Fervono i negoziati per la pace tra Mosca e Kiev, cui sembrano finalmente partecipare anche ucraini ed europei. Ecco cosa c’è nella proposta che Witkoff e Kushner hanno consegnato a Putin ieri
Il presidente russo avverte: “Se l’Europa vuole la guerra, siamo pronti”. Ma intanto incontra Witkoff e Kushner per negoziare le nuove proposte di pace concertate con Kiev e gli alleati europei. Dopo, la delegazione Usa farà visita a Zelensky.
Intanto il segretario della Nato, Mark Rutte, fa sapere che non c’è consenso sull’adesione di Kiev all’Alleanza atlantica, aprendo un ulteriore spiraglio alla possibilità che la trattativa vada in porto. I nodi irrisolti e su cosa si può chiudere il difficile accordo
ZELENSKY TIRA DRITTO
Zelensky ha incassato il sostegno europeo a Parigi nell’incontro con il presidente francese Emmanuel Macron in cui si è discusso di sanzioni, garanzie di sicurezza e negoziati di pace. Il numero uno dell’Eliseo ha ribadito che nessun accordo potrà avanzare senza il pieno coinvolgimento europeo con l’intervento dei “volenterosi” mentre Zelensky tira dritto: “la Russia non sia ricompensata per questa guerra. I russi non vogliono fermarsi nonostante le perdite” sostenendo che la questione territoriale è la partita più difficile e auspicando garanzie di sicurezza per garantire agli ucraini “che non si ripeterà un’aggressione”.
ESISTE UNA “TERZA BOZZA”
Esisterebbe una terza bozza, molto diversa dal primo piano di pace Usa-Russia per l’Ucraina. Il contenuto sarebbe stato oggetto dell’incontro di ieri a Mosca tra Witkoff, Kushner e Putin Secondo fonti diplomatiche, Regno Unito, Francia e Germania, sarebbero state coinvolte da vicino nella nuova stesura, e ora gli Usa starebbero spingendo una nuova bozza di accordo, pesantemente modificata rispetto al precedente piano in 28 punti. Il primo accordo avrebbe comportato per Kiev concessioni territoriali, limiti alle sue forze armate, il divieto costituzionale di aderire alla NATO e un vasto piano economico per la ricostruzione. In quest’ultimo, invece, i due temi cruciali sarebbero “la questione dei territori e le garanzie di sicurezza”.
I NODI IRRISOLTI: LA QUESTIONE DEI TERRITORI
Il principale nodo rimane quello sul controllo dei territori contesi. La Russia considera la Crimea, che Mosca ha annesso nel 2014, e il Donbass, oltre alle regioni di Zaporizhzhia e Kherson, come parte integrante della Federazione Russa. Le Nazioni Unite hanno dichiarato che tali annessioni sono illegali secondo il diritto internazionale.
Secondo il piano Usa in 28 punti, l’Ucraina sarebbe obbligata a ritirarsi dalla parte di Donbass ancora sotto il suo controllo – circa 5.000 km² – e quell’area diventerebbe una zona neutrale e demilitarizzata, riconosciuta a livello internazionale come territorio russo. In pratica Crimea, Luhansk e Donetsk sarebbero riconosciute come de facto russe, anche dagli Stati Uniti, mentre nella controproposta delle potenze europee, che hanno giudicato la bozza iniziale statunitense troppo favorevole alla Russia, l’Ucraina si impegnava soltanto a non recuperare con la forza i territori controllati da Mosca.
Negli ultimi giorni, Zelensky avrebbe aperto al riconoscimento di alcuni territori come russi de facto, ma ha escluso qualsiasi riconoscimento de jure, aggiungendo di non avere un mandato per cedere territori ucraini.
KIEV RINUNCIA ALLA NATO?
Un altro tasto dolente è la richiesta da parte russa di un impegno nero su bianco della Nato a non espandersi ulteriormente verso Est. Uno scenario che invece è aspirazione costituzionalmente sancita (dal 2018) dell’Ucraina. Da ultimo la controproposta europea al piano Usa affermava che l’adesione dell’Ucraina alla NATO dipende dal consenso dei membri dell’Alleanza. E proprio su questo punto oggi è intervenuto il segretario generale della Nato Mark Rutte, precisando che al momento tale consenso non esiste. Il che potrebbe preludere a un accordo negoziato tra gli stati membri della Nato e Mosca per impedire, lato Alleanza, l’ingresso di Kiev.
PERCHE’ LA BCE BLOCCA GLI ASSET RUSSI
Intanto, sembra naufragata la proposta della Commissione europea di utilizzare i beni congelati alla Russia per finanziare il sostegno all’Ucraina. Secondo le indiscrezioni del Financial Times la Banca centrale europea si rifiuterà di fornire garanzie per il prestito da 140 miliardi a Kiev, facendo leva sugli asset russi depositati presso Euroclear perché la proposta della Commissione europea violerebbe il suo mandato. Un’ulteriore difficoltà per l’Ue nel raccogliere un prestito che così rischia di pesare sulle casse dei Paesi membri. Una delle promotrici dell’uso degli asset russi era stata l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Kaja Kallas. Mentre tra i paesi che hanno da sempre osteggiato la misura ci sono Ungheria e Slovacchia a cui si è aggiunto il Belgio.

