All’Eliseo i “volenterosi” per la pace in Ucraina: si va verso l’impiego di forze delle Nazioni Unite. Il report “How To Defend EUkraine” dell’Institute for european policymaking dell’Università Bocconi valuta gli scenari sul campo
Oggi si terrà il vertice dei “volenterosi” al quale partecipa anche il nostro paese. Il vertice è stato anticipato ieri da una riunione congiunta tra la Premier Giorgia Meloni, i due vicepremier Matteo Salvini ed Antonio Tajani (in videocollegamento) e il ministro della Difesa, Guido Crosetto.
“Nel corso della riunione è stato riaffermato l’impegno alla costruzione, insieme ai partner europei e occidentali e con gli Stati Uniti, di garanzie di sicurezza solide ed efficaci per l’Ucraina che trovino fondamento nel contesto euroatlantico”, si legge in una nota di Palazzo Chigi diffusa nel pomeriggio. “È stato, infine, affrontato il tema dell’attuazione e del monitoraggio del cessate il fuoco, su cui si sta facendo spazio un possibile ruolo delle Nazioni Unite, che il governo italiano sostiene da tempo”, scrive Palazzo Chigi.
IL VERTICE DEI VOLENTEROSI RITAGLIA UN RUOLO ALLE NAZIONI UNITE
Il vertice dei volenterosi arriva a pochi giorni dall’intesa, raggiunta grazie a un incrocio di bilaterali tra Stati Uniti d’America, Ucraina e Russia, che in cinque punti traccia il percorso che dovrebbe condurre i due paesi verso il cessate il fuoco. Da questa trattativa è stata tenuta fuori l’Unione europea che, invece, sin dall’inizio delle ostilità ha offerto la sua collaborazione all’ucraina. Resta, dunque, sul tavolo la domanda in merito a “cosa farà o dovrebbe fare l’Europa” in relazione al rapporto con Washington, più ostile che in passato, e con Kiev.
UCRAINA: COSA FARÀ O DOVREBBE FARE L’EUROPA?
A questa domanda hanno provato a rispondere i ricercatori dell’Institute for european policymaking dell’università Bocconi con il report How To Defend EUkraine. “Poiché molte opzioni stanno emergendo nel dibattito pubblico, abbiamo identificato nove possibili opzioni militari per un intervento europeo, che variano in base al tipo di impegno (combattimento o non combattimento), alla postura (offensiva o difensiva) e alla scala (da piccola a grande)”, scrivono.
LE OPZIONI MILITARI PER ARRIVARE ALLA PACE IN UCRAINA
Le opzioni valutate dai ricercatori comprendono:
- Forze Speciali (come proposto anche dal Presidente Emmanuel Macron)
- Assistenza e supporto alla sicurezza non combattente (NCS)
- Forza di dissuasione (Trip-Wire, TW)
- Difesa aerea e missilistica (AD)
- No-Fly Zone (NFZ)
- Campagna aerea contro obiettivi terrestri (AGC)
- Missione di peace enforcement (PE)
- Forza di reazione rapida mobile (MRRF)
- Schieramento congiunto da combattimento (CRJD)
Alcune opzioni, come l’uso di forze speciali o una missione di difesa aerea, sono considerate meno rischiose ma anche di impatto limitato. Al contrario, soluzioni più aggressive come una campagna aerea o il dispiegamento di una forza congiunta potrebbero provocare una reazione russa imprevedibile
UNA MISSIONE DI PEACE ENFORCEMENT DOPO UN ACCORDO DI PACE
La ricerca ha evidenziato quattro punti chiave:
- “Ogni opzione comporta compromessi significativi. Le forze speciali possono essere dispiegate rapidamente, ma il loro impatto strategico è limitato – si legge -; le opzioni come il Trip-Wire e il CRJD rafforzano la deterrenza, ma rischiano di provocare un’escalation; la No-Fly Zone e la difesa missilistica sono più fattibili, ma possono indurre provocazioni da parte della Russia”
- “Alcune opzioni non sono attualmente praticabili, né militarmente né politicamente”. In particolare, senza il supporto degli Stati Uniti, e un dispiegamento di forze da combattimento congiunto non sarebbe politicamente sostenibile nei confronti dell’opinione pubblica europea.
- “Alcune opzioni, come la difesa aerea e l’assistenza non combattente, sono fattibili, ma devono essere valutate a livello politico”.
- “Una missione di peace enforcement può funzionare solo dopo un accordo di pace, mentre l’impiego di forze speciali e di una campagna aerea sarebbe utile solo se un accordo di pace non venisse mai raggiunto o fosse apertamente violato”.
PEACE ENFORCEMENT: IN UE MANCA UNITÀ (SERVONO LE NAZIONI UNITE)
I problemi principali sono almeno due. Da un lato c’è la mancanza di una posizione unitaria tra i paesi europei. Le divergenze sugli obiettivi strategici e sulla ripartizione dei costi e dei rischi potrebbero rendere qualsiasi operazione impraticabile. Dall’altro l’impossibilità per Bruxelles di perseguire la strada militare senza il supporto di Washington. A questo si aggiunge il pericolo dell’escalation: la Russia ha già minacciato di utilizzare la deterrenza nucleare contro un coinvolgimento diretto europeo.
PEACE ENFORCEMENT: COINVOLGERE NAZIONI UNITE IL GLOBAL SOUTH
“L’Europa può realisticamente permettersi una missione di peace enforcement, l’assistenza non combattente e, in parte, una forza di reazione rapida mobile – scrivono i ricercatori -. Idealmente, queste tre opzioni dovrebbero essere perseguite simultaneamente per promuovere e garantire la pace, oltre che per scoraggiare eventuali violazioni. Tuttavia, questa strategia tripartita è probabilmente irrealizzabile. Per questo suggeriamo che i paesi europei si preparino per una missione di peace enforcement e, in parallelo, per un’operazione di assistenza non combattente o di reazione rapida, in modo da essere pronti a qualsiasi scenario di riaccensione del conflitto”. Tuttavia, a causa della probabile opposizione interna, “l’Europa dovrebbe cercare di ottenere una risoluzione delle Nazioni Unite per legittimare un’eventuale missione di peace enforcement”, in particolare sarebbe “utile coinvolgere paesi non europei come l’Australia e il Giappone, ma soprattutto nazioni del cosiddetto Global South, per rafforzare la legittimità dell’intervento”.