La riforma del danno erariale, votata in Senato, vuole contrastare la “paura della firma” e i conseguenti ritardi nella realizzazione delle opere pubbliche. La Corte dei Conti, protagonista (suo malgrado) della riforma, contesta l’esistenza della “burocrazia difensiva”
La maggioranza ha approvato in Senato il ddl sulla riforma del danno erariale così com’era stato licenziato dalla Camera dei deputati. Primo obiettivo della norma è contrastare la “paura della firma” da parte dei pubblici ufficiali e degli amministratori. Cioè il timore di firmare provvedimenti per i quali la Corte dei Conti, se ritenuti atti a produrre un danno erariale, potrà chiedere loro un risarcimento. Timore che rallenta l’attuazione del Pnrr. Primo firmatario della norma è proprio il ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione Tommaso Foti che, ai tempi della presentazione, nel 2023, era capogruppo di FdI alla Camera dei deputati. Il provvedimento diventerà direttamente applicabile dopo essere stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
COSA C’È NELLA RIFORMA DEL DANNO ERARIALE
La riforma della Corte dei conti “rende strutturale, rimodulandolo, lo scudo erariale introdotto durante il Covid nel 2020 e finora prorogato fino a tutto il 2025”, scrive Andrea Gagliardi sul Sole 24 Ore. La Corte costituzionale, con la sentenza 132/2024, proprio sullo “scudo erariale”, aveva invitato il Parlamento a tipizzare (cioè definire i contorni della colpa grave per la quale può essere richiesto il pagamento del danno. Il ddl sulla rifoma del danno erariale introduce “una serie di esimenti a favore del pubblico ufficiale, rispetto alla responsabilità erariale: quest’ultimo potrà essere condannato per danno erariale in caso di dolo e in caso di colpa grave ma quest’ultima viene definita in modo restrittivo («violazione manifesta delle norme di diritto applicabili, il travisamento del fatto, l’affermazione di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa»)”.
LO SCONTO PER GLI AMMINISTRATORI CONDANNATI PER DANNO ERARIALE
Per gli amministratori politici la «buona fede» andrà «sempre presunta» quando sono in gioco atti anche solo vistati dai tecnici, congelando, così, la colpa grave. “Nasce un doppio tetto ai risarcimenti, impedendo ai magistrati di chiedere all’amministratore condannato per danno erariale più del 30% del «pregiudizio accertato» o il doppio «del corrispettivo o dell’indennità percepiti» dalla Pa – continua il Sole 24 Ore -. Le condanne, quindi, avrebbero uno sconto implicito del 70%, che diventerebbe più generoso per chi ha retribuzioni basse in proporzione ai danni”.
PER LA CORTE DEI CONTI LA PAURA DELLA FIRMA È SOLO UN MITO
Nel maggio dell’anno scorso il magistrato Vito Tenore, nuovo presidente titolare della sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Lombardia, ha pubblicato lo studio “La “paura della firma” e “la fatica dell’amministrare” tra mito e realtà: categorie reali o mera giustificazione per l’impunità normativa degli amministratori pubblici?”. L’analisi, inserita ne fascicolo n. 1/2025 della Rivista della Corte dei conti, spiega che la “paura della firma”, la “fatica dell’amministrare” o la cosiddetta “burocrazia difensiva” sono categorie prive di riscontro o evidenza scientifica, quindi poco più che luoghi comuni.
“Nel ricco elenco dei luoghi comuni o del politicamente corretto ben può collocarsi anche il tema, assai diffuso nei media, in discussioni parlamentari, in alcuni saggi e persino in recenti pronunce della Corte costituzionale, della “paura della firma” o della “la burocrazia difensiva”, anche nella sua innovativa versione linguistica, mediaticamente assai suggestiva, data dalla “fatica dell’amministrare” – scrive il presidente Tenore -. Il copyright di quest’ultimo slogan va sicuramente riconosciuto alla recente sentenza n. 132/2024 della Consulta che, sulla base di tali (asserite ma indimostrate) “paure e fatiche”, ha fatto salvi interventi legislativi fortemente restrittive sulla responsabilità amministrativa dei dipendenti e amministratori pubblici (art. 21 d.l. 16 luglio 2020, n. 76, definito come “scudo erariale” (3)) ed ha nel contempo, in modo sorprendente, dato una “benedizione anticipata”, un vero e proprio innovativo “parere preventivo di costituzionalità” a prossimi ulteriori ed imminenti interventi restrittivi in cantiere da parte del legislatore sul regime delle responsabilità del dipendente pubblico (progetto di legge Foti C1621, ora al Senato con numero S1457, definibile come “armatura erariale”), auspicando una novella al regime della responsabilità amministrativa attraverso un decalogo di possibili modifiche che, non casualmente (ma anzi causalmente), coincidono con i 4/5 della riforma Foti, che è stata quindi costituzionalmente blindata ancor prima di essere trasfusa in un testo di legge”.
L’INDAGINE DI FORUM PA E LO STUDIO DELLA SNA SULLA PAURA DELLA FIRMA
A supporto della tesi dell’inconsistenza della paura della firma sono stati portati due studi. Il primo è “Burocrazia difensiva. Come ne usciamo?” curato da Forum PA nel maggio 2017 la quale smentisce l’assioma psicologico per il quale il timore delle responsabilità previste dall’ordinamento, e dunque soprattutto quella contabile, sia la principale causa della “paura della firma”. Nello studio di Forum PA 1.700 dirigenti, funzionari, amministratori over 45 anni e di tutti i Comparti, uomini, donne e pensionati riconoscono nella mancanza di indicazioni chiare da parte dei superiori la principale ragione della burocrazia difensiva. “A tale prioritario elemento di destabilizzazione, segue l’eccessiva produzione normativa, i mutamenti e la sovrapposizione di norme. In terzo luogo, l’indagine evidenzia la frammentazione delle responsabilità nelle strutture amministrative, che rende poco chiaro l’agire pubblico”. Il secondo studio, tutt’ora in fase di elaborazione, è il progetto di ricerca Prin “Defensive bureaucracy and responsibility in the Italian administrative system”, promosso nel 2024 da quattro unità di ricerca (Università della Tuscia, Università di Bologna, Università la Statale di Milano e Università di Pavia) in collaborazione con la SNA, Scuola nazionale dell’Amministrazione, e affidato a un gruppo di esperti guidati dal prof. Stefano Battini. Nel primo abstract dello studio i ricercatori non usano mezzi termini e definiscono la burocrazia difensiva come “una variante del virus della corruzione”. Infatti, se il funzionario pubblico corrotto “persegue un guadagno individuale con una perdita collettiva”, il burocrate difensivo “evita il rischio di una perdita individuale sacrificando un guadagno collettivo”. In entrambi i casi a essere depauperato è “l’interesse pubblico.


