Continuano a rincorrersi le voci che vorrebbero la sindaca di Genova Silvia Salis come leader del centrosinistra alle politiche del 2027. Si tratta soltanto di una suggestione? Ecco cos’ha detto Salis in tv, il suo “no” alle primarie di coalizione e il nodo della legge elettorale
Non sarà stata la discesa in campo che l’area centrista dei dem si augurava, forse, eppure l’apparizione di Silvia Salis venerdì da Lilli Gruber a Otto e Mezzo, qualche indicazione l’ha data. L’interrogativo sullo sfondo era ed è lo stesso del day-after della sua elezione a sindaca di Genova: è lei l’alternativa a Elly Schlein nella sfida contro Giorgia Meloni?
SILVIA SALIS OSPITE A OTTO E MEZZO: PAROLE DA LEADER NAZIONALE?
Innanzitutto, l’apparizione a Otto e mezzo ha mostrato una Salis intenzionata a confrontarsi su temi di politica nazionale, dalla critica alla riforma della giustizia alla lettura della manovra economica, fino alle proposte per la sicurezza urbana, pur ripetendo il refrain di vedersi leader “soltanto a Genova”.
SALIS: “NO ALLE PRIMARIE”
L’altro elemento, forse la dichiarazione più netta di un’intervista tutto sommato cauta, dalla quale emerge un sommario appoggio alla linea d’unità tenuta da Schlein, è la contrarietà espressa riguardo alle primarie.
Col “no” alle consultazioni sul leader, Salis evita di suggerire lo scenario di un testa a testa sororicida con la segretaria, ma al contempo delegittima il mezzo che ha portato Schlein al vertice del partito. E adduce motivazioni di carattere culturale, insistendo sulla necessità che siano i partiti o le coalizioni a designare il proprio candidato senza alimentare una “cultura divisiva” che a detta sua favorirebbe il centrodestra.
Dichiarazioni da non sottovalutare, in primo luogo perché, come detto, si tratta dello strumento su cui si regge la leadership di Schlein, scelta come segretaria dal voto dei gazebo. E poi perché alle politiche del 2027 potrebbe essere necessario indicare il candidato premier della coalizione sulle schede.
IL NODO DELLA LEGGE ELETTORALE
Giorgia Meloni sembra voler cambiare infatti le regole del gioco con una nuova legge elettorale che imponga di indicare il nome del candidato premier delle varie coalizioni sulle schede. La mossa può avere per la premier un duplice valore: godersi i frutti di un consenso personale ormai più che consolidato e gettare nel panico gli avversari, affannosamente alla ricerca di una figura in grado di compiere una sintesi fra le varie anime del campo largo.
L’AFFANNOSA RICERCA DEL LEADER A SINISTRA
Un piano che pare sortire i suoi frutti. Almeno a giudicare dai segnali di sfiducia che giungono a Elly Schlein sia dall’ala riformista interna, che dai “grandi vecchi” che starebbe scontentando, i quali si guardano bene – da Bettini a Prodi e Franceschini – dall’incoronarla candidata premier.
Proprio Franceschini, insieme a Orlando e Speranza, a fine novembre varerà il “correntone” per provare a imbrigliare la segreteria attraverso la sua stessa maggioranza: per rafforzarla, come emerge nelle dichiarazioni ufficiali; per portarla a più miti consigli, come’è più probabile; o per accompagnarla all’uscita, qualora Schlein si rifiutasse nuovamente di ignorare le spinte centriste. Intanto se i riformisti non spaccano il Pd è solo per non lasciare il campo completamente sgombro al centrodestra.
In questo quadro l’interesse ritorna ossessivamente sui nomi di Alessandro Onorato e Salis, che attraverso il Progetto civico Italia sembrano suggerire un modello positivo da cui poter ripartire, nonostante per uno manchi ancora la riconoscibilità su scala nazionale, per l’altra l’esperienza amministrativa.
Anche perché, senza questi piani B, toccherebbe dare ragione all’alleato Giuseppe Conte, che non ha mai nascosto le sue ambizioni, e infatti lascia accuratamente socchiusa la porta delle primarie di coalizione, non mancando occasione per ricordare che lui premier lo è già stato, al contrario della segretaria Pd.

