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Orban

Orbán a Roma, che cosa ha detto e perché le sue frasi imbarazzano il governo

L’ingombrante Viktor Orbán mette a disagio il governo italiano durante la sua visita a Roma. Ecco cos’ha detto e perché

La visita italiana di Viktor Orbán avrebbe potuto essere un’occasione di ricucitura o, quanto meno, di confronto strategico ci mancava poco che diventasse un caso diplomatico: le solite intemerate del premier ungherese contro Bruxelles stavolta hanno avuto come scenografia le strade di Roma, e la cosa non può certo passare inosservata nelle cancellerie europee.

Peraltro di lì a poco Orbán avrebbe incontrato Giorgia Meloni. Parole che hanno creato un certo imbarazzo a Palazzo Chigi – e non certo per il baciamano alla premier – tanto che il ministro degli Esteri è dovuto intervenire mentre a colloquio ancora in corso, chiarendo: “Non c’è nulla di male a ricevere Orbán. Non è che avere un colloquio significa pensarla alla stessa maniera. E conoscendo Meloni, è in linea con sé non con gli altri”.

Alla fine Palazzo Chigi ha dovuto liquidare il colloquio con una nota striminzita e del tutto asettica, mentre da Budapest il consigliere politico di Orbán si scagliava contro Report e la Repubblica, accusati di manipolare il dibattito sull’Ungheria e minarne la reputazione internazionale.

LE PAROLE CHE HANNO MESSO IN DIFFICOLTÀ PALAZZO CHIGI

Orbán è arrivato a Roma non esattamente in punta di piedi. Dopo la tappa in Vaticano, intercettato due cronisti de la Repubblica e il Messaggero, scaglia il suo sanpietrino dritto contro Bruxelles: il premier ungherese dichiara infatti “l’Unione europea non gioca alcun ruolo” nella crisi russo-ucraina e che intende andare da Donald Trump per convincerlo a rivedere le sanzioni al petrolio russo.

Il messaggio — apertamente critico verso la linea ufficiale di Bruxelles e, in parte, verso la strategia atlantica — ha reso più complicato l’incontro ufficiale con la premier italiana, che si sarebbe tenuto di lì a poco, dal momento che Roma si trovava improvvisamente sotto i riflettori per una linea che non è la sua.

LA REAZIONE DI PALAZZO CHIGI

Occorreva dunque una pezza, affidata al ministro degli Esteri Tajani. Quanto alla risposta ufficiale, si opta per il basso profilo. Il vertice tra i due premier non porta a nessuna dichiarazione congiunta, Palazzo Chigi si limita a una nota asettica che elenca, con toni piuttosto generici i temi discussi: la situazione in Ucraina e in Medio Oriente, l’agenda Ue, la gestione migratoria e le possibili sinergie sullo strumento europeo SAFE per la difesa.

LA MEDIAZIONE DI GIORGIA MELONI

A porte chiuse, la premier avrebbe provato a ricondurre il confronto su due piste pratiche: scoraggiare la strategia della paralisi (che blocca decisioni a favore di Kiev) e offrire percorsi comuni su competitività, migrazione, difesa e green — dossier dove Italia e Ungheria possono trovare interessi condivisi.

Meloni, pur critica verso alcune scelte di Budapest, ha tentato un approccio pragmatico: evitare rotture aperte con Bruxelles e al contempo preservare relazioni utili con Washington, dove l’Ungheria spera di avere interlocuzioni favorevoli. Il risultato però è rimasto parziale: la divergenza strategica su Ucraina e sanzioni resta evidente.

BUDAPEST ATTACCA I MEDIA ITALIANI

Alla fine ci si accapiglia pure sul senso delle parole di Orban. Da Budapest, il suo consigliere politico  attacca Repubblica, accusata di manipolare il discorso del premier ungherese a scopi politici (sebbene il contenuto dell’intervista sia pubblico grazie al video girato dal cronista del Messaggero).

Insomma, un vertice da cui ci si poteva aspettare qualche risultato politico, quantomeno nell’ottica di un rinnovato asse sovranista tra Roma e Budapest. La sensazione, invece, è che Orbán voglia rimanere inavvicinabile in questa fase per far capire a Bruxelles che la linea non cambia, neanche con la mediazione degli amici italiani.

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