La caduta della Siria significa, da un lato, l'indebolimento della posizione internazionale dell'Iran, dall'altro, è…
Anm allo sbando?
I Graffi di Damato
Tra dichiarazioni critiche di singoli magistrati, documenti con più firme e tazebao affissi o circolanti nei tribunali in vista dello sciopero fissato per il 16 maggio contro la riforma pur parziale della giustizia, approvata dalla Camera e all’esame del Senato, sta letteralmente scoppiando il problema della scarsa rappresentatività dell’associazione o sindacato di categoria. Che pur vanta più di novemila iscritti su meno di diecimila magistrati operanti in Italia: ma iscritti sulla carta, perché in realtà a prendere le decisioni è una minoranza del 15 per cento. Lo abbiamo già rilevato a proposito dei 1400 partecipanti all’assemblea generale del 30 aprile all’Angelicum, dove votarono per lo sciopero in poco più di mille.
I dirigenti dell’associazione hanno incautamente ritenuto di emendarsi da ogni colpa o responsabilità nella gestione correntizia della categoria espellendo l’ex segretario Luca Palamara, colto con le mani nel sacco, diciamo così, nella pratica delle trattative da sottogoverno per promozioni e destinazioni da deliberare formalmente nel Consiglio Superiore della Magistratura. Lo hanno espulso – prima ancora che Palamara finisse davvero sotto processo in tribunale- come se quel modo balordo di gestire promozioni e incarichi, a grappoli o singoli, lo avesse inventato lui, e non lo avesse invece ereditato dai colleghi che lo avevano praticato con la stessa disinvoltura, a dir poco.
Tutti i nodi prima o dopo vengono al pettine. Esso potrebbe rivelarsi, per le polemiche interne che lo stanno distinguendo, proprio lo sciopero del 16 maggio, indetto in fondo contro gli stessi magistrati. Che non si fidano neppure di se stessi, come li ha giustamente accusati l’avvocato Gian Domenico Caiazza commentando le reazioni dell’associazione contro i fascicoli dove si potranno finalmente trovare i veri contenuti delle prestazioni delle toghe, di cui tener conto nella prosecuzione delle loro carriere, sempre dipendenti dal Consiglio Superiore.