mondo a pedali (e neppure elettrico), ma uno in cui il pieno costi meno. Nato proprio in risposta alle misure ambientali e fiscali che colpiscono il settore automobilistico — basti pensare che Škoda, nonostante l’acquisizione tedesca, resta un simbolo nazionale per la produzione rimasta in loco  —  il movimento raccoglie consensi soprattutto tra gli automobilisti che vivono fuori dalle grandi città e dipendono dall’auto per lavoro e spostamenti quotidiani. Evitando schieramenti politici tradizionali, punta su un’agenda populista fatta di richieste concrete come abbassare le tasse sui carburanti, evitare nuovi pedaggi sulle strade e opporsi ai divieti di circolazione per i veicoli più inquinanti.

IL RITORNO DI BABIŠ E LA RIMONTA DI ANO 

Ano, che in ceco significa “si”, è anche acronimo di “Azione dei cittadini insoddisfatti”, un gioco linguistico e propagandistico voluto da Babiš che, nel 2011, scelse il nome del partito proprio per il doppio messaggio: da un lato il malcontento verso la politica tradizionale, dall’altro far dire un chiaro “sì” al cambiamento che lui stesso prometteva. 

Dopo aver perso le parlamentari del 2021 contro Spolu, e la corsa presidenziale del 2023 contro Petr Pavel – attuale presidente della Repubblica – il partito di Babiš, dato al 28% nei sondaggi, oggi sembra vivere una vera e propria rimonta. Complice il fatto che, sebbene nato come formazione centrista ed europeista, Ano ha progressivamente virato verso un populismo in salsa euroscettica funzionale ad attirare l’elettorato scontento dello status quo. Infatti, negli ultimi anni, tra inflazione crescente, aumento del costo della vita a fronte di salari stagnanti, guerra in Ucraina, arrivo massiccio di rifugiati (i profughi ucraini rappresentano circa il 5% della popolazione ceca) e crisi energetica legata al sostegno totale del presidente Petr Pavel alle scelte Nato, il malcontento continua a crescere e Babiš sembra aver trovato il modo perfetto per incanalarlo a proprio favore. 

Una rimonta, tuttavia, che difficilmente potrà tradursi in una maggioranza assoluta. Solo la vicinanza ideologica con piccoli partiti dalle posizioni affini — euroscettiche e, in alcuni casi, apertamente filorusse, come Spd e Stacilo! — potrebbero favorire un’alleanza in grado di rimetterlo in gioco.

SINISTRA ASSENTE NEL RISPONDERE ALLE TENSIONI SOCIALI

In uno scenario dominato da populismi e forze di estrema destra da un lato, e da un centro liberale che difende lo status quo dall’altro, continua a mancare una vera proposta di sinistra capace di dare voce alla sofferenza delle classi lavoratrici e presentare un programma che non cerchi capri espiatori, ma soluzioni reali. Come sottolinea il Manifesto: “La vera sconfitta di queste elezioni è l’assenza di una proposta di sinistra radicale capace di intercettare il disagio sociale. La coalizione “Stacilo!” fatica a costruire un’alternativa sistemica, mentre le forze che si dichiarano progressiste hanno accettato il quadro neoliberista europeo. Il risultato è che milioni di lavoratori cechi, impoveriti dalle politiche di austerità e dalla precarizzazione del lavoro, non vedono rappresentati i propri interessi e finiscono per astenersi o per rivolgersi ai populisti.”  Questa analisi evidenzia un punto cruciale: il terreno politico in Europa resta scoperto a sinistra, lasciando spazio alla crescita dei populismi e dell’estremismo — due derive che si estendono ben oltre i confini cechi. 

TUTTI D’ACCORDO SOLO SUL NUCLEARE 

In un panorama politico estremamente frammentato, una delle poche certezze è il sostegno all’energia nucleare: la Repubblica Ceca punta a coprire il 68% del proprio fabbisogno energetico con il nucleare entro il 2040. Una linea condivisa da tutto l’arco parlamentare, a riprova di un consenso bipartisan solo intorno a interessi economici strategici. 

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