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Steve Bannon, cosa ha detto (e fatto) in Italia l’ex consigliere di Trump

Bannon

Stephen K. Bannon, ex consigliere del presidente Trump, è stato arrestato ieri a New York con l’accusa di aver frodato i finanziatori della raccolta per il muro con il Messico

Stephen K. Bannon, ex consigliere del presidente Trump, è stato arrestato ieri giovedì 20 agosto a New York con l’accusa di aver frodato i donatori di We Build the Wall, una raccolta di fondi online che ha permesso di ricavare più di 25 milioni di dollari per finanziare il piano del presidente Trump per erigere una barriera sul confine Stati Uniti-Messico. “Bannon e altri tre imputati hanno imbrogliato centinaia di migliaia di contribuenti all’iniziativa capitalizzando il loro interesse per il muro e dicendo loro falsamente che tutto quel denaro sarebbe stato speso per la costruzione del muro”, ha detto Audrey Strauss, l’avvocato degli Stati Uniti in carica a Manhattan. Bannon è stato arrestato giovedì a bordo di uno yacht da 35 milioni di dollari, lungo 150 piedi, al largo della costa di Westbrook. Lavorando con la Guardia Costiera, gli ispettori postali federali e gli agenti speciali dell’ufficio della signora Strauss sono saliti a bordo della nave, che apparteneva all’uomo d’affari cinese in esilio Guo Wengui. Bannon è considerato l’architetto della campagna presidenziale di Trump nel 2016. Il presidente Trump ha commentato così la notizia dell’arresto di Bannon: “È molto triste”.

BANNON E L’ITALIA

Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana ha commentato su Twitter la notizia dell’arresto di Bannon postando una foto dello stesso Bannon insieme a Matteo Salvini, appaiata insieme a un’altra foto di Bannon con Giorgia Meloni. “L’ideologo dei pregiudizi e delle peggiori idee di Trump, l’amico di Salvini e Meloni. Oggi arrestato per aver frodato centinaia di migliaia di risparmiatori. Altro che valori tradizionali, solo un volgare truffatore…. #Trisulti #Bannon”

Bannon è stato per lungo tempo il fautore di una alleanza sovranista tra Salvini, Le Pen in Francia e Trump negli Stati Uniti. In Italia si era parlato di Bannon anche recentemente sul Messaggero per una notizia sulla Certosa di Trisulti, luogo di una delle basi strategiche di Bannon in Italia – ecco il perché dell’hastag di Fratoianni #Trisulti. “Canoni d’affitto non pagati, ma anche carte false e manutenzioni mai effettuate. Dopo avere incassato una vittoria davanti al Tar di Latina, che ha stabilito che, nonostante le anomalie, la Certosa di Trisulti resti in gestione alla Dignitatis Humanae Institute, l’associazione ultra cattolica che fa capo a Steve Bannon, che vorrebbe creare nell’ex convento di Collepardo la scuola internazionale del sovranismo, ora arriva la stangata penale”.

BANNON, SALVINI E DI MAIO

Bannon ha spesso analizzato la scena politica italiana trascorrendo del tempo nel nostro Paese, parlando in particolare di Salvini e Di Maio.  “Salvini rispetto a me si veste molto meglio adesso”, scherzava nel 2019. “Sembra una star di Hollywood, è in forma”. “Per Salvini la questione centrale è sempre stata l’immigrazione, che è uno dei temi più importanti anche per Trump. Ma prima di qualunque altra cosa, devi avere crescita economica”. Per il leader leghista comunque Bannon non ha che elogi, mentre lo stesso non vale per Di Maio. “Penso che Di Maio abbia esibito un’incredibile ingenuità andando a Pechino, ha dimostrato che non è ancora pronto per la ribalta. Che ingenuo. Ho visto gli articoli che arrivavano dalla Cina, è tornato con gli occhi spalancati, e loro sono abili nell’insistere su aspetti come questo”.

BANNON E CONTE

Nel suo libro Assedio il giornalista Michael Wolff ha suggerito che “Conte premier sia stata un’idea di Bannon”, il quale si “paracadutò” in Italia per aiutare a formare la coalizione di governo (“Né Salvini né Di Maio, nella formulazione di Bannon, avrebbero rivendicato il posto di premier, ma entrambi potevano mettersi d’accordo su una marionetta”). “Non ho letto una riga di quel che ha scritto”, ha dichiarato Bannon sul libro di Wolff. “L’unica cosa che ho detto a Salvini è che, dopo che lui e Di Maio avevano preso la decisione coraggiosa di non competere per la poltrona di premier, non dovevano permettere che l’Europa e la Banca Centrale scegliessero un tecnocrate al posto degli italiani”.

BANNON E IL RUSSIANGATE

Bannon viene ricordato per il tentativo di creare una internazionale populista e per i due Russiagate, quello di Trump e quello di Salvini. Lo stratega di Trump ha affermato che il Rapporto Mueller ha dimostrato solo che “tutta questa storia della Russia è esagerata”, mentre nel caso che coinvolge la Lega “eventuali finanziamenti russi sono illegali, non c’è dubbio, ma non è stato provato niente”. “In passato i sovranisti hanno vinto a sorpresa. Hillary Clinton ci ha fatto il dono più grande, il nostro nome, i deplorevoli”, ha ricordato Bannon in chiusura della sua conferenza nel 2019. “Ora sarà dieci volte più dura, ma vinceremo di nuovo”.

BANNON E CALENDA

Bannon era stato in Italia a più riprese negli anni passati e aveva partecipato a numerosi eventi a Roma. In uno in particolare, del 2019, ricordiamo il suo confronto con Carlo Calenda, nel quale si sono confrontati in un dibattito senza esclusione di colpi organizzato negli uffici di Roma di Comin & Partners e moderato da Lucia Annunziata. “Il Quantitative easing ha favorito il partito di Davos e non la gente comune, Huawei è un pezzo dell’esercito cinese, Salvini, Bolsonaro e Trump sono i tre maggiori leader mondiali”, queste sono solo alcune delle dichiarazioni di Bannon. Dall’altro lato del palco, Calenda ha risposto come “Bruxelles aveva dato all’Italia tutti i consigli giusti, siamo noi che non li abbiamo messi in pratica”.

BANNON E LO SHARP POWER

L’era dello sharp power: La guerra (cyber), il libro di Paolo Messa, dal 1 settembre ex direttore affari istituzionali di Leonardo e fondatore di Formiche, si chiude con un’inedita conversazione con Bannon, in quanto stratega della campagna presidenziale di Trump e suo consigliere alla Casa Bianca nei primi mesi del mandato. Intervistato per Formiche durante una visita a Roma nel giugno 2018, Bannon ha offerto ulteriori spunti di riflessione in tema di potere e cyberwar, mostrando il punto di vista di quella parte della politica statunitense che interpreta lo sharp power come una inevitabile evoluzione della guerra tra le grandi potenze, combattuta su piani nuovi, in primis economico e informativo. Se lo sharp power è davvero un concetto nuovo, le sue conseguenze e i suoi effetti si vedono già da tempo. Però – ci avverte la fine del libro – bisogna stare attenti a non cadere né nell’errore di “alimentare una fobia di volta in volta centrata sulla Russia, la Cina o l’Iran”, né in quello opposto di sottovalutare la minaccia di questa attuale espressione delle relazioni internazionali.

CHI È STEVE BANNON

Bannon è nato il 27 novembre 1953 a Norfolk, in Virginia, da una famiglia cattolica e democratica di origine irlandese. Si è sposato e ha divorziato per tre volte, ha tre figlie. Si è laureato in pianificazione urbana nel 1976 alla Virginia Tech Univeristy. Ha conseguito un master in Studi sulla Sicurezza. Si è specializzato in Economia alla Harvard Business School. È stato ufficiale di marina per sette anni. Prima di impegnarsi in politica è stato direttore del sito di news Breitbart, vicino al movimento di estrema destra Alt-Right. Ha lavorato presso la Goldman Sachs come banchiere d’investimento ed è stato un produttore di Hollywood, producendo tra il 1991 e il 2016 diciotto film.

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