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“A cinque anni vendeva noccioline”: chi era Jimmy Carter, il Presidente Usa speronato da Teheran

Jimmy Carter

Chi era il Presidente Jimmy Carter venuto a mancare a 100 anni. Due nodi della sua presidenza, la relazione tra Iran e Usa, e i disordini in Medioriente, sono oggi più attuali che mai 

Ieri notte è venuto a mancare all’età di 100 anni Jimmy Carter, il 39esimo presidente degli Stati Uniti d’America, l’uomo per cui è stato coniato l’appellativo di “outsider alla Casa Bianca”.

“Ho sempre guardato alla presidenza degli Stati Uniti con rispetto e con timore reverenziale, e questo continua a essere il mio atteggiamento – scriveva Jimmy Carter nel suo libro “A 5 anni vendevo noccioline” (ed Sperling & Kupfer, 1976) -. Ma di recente ho cominciato a rendermi conto che il presidente e soltanto un essere umano”.

Jimmy Carter, esponente della sinistra americana, ambientalista, sensibile al rispetto dei diritti umani, precursore dei temi della sostenibilità ambientale ed economica. Carter è stato il primo presidente americano a confrontarsi con la durezza e la spietatezza del regime iraniano degli Ayatollah. In questi giorni stiamo assistendo a una nuova fiammata dello scontro, sempre attivo sotto la cenere, tra Usa e Iran. “L’Iran deve smetterla di arrestare arbitrariamente cittadini stranieri per usarli come “leva politica” di ricatto”. Così ha tuonato un portavoce del dipartimento di americano raggiunto da Repubblica.  In questa dialettica armata è finito invischiato anche il nostro paese, con l’arresto e l’ingiusta detenzione della giornalista Cecilia Sala in carcere a Teheran dallo scorso 19 dicembre.

LA PRESIDENZA CARTER E LA QUESTIONE ENERGETICA

Jimmy Carter, da giovane Governatore della Georgia, arriva alla Casa Bianca nel 1976. Pochi anni prima il mondo aveva sperimentato una delle prime crisi energetiche, lo “shock petrolifero” imposto dai paesi produttori di petrolio, seguito alla guerra dello Yom Kippur nel 1973. Carter, come ricorda il Corriere, “in un celebre discorso alla nazione evoca «disagio», invita all’austerity” facendo sua una politica energetica che includesse il controllo dei prezzi e incentivasse le nuove tecnologie.

USA, IL ‘GRANDE SATANA’ DEL REGIME DEGLI AYATOLLAH

Ma, come dicevamo, l’’outsider Jimmy Carter fu il primo presidente Usa ad avere a che fare con la teocrazia iraniana. La rivoluzione culturale e religiosa iraniana del 1979 costringe lo Scià di Persia, storico alleato degli USA, alla fuga. A guidare questa nuova stagione della politica iraniana è l’ayatollah sciita Khomeini rientrato dall’esilio che istituisce un regime teocratico islamica con tre obiettivi messianici: distruggere Israele; cacciare l’America, il ‘Grande Stata’, dal Medio Oriente; porre sotto il controllo iraniano Mecca e Medina, luoghi sacri per la religione islamica ma localizzati in Arabia saudita.

LA CRISI DEGLI OSTAGGI E IL FALLIMENTO DELLA MISSIONE EAGLE CLAW

Il 4 novembre del 1979 un gruppo di 500 studenti delle scuole coraniche assalta e occupa l’ambasciata Usa a Teheran, prendendo in ostaggio 52 impiegati del corpo diplomatico. Un sequestro che durò 444 giorni e causò un’umiliazione alla superpotenza simile a quella del fallimento dell’invasione della baia dei Porci. Il presidente Carter, desideroso di risolvere la crisi degli ostaggi entro la fine del suo mandato, messo alla prova dallo stallo delle trattative e pressato dall’opinione pubblica, cerca di forzare la mano acconsentendo a un’operazione speciali, Eagle Claw, per la liberazione degli ostaggi. La spedizione finisce in tragedia con la perdita di due velivoli statunitensi e la morte di otto militari.

LA LIBERAZIONE DEGLI OSTAGGI E L’AVVICENDAMENTO CON REGAN

Il sequestro dura fino al 20 gennaio 1981, e la liberazione degli ostaggi americani (che in precedenza erano stati mostrati bendati e ammanettati alla tv iraniana) avviene immediatamente dopo l’insediamento del nuovo presidente americano Ronald Reagan. Il regime degli Ayatollah, dunque, attese l’avvicendamento tra un presidente democratico e uno repubblicano per liberare gli ostaggi detenuti. Jimmy Carter, infatti, fu il primo presidente democratico a occupare la sedia della Casa Bianca per un solo mandato, dopo di lui Joe Biden.

GLI ACCORDI DI CAMP DAVID E IL PREMIO NOBEL PER LA PACE NEL 2002

A dimostrare come i sentieri della storia tornino più e più volte a intrecciarsi dobbiamo ricordare che, se la carriera da presidente è stata inevitabilmente funestata dalla gestione della crisi degli ostaggi, Carter nel 2002 fu insignito del premio Nobel per la pace, oltre che per le sue attività in campo umanitario, anche per gli accordi di Camp David del 1978 tra Egitto e Israele che portarono alla la stretta di mano tra Anwar Sadat e Menachim Begin dopo tredici giorni di trattative.

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