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Forever Ceo, ecco gli ad più eterni che guidano le multinazionali Usa

Ceo Aziende

Tutti i nomi fatti dal Financial Times: i capi delle aziende americane che sono diventati veterani. Ma tanti altri si sono dimessi con anticipo nel 2022

“Non mollano mai, non hanno alcuna intenzione di farlo, e non c’è neppure chi glielo chiede, a parte forse i candidati alla successione che in genere finiscono per abbandonare le aziende dove sono cresciuti allo scopo di cercare altrove la gloria negata a casa”. Raccontava così Repubblica, pochi giorni fa, il fenomeno già ridenominato in Nord America (e non solo ) come Forever Ceo. Il riferimento è alla longevità dei manager delle multinazionali a stelle e strisce nella posizione di amministratore delegato. In Italia parleremmo di poltrone, non politiche ma economiche. “I poteri forti” della grande finanza, si sente dire in certi discorsi estremisti e complottisti.

Ma a prescindere da ciò, il fenomeno c’è. E coinvolge gruppi come JP Morgan, Berkshire Hathaway, Morgan Stanley, Bank of America, Wells Fargo e Citigroup.

E che hanno fatto di male, i loro Ceo, nel restare così a lungo – un decennio – alla guida? “Le motivazioni di queste leadership perpetue – scriveva ancora Mastrolilli sul quotidiano diretto da Maurizio Molinari – stanno certamente nelle ambizioni di chi riesce a conquistarle, ma anche nel valore che azionisti, proprietari e clienti attribuiscono all’esperienza, la competenza e la continuità”.

“Il danno forse sta proprio nello scarso avvicendamento e nella poca diversità, che pure costituiscono linfa vitale per il rinnovamento e la proiezione verso il futuro”. Tutto chiaro, cari James Morgan, Brian Moynihan, John Stumpf, Mike Corbat?

FARE O NON FARE AFFIDAMENTO SU QUESTA GENERAZIONE DI CEO?

Secondo il Financial Times, più in generale, la fase attuale è dominata da leader aziendali di cinquanta o sessant’anni impauriti da questi anni di fratture geopolitiche. Una generazione che “non ha mai avuto a che fare con il rischio geopolitico”, ha detto Simon Evenett (docente di San Gallo). “È un profondo shock per la loro mente e la loro visione del mondo. Sono davvero alle prese con questo nuovo mondo”.

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Tante aziende occidentali con presenza in Russia, ad esempio, si sono bloccate. A causa della guerra, ovviamente. Come raccontato dal Ft, “alla fine dello scorso anno, meno del 9% delle 1.404 aziende dell’UE e del G7 che operavano in Russia prima dell’invasione dell’Ucraina avevano lasciato il Paese, hanno riferito Evenett e il professore della IMD Business School Niccolò Pisani in un documento pubblicato il mese scorso”.

L’EPOCA DELL’INCERTEZZA AZIENDALE

Facile arrivare allora a definire quest’epoca come incerta. Che a fine 2022 ha portato a dimissioni importanti ai vertici di alcune grandi società. Shell, Philips, Adidas, Credit Suisse e Rolls-Royce hanno annunciato la fine del rapporto anticipato con i rispettivi amministratori delegati.

Nel Regno Unito, nell’anno concluso da poco, hanno lasciato quasi l’80% in più dei Ceo rispetto al 2021. “Almeno una parte delle partenze è stata ritardata dalle turbolenze provocate dalla pandemia di Covid-19”, scriveva in autunno il quotidiano economico della City. “In tempi di sconvolgimenti, è naturale che i consigli di amministrazione delle aziende cerchino la stabilità mantenendo gli amministratori delegati al loro posto. Dopo aver superato la fase peggiore della tempesta causata dal coronavirus, le partenze si stanno facendo sentire”.

Eppure, come abbiamo visto, ce ne sono tanti altri che non mollano…la propria poltrona.

 

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