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Affitti brevi, tassa al 26%. Dona (UNC): “Norma assurda e incostituzionale”

Non solo affitti brevi, prorogati anche i rincari sulla tassa di soggiorno, il 30% del gettito extra andrà allo Stato. Comuni e operatori del turismo insorgono contro il doppio colpo del Governo.

È ufficiale: la cedolare secca sugli affitti brevi sale al 26%, con un aumento di tassazione di quasi il 24%. Ma la vera beffa, secondo l’Unione Nazionale Consumatori, si nasconde in una clausola che ha del “ridicolo”. La misura, contenuta nel testo ufficiale della legge di Bilancio, prevede infatti una sola, irrisoria eccezione: l’aliquota resta al 21% solo per chi affitta la propria casa senza avvalersi di intermediari immobiliari o di portali telematici come Airbnb e Booking. “Una misura assurda, che presenta profili di incostituzionalità”, è il commento a caldo di Massimiliano Dona, presidente dell’Unc, che fa eco a Giorgio Spaziani Testa di Confedilizia, il quale sul sito di Nicola Porro aveva bollato come “ben rara, per non dire inesistente” la casistica.

UNA DISCRIMINAZIONE CHE VIOLA LA COSTITUZIONE

L’Unione Nazionale Consumatori non usa mezzi termini e solleva un pesante dubbio di legittimità costituzionale. Secondo l’associazione, la norma viola palesemente l’articolo 53 della Costituzione, che impone di tenere conto della capacità contributiva. “A parità di affitto, di reddito, si discrimina a seconda della modalità con la quale ho trovato il nome del locatario”, spiega Dona. In pratica, due persone nella stessa identica condizione, che magari affittano la loro unica casa solo in estate per integrare il reddito, pagheranno tasse diverse a seconda che l’inquilino sia stato trovato tramite un amico o tramite una piattaforma online, sulla quale peraltro già pagano una commissione. “Dopo il danno, la beffa!”, chiosa il presidente dell’Unc.

UN PRIVILEGIO ALLA “CASTA DEGLI ALBERGATORI”

L’attacco dei consumatori si sposta poi sul piano politico, interpretando la misura come un chiaro tentativo di favorire il settore alberghiero. “Che questo Governo miri ad assicurare nuovi privilegi alla casta degli albergatori lo avevamo già capito”, afferma Dona, che definisce la discriminazione fiscale contro le famiglie “il colmo”. Una linea critica che sembrava trovare sponda anche all’interno della maggioranza, con Lega e Forza Italia che si erano espresse contro l’aumento, ma le cui perplessità non sono state sufficienti a modificare il testo definitivo della manovra.

CARAMANNA: TROVEREMO UNA SOLUZIONE

Secondo il deputato di Fratelli d’Italia, Gianluca Caramanna, responsabile del Dipartimento turismo, una soluzione si troverà: “Fratelli d’Italia ha sempre fatto scelte improntate alla chiarezza ed orientate a regolamentare ma non limitare gli affitti brevi. E questo in una logica di tutela della prima casa e più in generale della proprietà privata. D’altra parte questo governo e questa maggioranza in tre anni hanno dimostrato grande attenzione e sensibilità su questo tema. Sulle ipotesi fiscali di cui si parla in questi giorni, e che per quanto ci riguarda attengono soltanto dalle seconde case in poi, attendiamo l’arrivo della manovra in Parlamento, luogo che riteniamo più idoneo a trovare una soluzione”.

90% AFFITTI BREVI SU PIATTAFORME, INCASSO STIMATO IN 100 MLN

Il 90% degli immobili assoggettati alla cedolare secca del 21% dovrebbe continuare “ad avvalersi delle piattaforme per esigenze di semplificazione e rapidità delle transazioni” anche dopo l’innalzamento dell’aliquota al 26%. Per questo la norma sugli affitti brevi comporterà “effetti finanziari positivi a regime in misura pari a circa 102,4 milioni di euro su base annua” a partire dal 2028, secondo la relazione tecnica alla manovra di bilancio redatta dalla Ragioneria generale dello Stato.

NON SOLO AFFITTI: LA MORSA SI STRINGE SUL TURISMO

La stretta sulla cedolare secca non è un fulmine a ciel sereno, ma si inserisce in una più ampia manovra che sembra stringere il settore turistico extra-alberghiero in una morsa a tenaglia. Mentre si accende il dibattito sugli affitti brevi, un altro fronte di scontro si è infatti aperto sulla tassa di soggiorno. Il Governo ha confermato nel decreto Anticipi la proroga anche per il 2026 degli aumenti dell’imposta, originariamente previsti solo per l’anno del Giubileo.

TASSA DI SOGGIORNO, PIÙ ALTA E CON PRELIEVO STATALE

Il provvedimento non si limita a estendere i rincari, ma introduce un’altra novità destinata a far discutere: il 30% del maggior gettito derivante dagli aumenti non resterà ai Comuni, ma verrà acquisito dal bilancio statale per finanziare fondi per la disabilità e l’assistenza ai minori. Una decisione che svuota le casse dei territori turistici, che si vedranno sottrarre risorse preziose da un “tesoretto” che, secondo le stime, potrebbe superare 1,3 miliardi di euro nel 2026.

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