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Oltreconfine

Tensione Pechino-Tokyo, l’Europa litiga sui caccia, Hormuz torna a tremare. Notizie da Oltreconfine

Oltreconfine, la rassegna stampa internazionale di Policy Maker

PECHINO MINACCIA TOKYO DOPO LE PAROLE DI TAKAICHI

Scoppiata all’inizio di questo mese, riferisce Bloomberg, la crisi diplomatica tra Cina e Giappone è scattata quando la premier nipponica Takaichi ha affermato in Parlamento che un eventuale conflitto militare sullo Stretto di Taiwan potrebbe essere classificato come “situazione di sopravvivenza” per il Giappone.  Questa formula non è casuale: è la condizione prevista dalla legislazione giapponese del 2015 sulla sicurezza collettiva che permette a Tokyo di esercitare il diritto di difesa collettiva, ovvero di intervenire militarmente a fianco degli Stati Uniti. In pratica, Takaichi ha aperto per la prima volta la porta a un possibile coinvolgimento giapponese in una guerra su Taiwan. Pechino ha reagito con furia, considerandolo un superamento di tutte le linee rosse. Media statali come l’account Yuyuantantian (legato alla CCTV) e il quotidiano dell’Esercito Popolare di Liberazione hanno parlato apertamente di “preparativi completi per ritorsioni sostanziali”: sanzioni economiche mirate, sospensione di rapporti diplomatici e militari, restrizioni commerciali e persino l’ipotesi che “l’intero Giappone diventi un campo di battaglia” in caso di intervento nipponico. Pochi giorni dopo è arrivato l’avviso ufficiale del Ministero degli Esteri cinese che sconsiglia viaggi in Giappone per “motivi di sicurezza”, seguito da un aggiornamento analogo di Hong Kong. L’effetto è stato immediato: lunedì le azioni di Shiseido sono crollate del 9%, i titoli di catene alberghiere, compagnie aeree e grandi magazzini hanno perso terreno, e il settore turismo trema per la possibile scomparsa di milioni di visitatori cinesi, che rappresentano circa il 25% del totale annuo pre-pandemia.Secondo Takahide Kiuchi, economista di Nomura Research Institute, una riduzione significativa dei flussi turistici potrebbe costare fino a 2,2 trilioni di yen, pari a 0,36 punti percentuali di PIL. Un danno non irrilevante per un’economia già alle prese con inflazione e rallentamento. Ironia della sorte: solo poche settimane prima, a margine del vertice APEC in Corea del Sud, Takaichi e il presidente cinese Xi Jinping si erano stretti la mano, promettendo di “approfondire la relazione personale” e di rilanciare i rapporti bilaterali. Quel disgelo è durato lo spazio di un mattino. Tokyo ha reagito inviando un alto diplomatico a Pechino per contenere i danni e spera in un incontro riparatore al G20 in Sudafrica, anche se il portavoce del Ministero degli Esteri cinese ha già fatto sapere che “non è previsto”. Intanto quattro navi della Guardia Costiera cinese hanno navigato per ore nelle acque contese delle isole Senkaku, un altro segnale di tensione. Per Pechino è l’occasione perfetta per testare subito la nuova premier giapponese e mandare un monito globale: ogni parola su Taiwan avrà un prezzo. Per Takaichi è il primo, durissimo banco di prova del suo mandato appena iniziato.

FCAS A UN BIVIO: ADDIO AL CACCIA COMUNE

Come riporta il Financial Times, Germania e Francia sono a un bivio sul Future Combat Air System (FCAS), il programma da circa 100 miliardi di euro lanciato nel 2017 dal presidente francese Macron e dalla cancelliera Merkel come simbolo dell’autonomia strategica europea e della cooperazione franco-tedesca. A otto anni di distanza il progetto, che coinvolge anche la Spagna, è sull’orlo del collasso per l’insanabile contrasto industriale tra Airbus Defence and Space (capofila tedesco) e Dassault Aviation (capofila francese) sulla progettazione e la ripartizione dei lavori per un caccia di nuova generazione (NGF). In vista degli incontri ad altissimo livello di questa settimana tra la ministra francese Catherine Vautrin e gli omologhi tedeschi, poi tra il cancelliere Merz e il presidente Macron, Berlino e Parigi stanno seriamente valutando di ridimensionare drasticamente l’ambizione iniziale: abbandonare lo sviluppo congiunto del velivolo e salvare il programma concentrando la cooperazione esclusivamente sul “combat cloud”. Il combat cloud è il sistema di comando e controllo basato su cloud e intelligenza artificiale che permette di collegare in tempo reale caccia, droni, sensori, radar, unità terrestri e navali, elaborando enormi quantità di dati per decisioni rapidissime. Questo pilastro del FCAS, già affidato ad Airbus, Thales e Indra, è l’unico considerato realmente funzionante. Si discute addirittura di anticiparne l’operatività dal 2040 al 2030. Entro fine anno va deciso se finanziare il costoso prototipo del NGF, ma molti ritengono il punto di non ritorno già superato. Dassault reclama più leadership e controllo sui fornitori; Airbus accusa i francesi di voler stravolgere l’accordo iniziale. La fiducia è azzerata: “Non c’è più fiducia, ognuno accusa l’altro di violare i patti”, dice al Ft un banchiere francese vicino al dossier. Berlino, che ha sbloccato fondi storici per la difesa, valuta alternative (Regno Unito o Svezia) e non vuole, scrive il quotidiano della City, “essere preso in ostaggio da un’azienda familiare francese”. Parigi, dal canto suo, teme ritardi che compromettano la deterrenza nucleare e non riesce a imporre a Dassault la disciplina necessaria. Tutti però concordano sulla strategicità del combat cloud europeo, indispensabile per non dipendere dai sistemi americani in scenari futuri in cui l’Europa potrebbe trovarsi sola. Un fallimento totale del FCAS metterebbe in discussione l’intera strategia di cooperazione europea in materia di difesa dopo l’invasione russa dell’Ucraina, trasformando quello che era stato salutato come progetto simbolo in un pesante colpo all’asse franco-tedesco.

ALLARME NELLO STRETTO DI HORMUZ: TRE MOTOSCAFI INTERCETTANO LA PETROLIERA TALARA

Come riporta la BBC, una petroliera, la Talara, è stata oggetto di un incidente sospetto nel Golfo Persico che fa pensare a un possibile sequestro da parte dei Guardiani della Rivoluzione iraniani. Secondo la società di sicurezza marittima Ambrey, la nave era partita da Ajman, negli Emirati Arabi Uniti, e stava navigando verso sud attraverso lo Stretto di Hormuz quando, venerdì mattina, è stata avvicinata da tre piccole imbarcazioni. Subito dopo l’avvicinamento, la Talara ha compiuto una deviazione improvvisa di rotta. La compagnia di gestione ha perso ogni contatto con l’equipaggio quando la nave si trovava a circa 20 miglia nautiche al largo di Khorfakkan. La Quinta Flotta Usa sta monitorando attivamente la situazione e ha ribadito il diritto delle navi commerciali alla libera navigazione in alto mare. Il centro britannico UKMTO ha invitato tutte le unità nella zona a transitare con cautela e segnalare attività sospette. L’episodio avviene in un contesto di forti tensioni: l’Iran minaccia da anni di chiudere lo Stretto di Hormuz, da cui transita circa il 20% del petrolio mondiale, in risposta alle sanzioni occidentali. Le minacce si erano intensificate durante il conflitto di 12 giorni con Israele dello scorso giugno, quando Washington e Tel Aviv bombardarono siti nucleari iraniani e Teheran rispose attaccando Israele. Già nell’aprile 2024 i Pasdaran avevano sequestrato una portacontainer legata a interessi israeliani dopo l’attacco al consolato iraniano di Damasco attribuito allo Stato ebraico. Al momento non è chiaro chi sia responsabile dell’incidente della Talara né se si tratti di un sequestro, ma il modus operandi ricorda precedenti azioni iraniane nella regione.

 

 

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