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Come Israele può distruggere davvero Hamas?

Cina Israele

Tanti gli interrogativi che anche l’Occidente si sta ponendo sulla guerra in corso tra Israele e Hamas e sul futuro di Gaza e di tutto il Medio Oriente

Israele distruggerà Hamas? In che modo? Cosa accadrà dopo? Tanti gli interrogativi sulla guerra tra Israele e Hamas e sul futuro del Medio Oriente. Per rispondere a simili domande bisogna considerare una serie di punti ineludibili

1) L’efficacia della risposta militare. Nel passato potenti regimi politici illiberali – come la Germania nazista o il Giappone imperiale – sono stati distrutti militarmente, senza risorgere. Ma non è sempre andata così. Il comunismo sovietico è sfociato nella Russia imperial-nazionalista di Putin. I talebani afghani, dopo che gli Stati Uniti li hanno sconfitti dopo l’11 Settembre, oggi sono di nuovo al governo a Kabul. Anche la decimazione militare di Hamas – che l’esercito israeliano tenterà fino in fondo, senza dubbio, per dare una lezione indimenticabile – potrebbe non corrispondere affatto alla sua fine politica: potrebbe perfino rinforzarne le idee.

IL CARATTERE E L’IDENTITA’ DI HAMAS

2) Il carattere di Hamas. Si può davvero distruggere un’organizzazione “terrorista” “di massa”, ossia con radici forti nel tessuto sociale dove nasce e prospera? Hamas è anche un partito – l’unico capace di vincere le elezioni al momento nei Territori palestinesi, tra l’altro. Uno dei motivi per cui non piace a Paesi come l’Arabia Saudita è proprio la sua dimensione popolare. L’Isis è stato decimato tra Siria e Iraq, ma il jihadismo esiste comunque tra Medio Oriente e Africa, perché ne continuano ad esistere le cause sociali e politiche. Molti leader di Hamas, d’altronde, non risiedono affatto a Gaza (voi ci stareste?), ma se ne stanno tranquilli a Doha. Il grande sforzo di Israele sulla Striscia, insomma, potrebbe essere fondamentalmente mal calibrato e fuori bersaglio.

3) L’identità di Hamas. I Palestinesi si sentono rappresentati da Hamas soprattutto in quanto forza capace di difenderne la causa: dunque Hamas non “è” solo a Gaza, ma si è radicato anche in Cisgiordania, e nella diaspora palestinese nei vari stati vicini. Bombardamenti indiscriminati o addirittura un’invasione terrestre che si preannuncia devastante (e forse per questo non è ancora cominciata) potrebbero avvantaggiare una Hamas che negli ultimi anni ha sofferto l’essere diventato più “il partito di governo di Gaza” che la forza garante dell’identità palestinese. Proprio come è successo a Fatah in Cisgiordania. E ha perso sostegno a favore di gruppi più radicali. Lo scontro violento, invece, può dargli una rinnovata legittimità.

IL CONCETTO DI SCONFITTA (E DI VITTORIA)

4) Il concetto di sconfitta. L’esercito israeliano può disarmare/uccidere tutti i membri di Hamas che incontra? Può. Può distruggerne la struttura di comando, la rete di rifornimento, gli arsenali? Può (a un costo maggiore). Ma questo non significa automaticamente una “vittoria” politica, e nemmeno militare: “distruzione” non sempre coincide con “sconfitta”. Trasformando Gaza in Dresda, ossia radendola al suolo dal cielo, o in Leningrado, ossia assediandola fino alla fame, Israele “vincerebbe”? No, se rimanessero in piedi i fondamenti politici dell’esistenza di Hamas. E sarebbero appunto quelli a comportare una diffusione del conflitto ben oltre Gaza.

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