Al momento è sicuramente una delle proposte più controverse e azzardate del suo secondo mandato: l’idea di Donald Trump trasformare la Striscia di Gaza nella “Riviera del Medio Oriente” ha spaccato la geopolitica.
IL PIANO ‘RIVIERA’ NELLA STRISCIA DI GAZA
Il piano prevede che gli Stati Uniti assumano il controllo a lungo termine del territorio, promuovendone una totale ricostruzione per renderlo un’area di sviluppo economico e turistico. Il progetto – questo il nodo più contestato – implicherebbe lo sfollamento della popolazione palestinese, con un trasferimento “temporaneo” in altri Paesi della regione, in particolare Giordania ed Egitto (secondo gli auspici dell’amministrazione americana). Trump ha presentato il piano in conferenza stampa con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, quale soluzione innovativa per portare stabilità nella regione. Nel suo intervento, ha ipotizzato che l’area possa diventare un luogo di investimento e sviluppo, dove persone da tutto il mondo vorranno acquistare proprietà e vivere in pace. Queste, almeno sulla carta, sono le intenzioni.
A seguito delle reazioni internazionali, la Casa Bianca ha parzialmente modificato la narrazione, affermando che il ricollocamento della popolazione sarebbe “temporaneo” e che ogni decisione verrà presa in accordo con gli alleati regionali. Trump però non ha chiarito alcuni punti fondamentali: non è stato specificato se il piano preveda l’invio di truppe americane a Gaza, anche se il presidente non ha escluso questa possibilità, affermando che “faremo ciò che è necessario”. Inoltre, resta il nodo del finanziamento del progetto, con la Casa Bianca che ha dichiarato che gli Stati Uniti non copriranno i costi della ricostruzione, ipotizzando il coinvolgimento di altri partner, soprattutto del Golfo.
SOLO ISRAELE PLAUDE ALL’IDEA DI TRUMP
Il piano ha suscitato una reazione fortemente negativa nella comunità internazionale. Il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mahmoud Abbas, ha definito la proposta inaccettabile, ribadendo che “i legittimi diritti dei palestinesi non sono negoziabili”. Hamas ha denunciato la proposta come “razzista” e coerente con le politiche dell’estrema destra israeliana.
Dura la reazione anche di Egitto e Giordania, i Paesi individuati da Trump come destinazioni per i palestinesi sfollati. Il presidente egiziano Al Sisi e il presidente francese Macron hanno condannato l’ipotesi, sottolineando che lo “sfollamento forzato della popolazione palestinese sarebbe una grave violazione del diritto internazionale”. Anche il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha parlato apertamente di “pulizia etnica”.
Critiche sono arrivate dall’Unione europea e dalle principali capitali occidentali, inclusi Parigi, Londra e Berlino. Russia e Cina hanno espresso una posizione simile, mentre il Consiglio per i diritti umani dell’Onu ha bocciato il piano. In risposta, Israele ha annunciato il proprio ritiro dal Consiglio, seguendo la decisione già presa dagli Stati Uniti.
L’unico sostegno aperto alla proposta è arrivato proprio da Israele. Netanyahu ha affermato che il piano di Trump “potrebbe cambiare la storia” e che “Gaza nella sua forma precedente non ha futuro”. Tuttavia, anche all’interno dell’esecutivo israeliano non c’è unanimità sulla questione, con alcuni funzionari che hanno espresso perplessità sulle modalità di attuazione.
LE DIVERGENZE IN ITALIA TRA I DUE VICEPREMIER
In Italia, il piano Riviera ha diviso il governo. Il vicepremier Matteo Salvini – che nei prossimi giorni volerà in Israele per incontrare Netanyahu – ha espresso interesse per la proposta di Trump, auspicando che possa aprire una nuova fase di pace e prosperità nella regione. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha invece ribadito che la posizione ufficiale dell’Italia resta quella della soluzione dei due Stati, sottolineando che qualsiasi ipotesi di sfollamento della popolazione palestinese è inaccettabile.
Giorgia Meloni, per il momento, ha scelto il silenzio. La premier italiana, additata come un’importante interlocutrice per i rapporti transatlantici, ha evitato commenti diretti sulla proposta di Trump, limitandosi a sottolineare che la questione dei rifugiati deve essere discussa con tutti gli attori regionali.
L’opposizione italiana si è invece schierata apertamente contro il piano. Il Partito Democratico lo ha definito “folle e criminale”, mentre il Movimento 5 Stelle lo ha bollato come “un delirio fuori dal diritto internazionale”. Anche Alleanza Verdi e Sinistra ha espresso una condanna netta, sottolineando che la priorità deve essere il riconoscimento dello Stato palestinese.
LE INCOGNITE DEL PIANO ‘RIVIERA’
Molti aspetti del piano Riviera restano quindi vaghi e controversi. In primo luogo, non è chiaro se Trump intenda realmente dispiegare truppe americane per prendere il controllo di Gaza, anche se la Casa Bianca ha precisato che, per ora, “non c’è alcun impegno” in questo senso.
In secondo luogo, il progetto di trasferire gli 1,7 milioni di civili che vivono a Gaza solleva enormi interrogativi. Mentre alcuni palestinesi potrebbero decidere di lasciare la Striscia volontariamente, la maggior parte non ha i mezzi economici per farlo o è fortemente legata alla propria terra. Inoltre, come detto, Egitto e Giordania hanno già respinto qualsiasi ipotesi di accogliere rifugiati, rendendo l’attuazione del piano ancora più complessa.
Infine, resta il nodo economico. La ricostruzione di Gaza richiederebbe investimenti ingenti, e gli Stati Uniti hanno già chiarito che non intendono sostenerne i costi. Trump ha suggerito il coinvolgimento di altri Paesi, in particolare nel Golfo, ma al momento nessuno si è fatto avanti per finanziare il progetto.