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Chi sono gli uomini (e le donne) della Situation Room di Trump

Ideata dopo il disastro della Baia dei Porci la Situation Room della Casa bianca è la centrale operativa nella quale sono prese le decisioni diplomatiche più importanti per gli Usa  

La guerra tra Israele e Iran sta portando scompiglio non solo tra le cancellerie europee e mediorientali ma anche tra i più stretti collaboratori del presidente degli Stati uniti d’America, il migliore amico di Israele. L’unità di crisi statunitense si è riunita martedì scorso nella “Situation room” della Casa Bianca per definire una linea da tenere nei confronti di Iran e Israele. L’obiettivo è evitare, per quanto possibile, un coinvolgimento diretto degli Usa nel conflitto con l’Iran, e questo al netto degli ultimatum di Trump.

SITUATION ROOM: UNA CENTRALE DI CRISI SEMPRE ATTIVA

La situation room è il centrale operativa e un centro di gestione delle crisi internazionali situata nei sotterranei della Casa Bianca ed è al servizio diretto del presidente degli Stati uniti e dei suoi più stretti consiglieri. L’ideazione di un centro di controllo per le informazioni più sensibili che fosse anche un luogo fisico nel quale centralizzare le decisioni e le persone che le prendono arrivò dopo il disastro dell’operazione nella Baia dei porci. All’epoca parte della responsabilità del fallimento dell’operazione cubana venne attribuito all’assenza di una efficace filiera dell’informazione. Oggi lo staff della Situation Room conta circa 130 persone, tra queste cinque squadre di vigilanza, un team di supporto di viaggio, operatori video e tecnici della comunicazione.

DA HEGSETH A WITKOFF: GLI UOMINI NELLA SITUATION ROOM DI TRUM

Come anticipato alle riunioni nella situation room partecipano gli uomini (e le donne) più vicine al presidente degli Stati Uniti d’America, il suo cerchio magico. Tra questi il  vicepresidente J.D. Vance che dopo l’ultima riunione nella situation room ha affermato che il presidente ha “mostrato una notevole moderazione” nell’uso delle forze armate statunitensi” sebbene “potrebbe comunque decidere di dover intraprendere ulteriori azioni per fermare l’arricchimento dell’Iran”, una decisione che “spetta in ultima analisi al presidente”. Insieme a lui c’era anche il capo della Cia John Ratcliffe, che lo scorso l’8 giugno aveva avvisato Trump delle intenzioni bellicose del premier israeliano Netanyahu nei confronti di Teheran.

GLI UOMINI DELL’INTELLIGENCE NELLA SITUATION ROOM

Un posto di riguardo è riservato all’inviato speciale Steve Witkoff, al segretario di Stato e consigliere per la sicurezza nazionale Marco Rubio, al capo del Pentagono Pete Hegseth (l’uomo dietro la fuga di notizie circa l’attacco militare in Yemen comunicate sulla chat del di messaggistica Signal) e chiaramente, al capo della Cia John Ratcliffe.

IL BATTIBECCO A DISTANZA TRA TRUMP E GABBARD

Alle riunioni nella situation room partecipa anche la direttrice dell’intelligence nazionale Tulsi Gabbard, veterana dell’esercito ed ex deputata del partito democratico. La direttrice Gabbard, da sempre ostile al coinvolgimento degli Usa in nuove guerre all’estero, è stata coinvolta in un battibecco a distanza con il presidente Trump. Mentre Trump tornava a Washington dal G7, come riporta il Corriere della Sera, una reporter gli ha ricordato che a marzo, al Congresso, la direttrice dell’intelligence nazionale Gabbard  (nonché possibile candidata alla presidenza nel 2028) negò che l’Iran stesse cercando di costruire un’arma nucleare. Non mi importa cosa dice – ha tagliato corto Trump – Erano molto vicini ad avere un’arma”.

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