“Trump sta governando come un imperatore”. Alle aspre critiche del premio nobel Soyinka – che nella sua vita ha conosciuto carcere ed esilio – è seguita la revoca del suo visto per gli Usa
Ha 91 anni Wole Soyinka, scrittore nigeriano, drammaturgo, attivista per i diritti umani e professore universitario in prestigiose università statunitensi. Nel 1986 diviene il primo scrittore africano a essere insignito del premio Nobel per la letteratura.
Wole Soyinka, per anni esule negli Stati Uniti, non potrà più farvi ritorno perché l’amministrazione guidata da Donald Trump ha stralciato il suo visto. A notificargli la comunicazione è stata, all’inizio di ottobre, l’ambasciata statunitense di Lagos.
LO STRALCIO DEL VISTO USA DI WOLE SOYINKA
“Ho ricevuto una telefonata dall’ambasciatore – ha detto Soyinka al Corriere della Sera -. Molto cortese e amichevole, voleva convincermi a presentarmi per il colloquio. Gli ho ribadito il mio rifiuto. Gli ho detto che potevano venire lui e il suo staff nella mia residenza, senza visto. Abbiamo riso. Poi mi è arrivata la revoca”.
L’IRRIGIDIMENTO DELLE POLITICHE SUI VISTI DELL’AMMINISTRAZIONE TRUMP
Lo stralcio del suo visto rientra nell’ambito delle politiche restrittive in materia di soggiorno e transito negli Usa avviate la scorsa estate. Ad agosto il dipartimento di Stato americano aveva dichiarato di aver avviato un esame di tutti gli oltre 55 milioni di stranieri che vivono negli Stati Uniti con un visto. Da quando Trump è tornato a risiedere nella Casa Bianca, l’amministrazione statunitense ha imposto controlli più severi e requisiti più stringenti a chi richiede un visto Usa, tra questi l’obbligo di sottoporsi a colloqui di persona.
LE CRITICHE DI WOLE SOYINKA A DONALD TRUMP
Ma quello di Soyinka non sarebbe solo un caso tra tanti. Solo poco tempo fa Soyinka ha paragonato Donald Trump a Idi Amin, un dittatore sanguinario che ha governato l’Uganda dal 1971 al 1979. È stato responsabile dell’uccisione di centinaia di migliaia di persone (le stime oscillano tra le 100 mila e le 500 mila persone), divenendo noto come il “macellaio dell’Uganda”. Già nel novembre 2016, dopo la prima vittoria di Trump, in segno di protesta per il “suo linguaggio razzista e dal suo disprezzo per i principi democratici, avevo strappato la mia green card da residente e sono tornato in Nigeria” ha ricordato al Corriere.
“GLI AMERICANI HANNO UN MOSTRO TRA LE MANI”
Soyinka, nella sua intervista al Corriere, parla apertamente di ritorsione. “Non è la prima volta. Trump lo ha fatto con centinaia di altre persone. È successo a Oscar Arias (altro premio Nobel, ex presidente del Costa Rica, ndr) solo perché ha detto che Trump stava governando come un imperatore. Questa amministrazione ha chiarito che perseguiterà chiunque dica qualcosa di negativo sul suo governo. E continuerà a farlo finché gli americani non si rendono conto di avere un mostro tra le mani”.
CHI È IL PREMIO NOBEL WOLE SOYINKA
Una vita, suo malgrado, avventurosa quella di Wole Soyinka. Classe 1934, nasce a Abeokuta, in Nigeria quando il paese era ancora un dominio britannico. Scrittore e drammaturgo, nel 1959 si impone all’attenzione del pubblico e degli esponenti della London Royal Court Theatre – dove andrà a lavorare come suggeritore – con il dramma “Il leone e la perla”. Un’ opera che racconta la relazione tra la modernità e la tradizione. Dopo l’indipendenza dalla Gran Bretagna, nel 1960, la Nigeria – un popoloso paese con 237 milioni di abitanti suddivisi in più di quattrocento etnie diverse – conosce prima la guerra civile e poi lentamente scivola verso la dittatura militare.
L’ATTIVISMO E IL CARCERE
È in questo contesto che Wole Soyinka conosce il carcere nel 1967, a poco più di 30 anni, e vi rimane per due anni. La sua colpa? Aver redatto un articolo in cui chiedeva un immediato cessate il fuoco della guerra civile nigeriana. Da quell’esperienza nascerà il libro “L’uomo è morto” (Ed Jaca Book, 1986). A seguire il regime del generale Sani Abachi lo condanna a morte per tradimento, come aveva fatto per il suo collega e amico Saro-Wiwa. Soyinka, quindi, fugge negli Usa dove trova riparo e si ricostruisce una vita.
INSEGNANTE A HARVARD, YALE ED EMORY
Caduto il regime nel 1998, Soyinka rientra in Nigeria ma sceglie di vivere negli Stati Uniti. Negli anni Novanta ha insegnato in prestigiose università statunitensi: Harvard, Yale ed Emory. “Quando scappai dalla Nigeria, mi era stato offerto un esilio tranquillo a Parigi ma scelsi gli Stati Uniti. Oggi invece gli Usa sono il luogo da cui persino molti dei suoi stessi cittadini stanno scappando o vorrebbero farlo. Non dovremmo mai dare le cose troppo per scontato, il rovescio della medaglia più inatteso può verificarsi nei luoghi che non ti aspetti”, ha chiosato nella sua intervista al Corriere della Sera.

