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Cosa cambia con il riconoscimento della Palestina

Quali sono le conseguenze sul piano diplomatico e commerciale del riconoscimento dello Stato palestinese? Ecco cosa implica il sì di Gran Bretagna e Francia 

Nelle ultime 48 ore Francia e Regno Unito si sono uniti agli oltre 150 Paesi del Mondo che riconoscono formalmente lo Stato di Palestina.

Una svolta diplomatica che riprende il filo della Dichiarazione di Indipendenza palestinese del 1988. Meno decisivi i risvolti pratici, malgrado il riconoscimento ponga questioni immediate sull’apertura di ambasciate, sui rapporti commerciali e su chi, a livello internazionale, è legittimato a firmare accordi per conto dei palestinesi.

COSA IMPLICA IL RICONOSCIMENTO DELLA PALESTINA

In situazioni normali, il riconoscimento dello Stato di Palestina comporterebbe l’elevazione delle missioni diplomatiche già presenti — spesso missioni o rappresentanze dell’Olp/Anp — allo status di ambasciata, con tutti i privilegi e le garanzie della Convenzione di Vienna.

Nel caso britannico il passaggio è stato immediatamente visibile: sulla sede di Londra è stata issata la bandiera palestinese e il governo ha parlato di “ambasciata” e di “ambasciatore”.

Tuttavia l’invasione della Striscia da parte dell’Idf e il caos generato nei territori palestinesi, svuotano di senso la prassi internazionale e rendono inapplicabile il diritto dei popoli, almeno finche l’offensiva israeliana non sarà terminata e Hamas non avrà rilasciato gli ostaggi.

IL DISTINGUO DELLA FRANCIA: PRIMA GLI OSTAGGI, POI LA DIPLOMAZIA

In Francia il presidente Emmanuel Macron ha posto condizioni precise: il riconoscimento politico non si tradurrà automaticamente nell’apertura fisica di un’ambasciata sul territorio palestinese finché non saranno soddisfatte alcune condizioni — prima tra tutte la liberazione degli ostaggi presi durante gli attacchi di ottobre 2023.

Macron lo ha detto esplicitamente in interviste e dichiarazioni pubbliche, spiegando che la creazione di una rappresentanza diplomatica sul terreno richiede un contesto di sicurezza e garanzie che oggi non ci sono. Ciò significa che, nel breve periodo, il riconoscimento potrà restare in larga misura simbolico e amministrativo, pur con ricadute pratiche (visti, protezione diplomatica, cooperazione).

I RAPPORTI COMMERCIALI

Il riconoscimento ha anche una dimensione economica: apre la strada a rivisitazioni delle norme doganali, dell’origine dei prodotti e delle preferenze commerciali.

A livello europeo e internazionale stanno già emergendo proposte concrete — dalla sospensione di alcune agevolazioni commerciali all’adozione di misure contro merci prodotte negli insediamenti israeliani nei territori occupati — che potrebbero diventare strumenti per esercitare pressione politica.

IMPATTO SIMBOLICO PIÙ CHE ECONOMICO

Va detto però che l’impatto commerciale reale sull’economia israeliana o su quella palestinese non è immediatamente schiacciante: gran parte del commercio internazionale resta concentrato su filiere più ampie e su partner economici che non dipendono esclusivamente dagli scambi con gli insediamenti.

Più probabile è l’effetto politico-segnale: riconoscimenti combinati con restrizioni commerciali mirate punterebbero a colpire la legittimità e l’economia degli insediamenti, non l’economia israeliana nel suo complesso.

CHI FIRMA PER I PALESTINESI

Sul piano internazionale la Palestina è rappresentata storicamente dalla Palestine Liberation Organization (Olp), riconosciuta fin dagli anni ’70 come “rappresentante legittimo2 del popolo palestinese e oggi attiva in sedi multilaterali con lo status di “osservatore non membro” alle Nazioni Unite dal 2012.

L’Autorità Nazionale Palestinese (Anp o PA), nata dagli Accordi di Oslo, è l’ente che esercita funzioni amministrative e di governo in aree limitate della Cisgiordania e — formalmente — sulla Striscia di Gaza (sebbene qui dal 2007 esista il controllo de facto di Hamas).

CHI RICONOSCE CHI

Nella pratica diplomatica quotidiana e negli accordi, dunque, possono convivere due realtà: la PLO come soggetto politico-giuridico a cui molti Stati si rivolgono per atti internazionali e la PA come ente amministrativo che gestisce aspetti contrattuali, doganali e di cooperazione sul territorio. Questo doppio binario produce ambiguità: quando uno Stato riconosce la “Palestina” come Stato indipendente, chi firma trattati bilaterali (commerciali, di cooperazione, di sovranità territoriale) dipenderà dall’accordo negoziato — ma è probabile che, almeno nella prima fase, la PLO/PA venga chiamata a dichiarare e garantire chi esercita le funzioni di governo e quale struttura sarà responsabile per la gestione post-riconoscimento.

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