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AI Act: gli ostacoli che la presidenza spagnola vuole superare

Intelligenza Artificiale Editoria

La presidenza spagnola prova a portare a casa un accordo sull’AI Act, il testo che dovrebbe dotare l’UE di regole certe sull’intelligenza artificiale

È arrivato agli sgoccioli il trilogo, il negoziato tra Commissione, Parlamento e Consiglio europeo, sull’AI Act, l’atto attraverso il quale l’UE prova a dare delle regole nell’impiego dell’AI generativa come chatGPT. Le istituzioni europee stanno cercando un accordo per dotare l’Unione Europea di norme per cercare di governare la rivoluzione introdotta dall’intelligenza artificiale. Le posizioni diverse, tra paesi membri e tra paesi membri e istituzioni, preoccupano la presidenza spagnola (alla guida in questo semestre del Consiglio dell’Ue) che vorrebbe portare a casa il risultato prima dell’avvicendamento di gennaio con quella belga. Quest’ultima dovrebbe fare i conti con l’orizzonte temporale delle elezioni europee di giugno 2024.

LE REGOLE PER LE INTELLIGENZE ARTIFICIALI GENERATIVE: LE DUE STRADE

L’AI Act è il regolamento, composto da 85 articoli, che individua i diversi sistemi di intelligenza artificiale e mette i paletti per proteggere i cittadini dell’Unione da abusi e violazioni dei diritti fondamentali. Restano da sciogliere almeno due punti critici. Il primo riguarda le regole da applicare ai modelli fondativi (foundational models). Stiamo parlando di quella che è più comunemente conosciuta come AI generativa, quei software, come ChatGPT, LaMDA, capaci di svolgere compiti “umani”, come redigere un testo o disegnare un’immagine, e allenati attraverso un’enorme mole di dati.

Le istituzioni europee avrebbero pensato a due corsie sugli obblighi per gli sviluppatori dell’AI generativa. Da una parte ci sarebbero le AI ad alto impatto, per le quali si richiede l’applicazione ex ante, quindi prima della comparsa sul mercato dei prodotti, delle regole sulla sicurezza informatica, sulla trasparenza dei processi di addestramento e sulla condivisione della documentazione tecnica. Dall’altra, le Intelligenze artificiali generative per le quali gli obblighi e le previsioni della legge europea sull’intelligenza artificiale partono solo dopo che gli sviluppatori commercializzano i propri prodotti. Questa linea ripercorre quella del Digital services act (Dsa), e potrebbe mettere i bastoni tra le ruote a OpenAI, Microsoft, Google, Meta e alla francese Mistral, che sta costruendo un suo modello fondativo, con il sostegno dell’Eliseo, e la tedesca Aleph Alpha.

AI ACT: FRANCIA, ITALIA E GERMANIA CHIEDONO POCHE REGOLE CERTE

Su questo aspetto va registrata la posizione di Francia, Germania e Italia che non apprezzano e contrastano l’approccio graduale della presidenza spagnola, simile a quello americano, che sottopone a vigilanza e scrutinio i modelli più avanzati. I tre paesi fondatori contrastano la iper-regolazione, preferendo poche regole, certe, e stringenti che includano codici di condotta per lo sviluppo di questi modelli. “L’Italia insiste affinché tutti i modelli e sistemi di intelligenza artificiale rientrino in un quadro di regole certe e semplici – ha detto il sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione tecnologica,

Alessio Butti, intervenendo al Consiglio Ue Tlc a Bruxelles -, corredate di sanzioni per ogni modello e sistema di AI, inclusi quelli fondativi come sottolineato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, al fine di evitare zone franche o grigie e assicurare che regolazione e innovazione possano procedere insieme”. Il sottosegretario Butti si è fatto portavoce di un approccio “umanocentrico” nei confronti dell’AI “che dia impulso allo sviluppo consapevole delle nuove tecnologie e ponga l’Europa al centro della trasformazione digitale globale”.

AI ACT E SICUREZZA: ITALIA, FRANCIA E UNGHERIA VORREBBERO MANO LIBERA NELL’USO DELL’AI

Il secondo aspetto da dirimere è quale sarà la strada che seguirà il nostro continente in merito all’uso dell’AI per compiti di polizia e di sorveglianza. Il Parlamento vorrebbe introdurre regole stringenti mentre il Consiglio preferirebbe un approccio più accomodante e una certa libertà di movimento in materia di polizia. Gli Stati membri, infatti, pressano per poter usare l’Intelligenza artificiale per esaminare grandi moli di dati, identificare le persone, fare riconoscimento biometrico in tempo reale.

Addirittura, si pensa a uno scenario dalla “Minority report”, cioè all’uso dei dati per fare polizia predittiva e capire, attraverso l’uso degli algoritmi, la probabilità con cui può essere commesso un reato, da chi e dove. “Devono chiedono meno eccezioni per la polizia”, ha detto Brando Benifei, eurodeputato del PD e relatore dell’AI Act. A chiedere più elasticità nell’utilizzo dell’AI per la sicurezza sono Italia, Ungheria e Francia, mentre la Germania sposa la linea di cautela del Parlamento.

Leggi anche: AI Act, chi sono e cosa fanno gli esperti che hanno scritto a Meloni, Scholz e Macron

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