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Cop29, risultati positivi ma al di sotto delle necessità
La Cop29 di Baku ha stanziato 300 miliardi di dollari per il contrasto al cambiamento climatico. Troppo poco? Ecco cosa ne pensano Benedetta Brighenti e Luciana Favaro, climate part ambassador della Commissione europea
La Cop29 di Baku ha concluso i suoi lavori impegnando i big dell’economia a destinare 300 miliardi di dollari per contrastare il cambiamento climatico e i danni causati da questo ai paesi in via di sviluppo, che meno hanno contribuito, sinora, al deterioramento del clima. Questi sono i risultati della Cop29, la ventinovesima conferenza dell’ONU sui cambiamenti climatici che si è tenuta a Baku. I fondi arriveranno nella forma di prestiti a basso interesse da parte dei paesi sviluppati e non dalla finanza pubblica.
LE PROTESTE DEI PAESI MAGGIORMENTE VULNERABILI
Nelle intenzioni dei paesi più vulnerabili, invece, avrebbero dovuto essere concessi in forma di sovvenzioni pubbliche a fondo perduto. Non è andata così, tran le proteste delle nazioni particolarmente vulnerabili (l’Alleanza dei piccoli stati insulari e i Paesi meno sviluppati) che nel pomeriggio di sabato hanno lasciato l’assemblea. La COP6 del 2000 si era conclusa senza un accordo per la stessa ragione. Sono stati diversi i fattori che hanno convinto questi paesi a non abbandonare il tavolo. Prima di tutto la proposta di una roadmap Baku-to-Belém, la città dove si terrà la prossima Cop, per fare il punto dei risultati raggiunti. E poi canale di accesso privilegiato per i Least Developed Countries (i paesi meno sviluppati) e le Small Nation Developing Islands (le nazioni insulari). Circa cinquanta paesi da Afghanistan a Samoa che stanno subendo le ripercussioni peggiori del cambiamento climatico.
BRIGHENTI (CLIMATE PACT AMBASSADOR): “DA BAKU PASSI IN AVANTI IMPORTANTI”
Un risultato in chiaroscuro ma del quale bisogna guardare i lati positivi. “Ho una visione positiva dei lavori che si sono svolti e del testo finale che ne è uscito. Prima di tutto questa è stata la prima COP legata alla finanza green; quindi, a come finanziare il climate change, questa era la grande novità e la mia paura iniziale era che non si riuscisse ad arrivare ad un documento finale comune – ha detto Benedetta Brighenti, Climate Pact Ambassador della Commissione europea e Direttrice Generale RENAEL – Invece non solo ci si è arrivati ma poi vi è stato un importante upgrade economico fino a 300 miliardi all’anno pensati come fondo climatico. È ovvio che ci voglia qualche passaggio importante per definire ruoli centrali come quello della Cina, dell’Arabia Saudita. Brighenti sottolinea anche l’importanza dell’articolo 6, cioè della decisione presa a Baku, dopo anni di attesa, di sbloccare il mercato del carbonio tra Stati: un Paese può ridurre formalmente le sue emissioni di gas serra con investimenti green in Paese terzo. “Un altro grandissimo strumento sempre per cercare di sviluppare processi di finanza sostenibile – conclude Brighenti -. Ritengo che per poter essere veri questi momenti di confronto abbiano bisogno di tutti gli attori, non solo quelli istituzionali, ma anche di chi potrebbe avere altri interessi (stakeholders) che però se vengono in questi consessi danno valore al consesso stesso”. Apprezzamento da parte di Brighenti per la Presidente del Consiglio italiana Meloni intervenuta a Baku mentre, secondo la Climate Pact Ambassador l’assenza di Ursula von der Layen non è un bel biglietto da visita “Sicuramente è impegnata negli sviluppi politici sull’approvazione dei commissari in corso a Bruxelles però in un contesto importante è fondamentale esserci”.
FAVARO (EUCLIPA): “RISULTATI AL DI SOTTO DELLE RICHIESTE E DELLE NECESSITÀ”
Più cauto il giudizio di Luciana Favaro, presidente di Euclipa, l’associazione che riunisce numerosi ambasciatori del Patto Europeo per il Clima nominati dalla Commissione Europea, secondo la quale “sono stati fatti piccoli passi in avanti sul piano finanziario, ossia l’impegno a triplicare i flussi finanziari verso i Paesi meno responsabili del cambiamento climatico, ma più colpiti dai suoi effetti, che, però, hanno oscurato le decisioni sulle politiche climatiche”. Ancora troppo importante il peso dei “portatori di interesse delle fonti fossili” che “hanno potuto imporre passi indietro, rallentando ulteriormente l’uscita da carbone, gas e petrolio rispetto alle fonti rinnovabili”. Inoltre, il “tema dell’aumento dei finanziamenti ai Paesi vulnerabili per aiutarli a gestire i devastanti impatti del cambiamento climatico, sicuramente importante e necessario, ha offuscato le politiche globali di mitigazione e adattamento e questa non è una buona notizia. Inoltre, i risultati ottenuti sono comunque stati ben più bassi delle richieste e dalle vere necessità dei Paesi vulnerabili, modificando in tal modo al ribasso la traiettoria degli impegni finanziari necessari”. L’auspicio di Euclipa, per le prossime edizioni COP, è che si trovino “soluzioni globali per il contrasto all’emergenza climatica” con “una maggiore ambizione” e “con l’assenza di quell’influenza degli interessi legati all’economia dei combustibili fossili a cui abbiamo assistito a Dubai e Baku”. Il tempo “come sottolineato dal Segretario dell’ONU Guterres, non è dalla nostra parte”, ha concluso Luciana Favaro.