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Come e perché Turchia e Israele fanno la pace

Turchia

Turchia ed Israele tornano ad avere rapporti diplomatici, dopo anni di relazioni molto difficili. Ecco perché

Dopo oltre un decennio di tensioni, sgarbi e sportellate, e quattro anni con le rispettive ambasciate vuote, Turchia e Israele hanno deciso di procedere con la piena normalizzazione dei rapporti diplomatici, aprendo una fase di rinnovata cooperazione tra le due potenze regionali.

La svolta

Come ha sottolineato Axios facendo riferimento a un comunicato proveniente dagli uffici del primo ministro israeliano, la svolta è maturata martedì durante una telefonata tra i direttori generali dei due Ministeri degli Esteri.

Tornano ambasciatori e consoli

Israele ha accettato di riassegnare un proprio ambasciatore ad Ankara e un console generale a Istanbul, mentre la Turchia ha deciso di fare altrettanto con l’ambasciata di Tel Aviv e il consolato di Gerusalemme.

Le parole del ministro degli Esteri turco

Come ha dichiarato in una successiva conferenza stampa il Ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, con parole riportate da Reuters, “questo passo positivo è giunto da Israele e come risultato di questi sforzi anche noi abbiamo deciso di destinare un ambasciatore in Israele.

Cavusoglu ha anche aggiunto, riferisce Deutsche Welle, che non per questo “rinunceremo a (sostenere la) causa palestinese”, precisando però che “è importante che i nostri messaggi siano veicolati direttamente attraverso gli ambasciatori”.

Il comunicato di Lapid

Poche ore dopo l’annuncio del ripristino delle relazioni diplomatiche, il Primo Ministro israeliano Yair Lapid ha avuto una conversazione telefonica col Presidente turco Erdogan. Nel successivo comunicato emesso dallo staff del Primo Ministro si sottolinea come “il miglioramento delle relazioni contribuirà ad approfondire i legami tra i due popoli, ad espandere le relazioni economiche, commerciali e culturali e a rafforzare la stabilità regionale”.

Il comunicato di Erdogan

Nel comunicato emesso dalla Presidenza turca si legge come la decisione “porterà molti risultati, specialmente ni campi del commercio e del turismo”. Durante la telefonata con Lapid, Erdogan avrebbe anche espresso il suo sostegno allo “sviluppo della cooperazione e del dialogo tra Turchia e Israele su una base sostenibile e sulla base del rispetto delle mutue sensibilità”.

Tre lustri di relazioni difficili

Come nota l’Associated Press, le relazioni tra Turchia e Israele, storicamente buone, avevano cominciato a deteriorarsi man mano che Erdogan, nel consolidare il suo potere ad Ankara, aveva preso ad attaccare sistematicamente lo Stato ebraico per il suo trattamento dei palestinesi. Israele dal canto suo aveva preso a criticare veementemente l’abbraccio turco di Hamas, il ramo palestinese dei Fratelli musulmani che conduce una storica azione conflittuale contro Gerusalemme.

L’incidente della Mavi Marmara

La maretta tra i due Paesi sfociò in crisi aperta nel maggio 2010, quando la marina israeliana impose l’alt in mare aperto a un convoglio di imbarcazioni di attivisti filopalestinesi che stava tentando di forzare il blocco di Gaza. Nell’incidente avvenuto a bordo della Mavi Marmara persero la vita dieci attivisti turchi, mentre numerosi militari israeliani rimasero feriti. I due Paesi allora decisero di ritirare i rispettivi ambasciatori, approfondendo la conflittualità allora ancora latente.

Il caso dell’ambasciata Usa a Gerusalemme

Nonostante nel 2016 si fosse tornati a una normalizzazione dei rapporti, appena due anni dopo Israele e Turchia ricorsero nuovamente alla misura estrema del ritiro degli ambasciatori dopo che Donald Trump decise di spostare l’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme innescando al confine di Gaza scontri tra i palestinesi e l’esercito israeliano che causarono sessanta vittime tra le fila dei primi.

Come ricorda il Times of Israel, i toni delle rispettive leadership furono veementi, con Erdogan che accusò Israele di essere un assassino di bambini, e l’allora Primo Ministro israeliano Netanyahu che rispose accusando la Turchia di uccidere spietatamente i curdi.

Verso il disgelo

Un primo segnale di disgelo, evidenzia ancora il Times of Israel, si registrò nel maggio 2020 quando un aereo della compagnia di bandiera israeliana El Al atterrò in Turchia, per la prima volta in dieci anni, nell’ambito di una operazione di forniture urgenti di dispositivi medici per la lotta al Covid.

Il fattore Herzog

Ma un punto di svolta si raggiunse l’anno successivo con l’elezione in Israele a Presidente della Repubblica di Isaac Herzog, cui Erdogan fece una lunga telefonata di congratulazione. Da allora i due leader si sono sentiti telefonicamente svariate volte aprendo un prezioso canale diplomatico tra i due Paesi.

Quando Herzog nel marzo di quest’anno fece visita a Erdogan ad Ankara, il Presidente turco parlò enfaticamente di “un punto di svolta nelle nostre relazioni”.

Le visite dei Ministri degli Esteri

Seguì a maggio la visita di Cavusoglu a Gerusalemme, la prima, ricorda Axios, di un Ministro degli Esteri turco dopo ben quindici anni.

Il mese successivo Lapid, nella veste di Ministro degli Esteri, ricambiò la visita a Cavusoglu e in tale occasione, sottolinea il Times of Israel, “i due diplomatici raggiunsero un’intesa su un processo graduale che avrebbe condotto al ritorno degli ambasciatori”.

Nel frattempo, a livello di Ministeri, si preparava la svolta, di cui si ebbe un segnale concreto a luglio quando Israele e Turchia firmarono la bozza di un accordo sull’aviazione civile destinato a rimpiazzare quello esistente che risaliva al lontano 1951. Il Ministero dell’Economia di Gerusalemme annunciò nel frattempo che avrebbe riaperto il proprio ufficio economico a Istanbul dopo una chiusura durata trent’anni.

La telefonata Lapid – Erdogan

Dopo la crisi di governo che condusse quest’estate Lapid a occupare pro tempore il posto di Primo Ministro, ci fu una telefonata tra il Premier ed Erdogan, passo propedeutico alla svolta odierna.

I dubbi

Non tutti sono convinti però che le relazioni tra Israele e Turchia possano ritornare alla loro età dell’oro. Secondo Efraim Inbar, Presidente del Jerusalem Institute for Strategy and Security, “finché Erdogan resterò al potere ci sarà una certa dose di ostilità della Turchia verso Israele a causa della connessione islamista di Erdogan. Quest’ultimo continuerà ad esempio a sostenere Hamas”.

Il fattore economico

Ma c’è una logica stringente dietro il riavvicinamento della Turchia a Israele: come sottolinea a Al Monitor Gallin Lindenstrauss, ricercatore dell’Institute for National Security Studies con sede in Israele, “la Turchia ha bisogno di migliorare la sua posizione economica per attrarre investimenti esteri diretti”.

Come rileva il Times of Israel, la Turchia ne ha un disperato bisogno. Le sue riserve di valuta estera sono crollate del 50% negli ultimi cinque anni e gli investimenti esteri diretti si sono ridotti del 38%. “Ripristinare i legami con Israele”, conclude il quotidiano, “rappresenta il perfetto segno di normalità necessario per rassicurare gli investitori stranieri”.

 

Articolo pubblicato su Start Magazine. 

 

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