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Che cos’è l’Isis-k? È amico o nemico dei Talebani?

Cos'è Isis-k

Lo Stato Islamico del Khorasan, conosciuto come Isis-K è responsabile della carneficina di ieri all’aeroporto di Kabul ma non è ben chiaro in che rapporti sia con i Talebani

Continuano ad aumentare le vittime dell’attentato di ieri all’aeroporto di Kabul, rivendicato dalla fazione dell’Isis attiva in Afghanistan, nota come Isis Khorasan, Isis-K o ancora Iskp, da Islamic State Khorasan Province, ovvero Stato Islamico della provincia afghana del Khorasan.

L’ALLARME DEI SERVIZI SEGRETI

L’attentato suicida era atteso, dopo che nei giorni scorsi alcuni funzionari dell’intelligence americana avevano indicato l’Isis-K come minaccia concreta proprio nella zona dell’aeroporto della capitale afghana.

ISIS E TALEBANI

I Talebani sono spesso stati associati ad Al Qaeda, che ha infatti gioito per la “storica vittoria” dei suoi “alleati” in Afghanistan, ma per l’Isis – ha scritto Repubblica – i Talebani vittoriosi altro non sembrano che “apostati traditori” e “agenti degli americani”.

“Talebani e Isis sono in guerra da tempo e i Talebani hanno indicato in varie occasioni di voler tenere il gruppo Isis lontano dalle aree sotto suo controllo”, ha spiegato il quotidiano.

isis-k

I NODI DELLA CONTESA

L’Isis-K sembra aver conteso ai Talebani “il monopolio delle operazioni terroristiche contro obiettivi militari e civili all’interno del Paese”.

La spiegazione pare sia la convinzione che l’etnia Pashtun (principale etnia all’interno del movimento talebano) sia “religiosamente impura” e “politicamente compromessa” essendo scesa a patti con il “diavolo americano”.

ABU OMAR

Secondo quanto riportato da Repubblica, inoltre, “tra i cinquemila detenuti liberati dai Talebani uno solo sarebbe stato giustiziato sul posto dagli studenti coranici: Abu Omar Khorasani, uno dei comandanti di vertice dell’IS nel sud-est asiatico”.

CHE COS’È L’ISIS-K

Secondo l’Onu, l’Isis-Khorasan conta 2.200 miliziani armati concentrati nella provincia montana di Kunar, al confine con il Pakistan. Un contingente composito, dove trovano spazio militanti pashtun pakistani fuggiti dal loro Paese, disertori afghani, estremisti uzbeki e, in numero più limitato, reduci arabi di quello che fu lo Stato islamico siro-iracheno.

CHI GUIDA IL MOVIMENTO

“Oggi alla guida c’è Shahab al Muhajir”, scrive Guido Olimpio sul Corriere. “Interessante l’origine dei dirigenti. Khan è stato con i talebani afghani, poi con quelli pachistani, infine è entrato nei ranghi jihadisti più duri. L’attuale leader – sostengono alcuni esperti – potrebbe essere arrivato dal Medio Oriente, una scelta per superare frizioni e portare in dote esperienze vittoriose, un vincolo stretto con la casa madre. Un personaggio misterioso che potrebbe favorire l’arrivo di reclute dall’estero”.

LA REAZIONE TALEBANA ALL’ATTENTATO

Per i Talebani “gli attentati sono avvenuti in un’area dove le forze Usa sono responsabili della sicurezza”. “Noi non c’entriamo”, sembra essere il messaggio. “La colpa è di quei perdenti degli americani”, “sarà meglio che se ne vadano come hanno promesso”, sembra essere la strategia di comunicazione.

leader talebani Afghanistan

IL DOPPIO GIOCO

Come ha scritto Andrea Nicastro sul Corriere: attenzione però al possibile doppio gioco dei Talebani. “La loro priorità assoluta sembra essere quella di avere le truppe straniere fuori dal Paese”. Solo allora “si può proclamare la vittoria e annunciare un governo”. “Sono disposti anche a dire a Joe Biden, il capo della superpotenza che potrebbe schiacciarli con un bottone, che non può restare un giorno oltre il previsto. Non sarebbe strano fossero stati loro a far arrivare l’allarme attentato alla Cia”.

Secondo il giornalista, “in una città terrorizzata, dove qualsiasi amico dell’Occidente sta il più possibile coperto, chi altri può passare un’indicazione così circostanziata? E perché non pensare male fino in fondo e concludere che siano stati gli stessi Talebani ad avverare la loro previsione?”.

Per i Talebani, dunque, “offrire agli Usa la scusa del terrorismo per chiudere il ponte aereo è un’operazione facilissima da mettere in piedi”.

EFFETTO DOMINO

Alberto Negri sul suo profilo Facebook ha scritto, “Con l‘attentato di Kabul l’IsisK coglie 4 obiettivi: 1) colpire gli Usa 2) minare la credibilità dell’”ordine” talebano 3) colpire la rivale Al Qaeda 4) lanciare un messaggio alla Jihad globale dall’Asia al Nordafrica, dal Medio Oriente al Sahel. Il ritiro americano può provocare un effetto domino sulla sicurezza internazionale”.

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