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Matrimoni gay

Storica sentenza Ue sui matrimoni gay: cosa cambia per l’Italia

La Corte di Giustizia Ue stabilisce l’obbligo per i Paesi europei di riconoscere i matrimoni tra persone dello stesso sesso

Una storica pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea afferma l’obbligo per gli Stati membri di riconoscere, ai fini del diritto dell’Unione, i matrimoni tra persone dello stesso sesso contratti in un altro Paese dell’Unione in cui i coniugi abbiano esercitato la libertà di circolazione o di soggiorno.

La decisione nasce da un ricorso presentato da una coppia di cittadini polacchi sposatasi in Germania e respinta dalle autorità del loro Paese d’origine. La sentenza tuttavia non impone ai Paesi di introdurre il matrimonio egualitario, ma vincola il riconoscimento dello status coniugale quando è in gioco il diritto UE. Per l’Italia, che dal 2016 riconosce le coppie omosessuali tramite le unioni civili, la sentenza apre un percorso di adeguamento pratico e politico sullo stato civile, la protezione sociale e i diritti dei minori.

LA SENTENZA: COSA DICONO I GIUDICI SUI MATRIMONI GAY

La Corte ribadisce un principio chiaro: se il matrimonio è stato contratto legalmente in uno Stato membro e i coniugi hanno esercitato la libertà di circolazione, lo Stato d’origine non può rifiutare, ai fini dell’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione, il riconoscimento dello «stato coniugale». Pur ricordando che le regole sul matrimonio rimangono di competenza nazionale, la Corte specifica che l’esercizio di tale competenza non può contraddire i diritti garantiti dai Trattati, in particolare la libertà di circolazione e il rispetto della vita privata e familiare.

IL CASO CHE HA PORTATO ALLA CORTE

La vicenda risale al 2018: due cittadini polacchi si erano sposati in Germania e avevano chiesto la trascrizione del certificato di matrimonio nei registri civili polacchi. La richiesta fu respinta in quanto la legislazione polacca non prevede il matrimonio tra persone dello stesso sesso. La controversia è arrivata fino al rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, che oggi ha fornito la risposta vincolante a tutte le autorità nazionali degli Stati membri.

LE CONSEGUENZE PER IL DIRITTO ITALIANO

In Italia il matrimonio tra persone dello stesso sesso non è previsto: l’ordinamento offre alle coppie omosessuali lo strumento delle unioni civili (legge Cirinnà, n. 76/2016), che riconoscono molti diritti ma non la piena equiparazione con il matrimonio. Secondo gli esperti citati, la sentenza Ue non obbliga l’Italia a modificare la legge sul matrimonio in senso sostanziale, ma impone che — quando lo Stato applica procedure di riconoscimento per matrimoni celebrati all’estero — queste vengano applicate senza discriminazioni di orientamento sessuale. In pratica, se l’Italia pratica la trascrizione o altro atto giuridico per un matrimonio eterosessuale contratto all’estero, la stessa strada deve essere aperta anche ai coniugi dello stesso sesso che soddisfino le condizioni richieste (matrimonio in altro Stato membro + esercizio della libertà di circolazione/soggiorno).

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